Questa vita è importante, la scintilla divina che è in noi va realizzata! Un discorso di Jung

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Documentario dal profondo dell'anima, Jung, Kundalini Yoga

Realizzare la pianta che siamo,
è l’unica cosa per cui vale la pena vivere

Yoga e Psicologia: è questo il tema del bellissimo libro che contiene il seminario sulla psicologia del kundalini yoga che Jung tenne nel 1932.

Un saggio che parla ai cuori di molti e che è imprescindibile per chiunque voglia praticare – come occidentale e in occidente – lo Yoga (è un buon garante contro inflazioni psichiche tipiche di chi oggi si avvicina alle pratiche orientali dimenticandosi di avere una matrice psichica inconscia prettamente occidentale)

Ma in questo post non parleremo di Yoga, ma di un insegnamento universale che Jung trae – ispirato – dallo Yoga stesso e che riguarda l’importanza di vivere realmente la vita, nella vita

Ciò che conta è esistere, ed è più raro di quello che si creda. Avere un compito quotidiano e svolgerlo bene; e nello stesso tempo prestare attenzione a ciò che avviene dentro di noi, oltre che all’esterno, essere coscienti della vita in tutte le sue forme, in tutte le sue espressioni. Seguire le grandi regole, ma anche dare libero corso agli aspetti meno conosciuti del nostro essere. (Jung parla [1959], p. 508)

Jung ricalca con toni molto forti l’importanza di realizzare il proprio germe di vita, la propria individualità in questo mondo, pena l’irrealizzazione e un carico psichico irredento che lasciamo al mondo e ai chi discende da noi…

Ora lascio la parola a Jung…

BUONA LETTURA!


La psicologia del Kundalini Yoga. Seminari di Jung, 1932
La psicologia del kundalini yoga. Seminario (Jung)

L’importanza della vita umana come possibilità di essere e diventare chi si è

«C’è una cosa sola al mondo che non dovete mai dimenticarvi di fare. Se dimenticate tutto il resto, ma non questo, non c’è da preoccuparsi; se invece ricordate tutto ma dimenticate questo, allora non avete fatto niente nella vostra vita. È come se un re vi avesse mandato in qualche paese a eseguire un compito, e voi faceste mille altri servizi, ma non quello che vi ha mandato a compiere. Dunque gli esseri umani vengono al mondo per realizzare una particolare opera. Quell’opera è lo scopo, ciascuno specifico per ogni persona. Se non la compi è come se una spada indiana di valore incalcolabile venisse usata per affettare carne putrefatta.»
(Jalal ‘uddin RUMI – poeta persiano)

C’èuna quantità di persone che non sono ancora nate. Sembra che siano qui e che camminano ma, di fatto, non sono ancora nate perché si trovano al di là di un muro di vetro, sono ancora nell’utero.

Sono nel mondo soltanto provvisoriamente e presto ritorneranno al [simple_tooltip content='(filos.) termine dello gnosticismo che indica la perfezione divina, intesa come pienezza che comprende in sé tutti gli esseri che emanano da Dio’]pleroma*[/simple_tooltip] da cui hanno avuto inizio. Non hanno ancora creato un collegamento con questo mondo; sono sospesi per aria, sono nevrotici che vivono una vita provvisoria.

Dicono: “Adesso sto vivendo in queste condizioni. Se i miei genitori si comportano secondo i miei desideri, ci sto. Ma se dovessero mai fare qualcosa che non mi piace, allora tiro le cuoia.”

Questa, vedete, è la vita provvisoria: una vita condizionata, la vita di qualcuno che è ancora collegato al pleroma, il mondo archetipico dello splendore, da un cordone ombelicale grosso come una gomena da nave.

Robert Fludd Cosmos
Robert Fludd – Cosmos

Bene, nascere è importantissimo; si deve venire in questo mondo, altrimenti non si può realizzare il [simple_tooltip content=’Il Sè (Selbst) è la totalità psichica rispetto a cui l’Io, la nostra parte cosciente, è solo una piccola parte.’]Sé*[/simple_tooltip], e fallisce lo scopo di questo mondo. Se questo succede, semplicemente si deve essere ributtati nel crogiuolo e nascere di nuovo. […]

Vedete, è di un’importanza assoluta essere in questo mondo, realizzare davvero la propria [simple_tooltip content=’E’ un concetto che fa riferimento ad una cosa che ha iscritta in se stessa la meta finale verso cui tende ad evolversi. Etimologicamente sta ad indicare una realtà che ha in sé finalità interiore‘]entelechia*[/simple_tooltip], il germe di vita che si è, altrimenti non si può mai mettere in moto [simple_tooltip content=’è un termine della lingua sanscrita adoperato originariamente in alcuni testi delle tradizioni tantriche per indicare l’energia divina che si ritiene risiedere in forma quiescente in ogni individuo.’]Kundalini*[/simple_tooltip] e non ci si può mai distaccare. Si viene ributtati indietro, e non è successo nulla, è un’esperienza assolutamente priva di valore.

Processo di individuazione Diventa chi sei Jung
Coscienza, inconscio e individuazione (Jung)

Si deve credere in questo mondo, mettere radici, fare del proprio meglio, anche se bisogna credere alle cose più assurde. […]

Si deve infatti lasciare qualche traccia di sé in questo mondo, che certifichi che siamo stati qui, che qualcosa è successo.

Se non accade nulla del genere, non ci si sarà realizzati; il germe di vita è caduto, per così dire, in uno spesso strato d’aria che lo ha tenuto sospeso. Non ha mai toccato il suolo, e quindi non ha potuto produrre la pianta.

