La morte come maestra di vita. Psicologia dei “lutti interiori”: gli orizzonti di vita che non viviamo

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Vita, morte e lutti interiori (Emanuele Casale)
Van Gogh

La morte che ci insegna a vivere

(articolo di Emanuele Casale)

 

 Quando la morte è così vicina la vita cresce, si esalta.
(James Hillman)

 

È dalla morte che impariamo a vivere, ad apprezzare la vita.

In questo post, in qualche paragrafo più giù, parlerò di quelli che ho chiamato i “lutti interiori”, ovvero quegli orizzonti di vita che chiedono di essere vissuti ma che non viviamo.

Qualcosa di simile l’accenna Jung in questa meravigliosa lettera quando dice che La vita non vissuta accumula rancore verso di noi. (clicca per leggerla tutta!)

Ho iniziato a diffidare naturalmente dalle persone in cui non avviene un qualche ampliamento e mutazione della coscienza di fronte ad esperienze cruciali della vita, di fronte alla morte stessa, persone che anche la morte non riesce a mutare.

Mi dico sempre che laddove morteamore falliscono nella possibilità di trasformare una persona, allora lì neanche un dio può far nulla, si è totalmente persi.

La morte è una grande insegnante, è un’antica signora della natura che ha molto da dirci riguardo la vita stessa.

Lutto Psicologia Morte
Impara a vivere, impara a morire. Riflessioni sul senso della vita e sull’importanza della morte.

Morte come elemento trasmutativo

Forse sono drastico, ma… pensateci un attimo. Cosa può essere più forte della potenza emotiva e archetipica dell’esperienza della morte?

Se non dinnanzi allo shock della morte, cos’altro può ridestarci, scuoterci nelle fondamenta del nostro essere, farci rivalutare l’esistenza che viviamo, farci cambiare, farci rivalutare l’importanza del prossimo, l’imprevedibilità della vita?

C’è un altro insegnamento potentissimo del Buddha, riportato nel Dhammapada, quando dice:

In questo mondo tutti
siamo destinati a morire.
Ricordandotene,
come puoi serbare rancore?

Se questo passo produce un tonfo e un colpo all’interno di noi stessi è perché, come solo gli orientali sapevano fare, in pochissime e semplicissimi parole riassume un insegnamento universale e profondo che soprattutto noi “uomini moderni” abbiamo dimenticato: la caducità e l’impermanenza che circonda ed è immanente nelle nostre vite.

Questa percezione, se meditata profondamente, esalta effettivamente la vita stessa, non a caso gli antichi sapevano che è dalla vita che impariamo a morire.

Anima e morte. Sul rinascere (Jung)
Anima e morte. Sul rinascere (Jung)

Un’intera vita per imparare a morire

L’anima dialoga con la morte e le va incontro perché la interpreta come passaggio. (James Hillman)

Molte tradizioni ci suggeriscono che l’intera vita che abbiamo a disposizione sia un lungo viaggio che dobbiamo affrontare esclusivamente per imparare a morire… quasi come a indicarci che in quel morire, forse, vi è altro (come ci ricorda Hillman nella citazione sopra)

Cosa muore? Cosa va? A cosa si torna? Cosa cessa? Ci vuole davvero un’intera vita soltanto per imparare a morire?

L’Uomo di piccola intelligenza, letterale e privo del “pensare per immagini”, rifletterebbe su questi antichi insegnamenti in una maniera semplicemente intellettuale, letterale, materiale, ovvero proprio quella maniera con la quale non vanno assolutamente affrontati insegnamenti di tale portata.

Il libro tibetano dei morti
Il libro tibetano dei morti

C’è davvero un grande mistero in quest’insegnamento. Vivere per morire, e morire per…rinascere? Almeno psicologicamente sembra essere una verità universale.

Un iniziare per imparare a finire.

Credo ci sia un motivo abbastanza intuibile se in questo momento mi vengono in mente i commoventi (e per me anche gioiosi) versi di Thomas Stearns Eliot, che recitano:

Con la forza di questo Amore
e con la voce di questo appello

Non cesseremo di esplorare
E alla fine dell’esplorazione
Saremo al punto di partenza 
Sapremo il luogo per la prima volta…

Thomas Eliot
Thomas Eliot

Amore e Morte

Se prima ho detto che è dalla morte (anche) che impariamo a vivere, sono convinto profondamente che da essa impariamo anche ad amare.

Diceva Jung non a caso che Amore e Morte hanno non poco in comune.

Chi non viene toccato e trasformato dalla morte molto probabilmente è resistente anche all’amore.

In tantissime persone l’ho potuto constatare in maniera puntuale. Amore e Morte, forze cosmiche e trasmutative per eccellenza, sono inefficaci per alcuni…

Libri d'amore
Le cose dell’amore (Umberto Galimberti)

Come ho detto prima ho imparato a diffidare categoricamente di coloro che di fronte alla morte – di un caro, di qualcuno in prossimità – non ne siano uscite trasformate minimamente in qualche aspetto della propria vita, di una qualche propria dimensione interiore, di quelle persone che non abbiano acquisito una maggiore tenerezza e sensibilità nei confronti del fenomeno della vita, nei confronti dell’altro e di se stessi.

È dalla morte che impariamo ad amare, ad esprimerci al meglio fin quando c’è vita.

Amore e morte

Lutti interiori. Gli orizzonti di vita non vissuti

Nel caso della morte fisica, quando l’altro muore, svanisce, la domanda che evochiamo verso l’altro non riceve più una risposta, non vi è un eco: essa va a sbattere come contro un muro, indietro non ritorna nulla, né echi, né tantomeno risposte fatte di parole, di sguardi, di carne. Tutto questo non può più arrivare.

