«…Perché questo è certo e vero: che tu sei l’uomo più simbolico che io conosca, e tu vivi le cose ultime, le conferme, per le quali la materia esistenziale si concentra solo di quando in quando per poterle rivelare; per questo tanto spesso tu non puoi vivere. Fin da bambino la vita è stata per te come un simbolo; già allora la madre non ti bastava e anelavi a una segreta e più profonda quiete dalla quale pervenire alla pienezza. E ancora oggi, in un’alterna necessità di solitudine e di impressioni, sempre lotti per “appropriarti” di nuovo dell’infanzia, ancora una volta, completamente, risurrezione, opera. Ah, tu non dovevi preoccuparti di nulla, quanto era tuo ti sarebbe accaduto e con tanta più certezza quando più sembravi disorientato, perché avveniva del tutto indipendentemente dalle tue intenzioni, in segni e miracoli. […] non ci fu neppure bisogno dello scorrere del tempo, già quei pochi giorni si dimostrarono superflui; compimento in sé, perfezione nell’attimo dell’accadimento.»
(Lou a Rilke – Gottingen, 5 Gennaio 1921)
grazie per questo spazio.