
Nascere per morire, e poi morire per ri-nascere
(di Emanuele Casale)
Non parleremo del tragico aspetto inflazionato e mortifero dell’Amore romantico, ovvero di quelle storie mitiche e letterarie nelle quali uno dei due amanti – più in genere entrambi – muoiono.
È qui sottolineato un altro aspetto paradossalmente generativo della morte in relazione all’amore: quel morire che lascia spazio – quando è il momento – ad altre forme e parti sorgive di noi stessi.
E a volte non si può morire a se stessi se ciò non viene alimentato da un altro potente elemento trasmutativo, ovvero l’Amore… l’Amore è un dio che viene a trovarci e che aiuta a morire a se stessi per far sorgere quei nuovi “prodotti”, quelle nuove “sostanze” che ha generato quel catalizzatore che è la relazione amorosa.
Ecco che in tale chiave di lettura amore e morte hanno non poco in comune…
BUONA LETTURA!


Amore e morte. Archetipi della vita
(Un articolo di Emanuele Casale)
Amare ed essere amati sono predisposizioni dell’animo umano attraverso le quali passano (attraversano) delle forze cosmiche, archetipiche, degli Dèi (direbbero Jung e Hillman).
Amore è un dio, una forza psichica, verso il quale il nostro raggio d’azione risulta essere molto limitato.
Secoli, anzi millenni di letteratura, ci indicano come l’uomo è in genere letteralmente trascinato da questo demone d’Amore, senza nessuna – o quasi – possibilità di scelta. Forse l’unica possibilità di scelta è quella che è quella che riguarda la possibilità per il nostro “Io” di scegliere semplicemente come rapportarsi – seppure limitatamente – a questa forza archetipica ben più grande dell’Io stesso.
In altre parole in presenza di Amore non abbiamo tanto margine di libertà. Perciò Jung scrive:
Ogni amore vero e profondo è un sacrificio. Si sacrificano le proprie possibilità o meglio, l’illusione di avere delle possibilità. (Jung)
Jung, in una sua personale e soggettiva riflessione lasciata nei suoi “Ricordi”, arriva a pensare che, forse, noi siamo strumento di un Amore cosmico permeante la realtà, calati in un universo tridimensionale disposto a tale scopo.

Verso il sentimento d’amore in genere ognuno risponde e reagisce a modo proprio, ma possiamo riconoscere alcuni pattern di comportamento più o meno tipici e nevrotici nel momento in cui Amore bussa alla porta:
- andare incontro all’amore;
- scappar via a gambe levate;
- tentativo di controllarlo.
Gli esseri umani chiedono Amore, lo danno, ma dopo – a contatto più profondo con questa forza cosmica – ne fuggono perché ne hanno paura. È questo che spesso accade anche in alcune persone con assetti psicologici unilaterali che li rendono refrattari alle relazioni d’amore, per i più svariati motivi di storia personale ma non solo…
E non è del tutto stupido aver paura di un Dio. Perché Amore è dapprima un dio – una forza psichica archetipica – che trascina e scombussola, proprio come la morte. Scriveva Carotenuto che
L’amore si manifesta nel mondo, ma non appartiene al mondo: gli esseri umani ne hanno paura.
Perché:
l’amore ha non poco in comune con la morte. (Jung)

Per amare si devono sacrificare infatti parti di sé, lasciarle dunque morire, riconoscendone al di sotto altre parti sorgive, che in genere risultano essere più naturali, vicine al Sé, che sono più proprie ma anche per questo più impersonali, perché più vicine al proprio Sé (Selbst = totalità Psichica), e dunque anche più universali.
E così, affinché io possa Amare, affinché questo dio possa incarnarmi, io non posso più pretendere di rimanere come prima in tutto e per tutto, come sono stato fino ad ora, devo in qualche modo morire, qualche parte di me deve sacrificarsi.
In tutto il mondo non esiste albero, fiore, paesaggio, cielo, che non muta, eppur mutando conservano in se la propria essenza.
L’intera letteratura antica insieme a quella alchemica vedono nell’amore l’unico elemento trasmutativo per eccellenza.

Amore penetra nell’uomo per sradicare in lui questa patologica posizione che lo tende a far permanere nel “come è sempre stato”. Qualche autore addirittura è arrivato a dire, simpaticamente
quando vuoi cambiare, mutare pelle, cambiare vita, INNAMORATEVI!
Amore è un dio che unisce, ma che prima dilania, si impossessa di noi e ci porta in lidi nuovi, inesplorati, di se e dell’Altro.
Per questo fin dalle antiche tradizioni Amore è sempre associato alla Morte, perché induce a lasciarci morire, o meglio, a fare spazio a parti di noi sorgive, a lasciar morire in noi tutti i personaggi fittizi che ci siamo creati e in cui ci identifichiamo (ma che non siamo!), ci spinge ad essere individui più autentici, meno convenzionali e standardizzati, con meno manierismi comportamentali.
Così come la morte, l’Amore può farci arrivare – di colpo o a poco a poco – a ciò che è essenziale per noi nella vita stessa.

