Psicoanalisi e poesia. Tu sei ciò che Ami, non ciò che Ama Te: sei simbolo dell’amore che porti

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Coppia Relazione Psicologia
Immagine tratta dal film “To The Wonder”

L’amore che siamo capaci di dare
ci dice molto di noi stessi

«Ogni giorno di più mi convinco che lo sperpero della nostra esistenza
risiede nell’amore che non abbiamo donato.
L’amore che doniamo è la sola ricchezza
che conserveremo per l’eternità.»

(Gustavo Adolfo Rol)

(articolo di Emanuele Casale)


Dal film Il ladro di orchidee (2002):

Charlie: Io ti ammiro Donald lo sai (…) Tu sei non curante!
Donald: Non sono non curante!
Charlie: No, non hai capito…voleva essere un complimento. Ci fu una volta al liceo che io ti guardavo dalla finestra della biblioteca. Tu parlavi con Sarah…
Donald: Oh si…ero pazzo di lei…
Charlie: Lo so! E flirtavi con lei, e lei era carina con te
Donald: Si, me lo ricordo…
Charlie: E poi quando tu te ne andasti lei si mise a prenderti in giro con Kim Canetti! Ed era come sei ridessero di me. Tu non ne sapevi niente, sembravi felice e contento…
Donald: Lo sapevo! Li avevo sentiti.
Charlie: …e allora come mai eri così felice?
Donald: Io amavo Sarah, Charlie…era mio quell’amore. Lo possedevo. Nemmeno Sarah aveva il diritto di portarmelo via. Io posso amare chi voglio.
Charlie: …ma per lei tu eri patetico…!
– Donald: …bhé, quello era un problema suo mica mio?

TU SEI CIO’ CHE AMI, NON CIO’ CHE AMA TE. Questo l’ho deciso molto tempo fa…»

Libri Amore Psicologia
Amore e Psiche. Un’interpretazione nella psicologia del profondo (E.Neumann)

La parola alla psicoanalisi

È questa una lezione importante che spesso però dimentichiamo facilmente: Tu sei ciò che ami, non ciò che ama te!

Siamo – anche! – qualcosa d’altro rispetto al come veniamo amati. Siamo soprattutto, ad un certo punto della vita, la capacità di amare stessa. Siamo simbolo dell’amore che portiamo e che doniamo.

A farci dimenticare questa importante verità è dapprima la stessa psicoanalisi, o meglio, una certa psicoanalisi.

Scopriamo come…

La psicoanalisi infantile ci ricorda che il  di un bambino molto piccolo si potrà strutturare in maniera sana e non frammentata ‘se e solo se’ ci sarà qualcuno (la madre) che gli potrà fare da specchio rimandandogli l’immagine del mondo e l’immagine di se stesso.

È questo un punto che è davvero molto importante in psicologia clinica. La letteratura scientifica dimostra che questo scambio bi-direzionale tra la diade madre-bambino DEVE avvenire con una certa qualità e una certa necessità, pena una malstrutturazione del senso del sè futuro del bambino che durante lo sviluppo potrà essere gravemente compromesso, fino alle più estreme conseguenze che sfociano nella psicopatologia e schizofrenia.

[ 🔎 Leggi anche: L’Amore secondo il grande psicologo C.G. Jung: si vive di ciò che si dona ]
Libri Figli Madre
G. Klimt

Cosa significa?

Ok, chiamiamo qui a sostegno Massimo Recalcati che, attingendo ad una certa parte della tradizione psicoanalitica e filosofica (Winnicott; Levinas…), ci espone magistralmente questo concetto in maniera molto semplice ed efficace. Scrive Recalcati, nel suo affascinante libro Le mani della madre:

«Il volto  della madre funziona come un primo specchio capace di svelare la natura irriducibilmente dialettica del processo di umanizzazione della vita. Solo attraverso il volto dell’Altro posso incontrare il mio volto, solo grazie alla presenza dell’Altro posso costituire la mia vita. […]

Il volto della madre incarna il tempo primario del riconoscimento: esplorando questo volto, il bambino fa esperienza del proprio.

Libri madre figlio
Le mani della madre. Desiderio, fantasmi ed eredità del materno (M.Recalcati)

La teoria lacaniana dello stadio dello specchio illustra bene come l’Io si costituisca solo riconoscendo la propria immagine che lo specchio gli offre nella forma di un Altro. Per potersi riconoscere come un soggetto differenziato, deve vedersi riflesso in un’immagine di sè che solo l’Altro può restituirgli. È un fenomeno che si osserva già nei primi mesi di vita. […]

Per il bambino questo volto della madre, non è solo il volto della madre, bensì è la prima apparizione del mondo.

C’è stato un tempo in cui per ciascuno di noi il volto del mondo ha coinciso con il volto di una madre; c’è stato un tempo in cui il mondo aveva l’aspetto del volto di una madre.

Il bambino non vede mai, attraverso il volto della madre, solo il proprio volto, né si limita a vedere il volto di sua madre, ma vede in questo stesso volto la possibilità di vedere il volto del mondo o, se si preferisce, vede nel volto della madre ciò che lo abilita a poter guardare il volto del mondo. […]

Accade anche nell’amore degli adulti: quando il volto di chi amiamo e che conosciamo benissimo si vela, si oscura come una finestra aperta sul mondo che di colpo si chiude: allora il volto dell’Altro non è più un mondo che rende possibile un altro mondo, un mondo nel mondo, ma qualcosa che chiude il mondo.»

Recalcati qui ci delinea un quadro davvero molto realistico, un quadro confermato dalla psicologia clinica.