È anche questa la morte: una risposta non data, una risposta non ricevuta ad una domanda, ad un appello che inviamo all’altro.

In tal senso la morte è una mancata risposta all’appello che la vita ci fa di diventare la “pianta” che siamo.

Amore Morte Psicologia
L’individuo, la morte, l’amore (Jean-Pierre Vernant)

Fintanto che siamo vivi, fintanto che l’altro è vivo e io sono vivo, abbiamo l’opportunità meravigliosa di percepire il suono della sua voce, di toccare la sua pelle, di abbracciarlo, di vedere la luce che brilla nei suoi occhi così come nei nostri: questo è miracolo sempre nuovo e mai scontato. Dobbiamo ricordarcelo.

La vita è davvero breve e soprattutto imprevedibile per poter lasciare eccessivo dominio all’inespresso.

La morte, a tutti i suoi livelli, soprattutto la morte fisica di un altro, ci insegna che oggi, qui ed ora, possiamo esprimerci al meglio verso l’altro, comunicare con lui, e che non vi è nessuna certezza che potremmo farlo anche domani.

Spesso in alcuni momenti di densa vitalità ho trovato davvero del tutto inconcepibile come facciamo fatica e investiamo energie con tutti i nostri sforzi ad innalzare barriere, distanze verso l’altro, degli spazi e dei tempi che manteniamo sospesi tra me e la vita, tra me e l’altro.

Tutte queste cose andrebbero lasciate ORA, subito, alla morte, non alla vita che stiamo vivendo.

Lutti interiori

Abbiamo paura di essere vivi. Non di rado si ha paura di vivere. E così produciamo in noi quelle che sono vere e proprie morti, lutti interiori.

I lutti interiori sono le immagini di quegli orizzonti di vita che non stiamo vivendo, che abbiamo soppresso, sono quegli abbracci e quell’affetto che prendono forma in noi ma che non doniamo, sono le parole pregne d’amore che, sorgive, come fiori in primavera, vogliono nascere dalla nostra bocca per arrivare altrove, per arrivare al cuore di altri…ma che abortiamo.

Siamo dei fanciulli eterni quando ci comportiamo con la vita come se fossimo immortali.

È questo un grande insegnamento che si può ricevere dalla morte.

Proverai la gioia delle piccole cose solo se avrai accettato la morte. Se invece ti guardi intorno avidamente in cerca di tutto ciò che potresti ancora vivere, allora nulla sarà mai grande abbastanza per il tuo piacere, le piccole cose che ti circondano non ti daranno più gioia. Contemplo perciò la morte perché essa mi insegna a vivere.
(C.G.Jung – Libro Rosso)

FINE.

LeftOvers Spoon River Edagr Lee Master
Foto tratta dalla sigla del telefilm “Leftovers”

Articolo di Emanuele Casale
Registrato con Licenza Creative Commons

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✍️ Leggi: Hillman: Sto morendo ma non potrei essere più impegnato a vivere. Al capezzale dello psicoanalista che ha domato il dolore per ragionare sulla propria fine.

 

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7 Commenti

  1. Grazie, è un brano molto significativo; è veramente un grande pericolo che la paura di vivere ci faccia comportare “da morti” prima del tempo, è un delitto contro tutto ciò che ci ha reso vivi e vuole che viviamo…

  2. […] 1) – La vita è troppo breve per lasciare dominio all’inespresso. Perchè è così che creiamo lutti interiori (di Emanuele Casale) 2) – La coscienza non è riducibile a eventi neurali. Esperienze cliniche di Pre-Morte lo dimostrano. 3) – Amore e Morte hanno non poco in comune. Dai con amore, e ti si rivolteranno contro. Ma tu dona. (Emanuele Casale) […]

  3. Ho pagato l arroganza di credere che sarei morta prima io e invece è morto prima di me come faccio a farmi stare dentro i suoi 27 anni sembrano pochi ma come li ha vissuti mio figlio difficilmente quelli che vivranno molto più a lungo sapranno cosa vuol dire vivere veramente

  4. “Ho iniziato a diffidare naturalmente dalle persone in cui non avviene un qualche ampliamento e mutazione della coscienza di fronte ad esperienze cruciali della vita, di fronte alla morte stessa, persone che anche la morte non riesce a mutare.

    Mi dico sempre che laddove morte e amore falliscono nella possibilità di trasformare una persona, allora lì neanche un dio può far nulla, si è totalmente persi.” – Emanuele Casale –

    Condivido appieno questi tuoi pensieri. Diffido e soprattutto sto alla larga da tali persone. Non percepiscono il vero senso della vita, la sensibilità della stessa vita e di conseguenza sono insensibili verso se stessi e verso gli altri..

    Ho visto morire mio fratello, a 46 anni, più si avvicinava la sua morte e più Lele si attaccava alla vita.. voleva vivere..nonostante sia arrivato a pesare 40 kg per 1,85 cm di altezza. Il cancro l’ha preso. Tutto. Poi qualche giorno prima che lui morisse, l’ho sognato, (credo molto nei sogni, ci fanno vedere “realtà nascoste” che non potremmo mai vedere se non attraverso i sogni appunto), eravamo seduti su un muretto basso, dietro di noi c’era una fontana, lui mi abbracciava e dai suoi occhi uscivano lacrime a cascata, come la fontana alle nostre spalle; lui non parlava ma sentivo i suoi pensieri che dicevano che gli dispiaceva enormemente lasciare la vita terrena, lasciarci tutti.
    Credo ci sia un’altra vita dopo questa terrena, la vita eterna e che ci sia anche molto da fare da quella parte. Mio fratello mi ha insegnato a sorridere sempre, anche fra 1000 difficoltà, e così faccio, in suo ricordo.

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