Se invece si entra in contatto con la realtà in cui si vive, vi si rimane per diversi decenni e si lascia la propria impronta, allora può avviarsi il processo di impersonale.

Vedete, il germoglio deve sbocciare dalla terra, e se la scintilla personale non è mai entrata nella terra, da lì non uscirà nulla, non ci saranno né “linga” né “Kundalini” perché si è ancora nell’infinità che c’era prima.»

(C.G. Jung – La Psicologia del Kundalini Yoga, Seminario tenuto nel 1932, Bollati Boringhieri, pp.75-76)

FINE.

La psicologia del Kundalini Yoga. Seminari di Jung, 1932
La psicologia del Kundalini Yoga. Seminario (Jung)

PER APPROFONDIRE LEGGI QUESTI:

Cosa significa diventare se stessi? Il processo di individuazione in Psicologia


 

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Fondatore del Jung Italia. Psicologo Clinico. Originario di Salerno, vivo a Roma. Fin dall'età di 14 anni ho iniziato ad interessarmi alla filosofia occidentale e orientale e all'età di 17 anni scopro Jung. A 21-22 anni iniziano le mie attività di pubblicazioni tramite riviste di psicologia e interventi in qualità di ospite o relatore presso convegni e seminari di psicologia. Nel 2012 conosco in Svizzera uno dei nipoti di Jung, e l'anno successivo mi concede un'intervista speciale in occasione della presentazione del "Libro Rosso" alla biennale di Venezia. Attualmente collaboro e lavoro come psicologo o studioso indipendente con associazioni, riviste scientifiche, scuole di psicoterapia e con diversi autori dell'ambito accademico e non. I miei studi d'approfondimento vertono sugli sviluppi odierni relativi alla psicologia complessa (analitica) e sulle ricerche inerenti il versante "Psiche e Materia".

12 Commenti

  1. […] «C’è una quantità di persone che non sono ancora nate. Sembra che siano qui e che camminano ma, di fatto, non sono ancora nate perché si trovano al di là di un muro di vetro, sono ancora nell’utero. Sono nel mondo soltanto provvisoriamente e presto ritorneranno al pleroma da cui hanno avuto inizio. Non hanno ancora creato un collegamento con questo mondo; sono sospesi per aria, sono nevrotici che vivono una vita provvisoria. Dicono: “Adesso sto vivendo in queste condizioni. Se i miei genitori si comportano secondo i miei desideri, ci sto. Ma se dovessero mai fare qualcosa che non mi piace, allora tiro le cuoia.” Questa, vedete, è la vita provvisoria: una vita condizionata, la vita di qualcuno che è ancora collegato al pleroma, il mondo archetipico dello splendore, da un cordone ombelicale grosso come una gomena da nave. Bene, nascere è importantissimo; si deve venire in questo mondo, altrimenti non si può realizzare il Sé, e fallisce lo scopo di questo mondo. Se questo succede, semplicemente si deve essere ributtati nel crogiuolo e nascere di nuovo. […] Vedete, è di un’importanza assoluta essere in questo mondo, realizzare davvero la propria “entelechia”, il germe di vita che si è, altrimenti non si può mai mettere in moto Kundalini e non ci si può mai distaccare. Si viene ributtati indietro, e non è successo nulla, è un’esperienza assolutamente priva di valore. Si deve credere in questo mondo, mettere radici, fare del proprio meglio, anche se bisogna credere alle cose più assurde. […] Si deve infatti lasciare qualche traccia di sé in questo mondo, che certifichi che siamo stati qui, che qualcosa è successo. Se non accade nulla del genere, non ci si sarà realizzati; il germe di vita è caduto, per così dire, in uno spesso strato d’aria che lo ha tenuto sospeso. Non ha mai toccato il suolo, e quindi non ha potuto produrre la pianta. Se invece si entra in contatto con la realtà in cui si vive, vi si rimane per diversi decenni e si lascia la propria impronta, allora può avviarsi il processo di impersonale. Vedete, il germoglio deve sbocciare dalla terra, e se la scintilla personale non è mai entrata nella terra, da lì non uscirà nulla, non ci saranno né “linga” né “Kundalini” perché si è ancora nell’infinità che c’era prima.» (C.G.Jung – La Psicologia del Kundalini Yoga, Seminario tenuto nel 1932, Bollati Boringhieri, pp.75-76) «C’è una cosa sola al mondo che non dovete mai dimenticarvi di fare. Se dimenticate tutto il resto, ma non questo, non c’è da preoccuparsi; se invece ricordate tutto ma dimenticate questo, allora non avete fatto niente nella vostra vita. E’ come se un re vi avesse mandato in qualche paese a eseguire un compito, e voi faceste mille altri servizi, ma non quello che vi ha mandato a compiere. Dunque gli esseri umani vengono al mondo per realizzare una particolare opera.Quell’opera è lo scopo, ciascuno specifico per ogni persona. Se non la compi è come se una spada indiana di valore incalcolabile venisse usata per affettare carne putrefatta.» (Jalal ‘uddin RUMI) FONTE : carljungitalia […]

  2. […] Per aumentare l’autostima, non serve l’autosuggestione. Non basta ripetere a sé stessi, come un mantra “sono bello sono forte sono vincente”. Questo con l’autostima c’entra poco. Aumentare l’autostima è un processo graduale, che passa da un’intima accettazione di noi stessi, del “divino in noi”. […]

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