«Inteso come puro psicologema, l’eroe rappresenta l’azione positiva e favorevole dell’inconscio, mentre il drago ne simboleggia l’azione negativa e avversa – non un dare alla luce, ma un inghiottire, non un beneficio costruttivo, ma un trattenere avido e distruttore.»
(Jung – Simboli della trasformazione)
«Il tesoro che l’eroe trae fuori dall’antro oscuro è la vita, è lui stesso rinato nell’oscuro antro del grembo materno dell’inconscio, nel quale era stato trasportato ad opera dell’introversione o della regressione.»
(Jung – Simboli della trasformazione)
«L’eroe è senz’armi perché combatte contro se stesso.»
(C.G.Jung – Simboli della Trasformazione, Edizioni Bollati Boringhieri,p.376)
«…l’eroe libera coloro che erano stati inghiottiti in precedenza dal drago-balena» (Frobenius citato da Jung in “Simboli della trasformazione”)
«L’eroe è un uomo straordinario nel quale alberga un daimon ed è questo demone a fare di lui un eroe.»
(C.G.Jung – Simboli della Trasformazione, Edizioni Bollati Boringhieri,p.337)
« (…) Il salvataggio dell’eroe è nello stesso tempo un sorgere del sole, cioè il trionfo della coscienza.»
(C.G.Jung – Simboli della Trasformazione, Edizioni Bollati Boringhieri, p.340)
«I vincitori delle tenebre risalgono fino ai tempi preistorici, e questo fatto (insieme con molti altri miti) dimostra che esiste anche una primordiale indigenza psichica: lo stato d’incoscienza.»
(C.G.Jung – Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia, 1941, con K.Kerényi)
«E’ un sorprendente paradosso in tutti i miti del fanciullo, che il “fanciullo”, mentre è consegnato inerme a nemici strapotenti ed è minacciato dal continuo pericolo dell’annientamento, d’altra parte dispone di forze che superano di gran lunga ogni misura umana. Questa tesi è strettamente connessa con il fatto psicologico che il “fanciullo” è da una parte “insignificante”, cioè sconosciuto, “soltanto un fanciullo”, d’altra parte però è divino. Considerato dal punto di vista della coscienza, si tratta di un contenuto apparentemente insignificante che non si supporrebbe portatore di soluzione o addirittura salvezza. La coscienza è completamente presa dalla propria situazione di conflitto e le forze che in questa si combattono le sembrano così potenti che il contenuto “fanciullo” apparso isolatamente non possa essere in proporzione con i fattori della coscienza. Quindi esso può venire facilmente trascurato e ricadere nell’inconscio. Questo sarebbe infatti da temere, se le cose corrispondessero alle aspettative della coscienza. Il mito però sottolinea appunto che il caso non è questo, ma che, al contrario, il “fanciullo” ha una forza superiore e riesce a farsi valere ad onta di ogni pericolo e minaccia. Il “fanciullo” esce dal grembo dell’inconscio, come una sua creatura, generata dal fondo stesso della natura umana, o meglio, dalla natura viva in generale. Egli personifica le forze vitali di là dei limiti della coscienza, vie e possibilità di cui la coscienza, nella sua unilateralità, non ha sentore, e una totalità che abbraccia le profondità della natura. Egli rappresenta la tendenza più forte e più irriducibile di ogni esistente: quella di realizzare se stesso. Egli è un “non poter essere diversamente”, armato di tutte le forze istintive naturali, mentre la coscienza si trova sempre imbrogliata in un supposto “poter essere anche diversamente”. La tendenza e il bisogno dell’auto-realizzazione è una legge di natura ed è quindi di una forza invincibile, anche se la sua azione, all’inizio, possa sembrare insignificante e inverosimile. Questa forza si manifesta nelle gesta prodigiose dell’eroe fanciullo (…).»
(C.G.Jung – Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia, 1941, con K.Kerényi)
«Il fanciullo è quindi anche ‘renatus in novam infantiam’. Egli dunque non è soltanto un essere dell’inizio, ma anche un essere della fine. l’essere dell’inizio era prima dell’uomo, l’essere della fine è dopo dell’uomo. Questa tesi, nel senso psicologico, significa che il “fanciullo” rappresenta simbolicamente l’essere precosciente e quello postcosciente dell’uomo.
(…) Egli è l’abbandonato e l’esposto a tutto, eppure il divinamente potente, l’insignificante e dubbioso inizio e la fine trionfale. L’ “eterno fanciullo” nell’uomo è un’esperienza indescrivibile, un’improprietà, uno svantaggio e una divina prerogativa, un imponderabile che costituisce l’ultimo pregio e spregio di una personalità.»
(C.G.Jung – Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia, 1941, con K.Kerényi)
« (…) Il fanciullo emerge come tertium irrazionale.»
(C.G.Jung – Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia, 1941, con K.Kerényi)