Dunque almeno in una primissima fase della nostra vita, quando siamo bambini molto piccoli, noi non siamo ciò che amiamo, ma ciò che ama noi! Il bambino è dunque ciò che è amato, il suo senso di sé coincide con ciò che lo ama, lui non è ciò che ama.

Libri d'amore
Relazioni d’amore. Normalità e patologia (O.Kernberg)

Ma… Qui c’è un Ma…

Vale lo stesso anche quando diventiamo adulti? Oppure questa verità può far spazio ad altro, ANCHE? Ovvero… vogliamo davvero far durare – a volte in maniera così esasperata in alcune “coppie” – un bisogno necessario che ci serviva durante lo sviluppo infantile anche nell’età adulta?

Mi viene in mente quando Jung, due anni prima di morire (1959), scriveva in una lettera ad una sua corrispondente:

«Una psicologia come la “mia” prepara a UNA fine o addirittura ALLA fine. La domanda è soltanto chi uccideremo: noi stessi o la nostra psicologia ancora INFANTILE e la sua spaventosa incoscienza?»

Sono tanti i miti e le leggende psicoanalitiche – per quanto assolutamente valide scientificamente e necessarie in un certo arco di vita! – che pretendono di applicarsi come dinamiche universali in tutte le fasi di vita e a tutte le costituzioni psicologiche individuali.

Questo è per ricordarci che molte volte dobbiamo tener conto – anche e soprattutto – che ad un certo punto nasce in noi qualcosa di invisibile, che è sempre stato, una peculiare tonalità del nostro Amore interno, che designa chi noi siamo. Ce lo descrive meglio questa poesia…

Libri Psicologia Madre Figlio
Le interazioni madre-bambino (D.N.Stern)

Tu sei simbolo dell’amore che porti. Una poesia

«Si sopravvive di ciò che si riceve, ma si vive di ciò che si dona.» (Jung)

Per salutarvi, chiudiamo con questa mia poesia, che anni fa mi uscì di getto durante una sessione di immaginazione attiva.

Relazioni Coppia Psicologia

«Tu sei la qualità e il simbolo di quell’amore e quella passione che porti,
che sgorga dalle parti più profonde di te stesso e che fluisce verso l’altro.

Tu sei essenza pura di quella forza cosmica chiamata Amore.
La modalità tua propria d’espressione di tale Amore basta da sola a designare chi sei
e quali potenzialità angeliche porti per gli altri e per te stesso.

Tu sei simbolo di questo Amore che porti.

È ciò che doni quando dai all’altro,
è ciò che doni quando accogli e ricevi l’altro dentro di te,
è questa misura e questa ampiezza che è Amore,
indica pienamente chi sei.

E dunque guarda dentro di te,
vedi quell’amore che porti, e che ti porta?
Vedi di quante sfaccettature,
di quante acrobazie
e passioni
e affetti
è formato?

Tutte queste cose sembrano sono solo cose,
ma se le porti in te è perché tu ne condividi la loro natura,
la loro propria bellezza ama stare altrettanto in analoga bellezza:
la tua.

Sei loro simbolo,
sei simbolo dell’amore che porti.
Ri-conosciti.»

(Emanuele Casale | Pescara | Registrato con Licenza Creative Commons) Licenza Creative Commons

FINE.

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Fondatore del Jung Italia. Psicologo Clinico. Originario di Salerno, vivo a Roma. Fin dall'età di 14 anni ho iniziato ad interessarmi alla filosofia occidentale e orientale e all'età di 17 anni scopro Jung. A 21-22 anni iniziano le mie attività di pubblicazioni tramite riviste di psicologia e interventi in qualità di ospite o relatore presso convegni e seminari di psicologia. Nel 2012 conosco in Svizzera uno dei nipoti di Jung, e l'anno successivo mi concede un'intervista speciale in occasione della presentazione del "Libro Rosso" alla biennale di Venezia. Attualmente collaboro e lavoro come psicologo o studioso indipendente con associazioni, riviste scientifiche, scuole di psicoterapia e con diversi autori dell'ambito accademico e non. I miei studi d'approfondimento vertono sugli sviluppi odierni relativi alla psicologia complessa (analitica) e sulle ricerche inerenti il versante "Psiche e Materia".

4 Commenti

  1. Quando si fa un cammino di consapevolezza queste intuizioni fanno guardare da un’altra prospettiva, forse più adulta e matura, tuttavia io sento il dolore della solitudine che allontana dal contatto con l’altro/altra…e allora mi chiedo dove dobbiamo arrivare…certo, in questa storia c’era il dover accettare la ri-soluzione di un amore, ma mettersi sul piano “possiedo/sono ciò che amo” non ci fa sapere cosa questo possesso interiore richiederà in futuro. Come vivere o guardare un paesaggio innevato? L’altro non è più con me!

  2. …tu sei amore, l’altro ha risvegliato quell’amore assoluto, divino che è in ciscuno di noi e che viene ridestato dall’incontro con un’anima affine, ma noi siamo già amore, forse il difficile è donarlo!?!?!?!

  3. Pur nella vaghezza che non vuole (o non può!) mai affermare qualcosa di definito…
    le profondità sondate e sollecitate restituiscono una richezza di spunti che….
    “riavvia” anche ciò che sembrava acquisito… e invece ha ancora molto da chiederci e da darci.
    Grazie, per aver aiutato l’ inconscio a rivelarsi ed a manifestare ancora un po’, quel qualcosa di inesauribile che preme “ai confini dell’ anima”… sprigionando momenti di liberazione e “tasselli” di vita sempre più ricca.

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