«…Come protendersi, infatti, sul dolore e restarvi accostati, tuttavia sciogliendosene, liberandosene? Come sfuggire alla delusione e alle voragini affettive se non è possibile sfuggirle, se esse divorano e se ne siamo sconvolti? Come unire, all’ombra e al soffrire, la luce? Occorre un distacco che mantenga il contatto. Un saluto che, nel lasciare, nel distanziare, nello sciogliere trascini con sè, stringa a sè, avvicini e renda possibile. Citando Heidegger:
“Il salutare è il protendersi verso le cose salutate, un accostarsi a…, senza tuttavia entrare in contatto, un abbracciare che tuttavia non ha mai bisogno di “stringere”, perchè è al tempo stesso uno sciogliere”
[…]Il salutare di Holderlin è dunque l’avvolgersi ancora di più, come in una torre, dentro all’Ideale, dentro ad affetti dolorosi scatenati dalla dolorosità della realtà e delle emozioni, rendendo questi affetti o questo Ideale, proprio nel loro fuggire dal mondo, nel loro scontrarvisi distaccandosene, nel loro non de-idealizzarsi e non modificarsi, il solo tramite verso il mondo, un tramite fragile e lacerato. […] Il salutare dell’ultimo Holderlin assomiglia a un’eco, anzi è un’eco. Ciascuno di noi, infatti, si avvicina a qualcosa, soprattutto a un’emozione, soltanto perchè nell’intimo questa emozione risuona, è presente e assordante, ma restando imprendibile, ormai viaggiante ed errante, distante da un’origine. Ciascuno di noi nell’avvertire un’emozione può rapportarvisi soltanto secondo la modalità del salutare: abbracciandola senza mai coglierla del tutto, perchè, come se fosse un’eco, essa già si allontana. Ciascuno di noi è in rapporto con echi, con emozioni d’eco.»
(Marco Alessandrini, da “Eco a me stesso – La metamorfosi schizofrenica di Holderlin in eco”. Magi Edizioni,)
[…] – Salutarsi: un abbracciare che è al tempo stesso uno sciogliere – di Marco Alessandrin… […]