L’umiltà a cui porta l’Amore
Nell’Amore vi è la misura della vera umiltà umana. Solo qui si esprime tutta l’umiltà che un individuo possiede verso le proprie ombre, la propria “inferiorità” direbbe Jung.
È l’umiltà che si declina nella misura in cui accettiamo che – quando Amore viene a trovarci – non è più l’Io solamente a decidere e a fare da bussola, ma è anche – e soprattutto – questa forza cosmica e potente chiamata Amore.
Ci vuole umiltà per abbracciare qualcosa che è più grande di noi.
[ 📝 Leggi anche: L’umiltà (quella vera) è la capacità di chinarsi per saper ricevere. Psicologia e umiltà ]
Non si tratta di abbandonare il nostro prezioso “Io”, o eluderlo come farebbero alcune dottrine e pratiche orientali. Si tratta invece di ri-posizionarsi, ri-calibrarsi, su un’Asse (in psicologia viene chiamato Asse Io-Sè) che vede al comando del “timone” sia me che l’Altro da me che mi abita.

L’umiltà di accettare che in me non esisto solo Io, così come lì fuori non esiste soltanto “me”. Accettare l’alterità interna a me stesso. L’umiltà esteriore è nulla in confronto a quest’altro tipo d’umiltà che è più introvertita.
In tale ri-posizionamento dell’Io nei confronti dell’Altro da sé, vi è la misura di una grande o scarsa umiltà. Si tratta di sacrificare l’illusoria pretesa di esser padroni in casa nostra
Amare ed essere amati, in tutte le forme, è il primo vero anelito dell’individuo da quando nasce nel mondo, è forse – come direbbe Novalis
il principio e il fine ultimo della storia del mondo; è l’amen dell’universo
Amore si riconosce anche in quell’anelito dell’individuo a raggiungere la luce dall’oscurità in cui si trova.

Amare ed essere amati ha una stretta relazione con il coraggio di vivere e sentirsi vissuti. Ha una stretta relazione con il sentirsi “libero”, ma non quella sciocca libertà desiderata dai più che ha a che vedere con “il fare ciò che si vuole” e non avere “limiti”, ma l’unica e reale libertà di accettare o meno di essere spinti, lacerati e guidati da forze cosmiche che sono più grandi di noi, ma di cui siamo parte integrante.
Qui si gioca la vera libertà: quella interiore.
Per questo alcuni individui, che sono refrattari all’Amore, – per le più svariate ragioni – non potranno mai perdonare – per così dire – un Altro che doni loro dell’Amore. Perché?
È facile… basta rileggere sopra tutti gli effetti che Amore provoca e smuove…
Ma… come diceva un saggio tempo addietro
Ma tu dona…
e dona, ancora…
«Si sopravvive di ciò che si riceve, ma si vive di ciò che si dona.» (C.G. Jung)
FINE.
(di Emanuele Casale)

«Svelare la propria dimensione interiore è una manifestazione di maturità sotto l’aspetto del coraggio; significa mettere a repentaglio la propria posizione, fare la propria mossa e scoprirsi.»
(Aldo Carotenuto – Eros e Pathos: margini dell’amore e della sofferenza )
«Quindi il coraggio o la paura di aprirsi esprimono il coraggio o la paura di conoscere intimamente se stessi.»
(Aldo Carotenuto – ibidem)
LIBRO CONSIGLIATI sull’ARGOMENTO:
Oltre ai libri che ho segnalato durante l’articolo, consiglio questo fantastico e imperdibile romanzo che lessi molti anni fa e che ebbe un ampio successo tra i lettori. È una bellissima storia d’altri tempi che intreccia temi quali amore, morte, libri, destino e di come anche i libri abbiano in sé stessi un principio d’amore, un’anima, quella di chi li ha letti e quella di chi li ha scritti…

Questo articolo è meraviglioso.. grazie di cuore
Articolo Superbo 🙂 !
[…] 1) – La vita è troppo breve per lasciare dominio all’inespresso. Perchè è così che creiamo lutti interiori (di Emanuele Casale) 2) – La coscienza non è riducibile a eventi neurali. Esperienze cliniche di Pre-Morte lo dimostrano. 3) – Amore e Morte hanno non poco in comune. Dai con amore, e ti si rivolteranno contro. Ma t… […]
Illuminante grazie
Molto bello. Grazie
Articolo bellissimo da tanti spunti di riflessione sull’argomento.Grazie
Grazie, dell’articolo davvero!
grazie, gran bell’articolo
tralaltro ricco di spunti d’approfondimento!
Grazie mille Gab!
Grazie!…Interessantissimo articolo, nel finale introduce un’apertura al “sè” come processo in continuo divenire ( Gestalt) una divenire di “ io-tu” dove quell’io e quel tu sono illusoriamente separati…e mi sembra invece che questa strada porti proprio a una convergenza con la filosofia Buddhista dell’ “An-atta” ( No-self) che piuttosto che invitare ad eludere il Sé semmai invita a prenderne coscienza nella sua impermanenza e quindi nella sua inconsistenza, per evitare di continuare a soffrire ( sofferenza- illusione di un sè separato – attaccamento )
Bellissimo articolo, intenso
Sono Paola chi attraversa la morte vera non può continuare a reggere nel tempo la disperazione solitudine silenzio il dolore quando le colpe non esistono e sei solo impotente di fronte all inevitabile.vil suicidio e inevitabile
Be giusto finite così e vivere così quando si diventa marionette. Siamo pesi umani e sociali. Ciao paola