Non bastano solo libri e manuali di Psicologia per comprendere la psiche umana

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Iniziare psicologia i libri non bastano

Libri e manuali di psicologia per iniziare. 

La psicologia la si apprende tramite l’effettiva esperienza

Chi vuol conoscere la psiche umana apprenderà ben poco dalla psicologia sperimentale. È meglio che appenda al chiodo la toga dello studioso, dica addio al suo gabinetto di consultazione e vada per il mondo, con cuore umano, a vedere coi propri occhi gli orrori delle carceri, dei manicomi e degli ospizi, le sordide bettole di periferia, i bordelli e le bische, i salotti della società’ elegante, le borse, i convegni dei socialisti, le chiese, i revival e le estasi delle sette, per sperimentare di persona amore e odio, la passione in tutte le sue forme, ritornerà molto più informato, saprà molto di più di quanto gli insegnerebbero poderosi tomi alti un palmo e potrà essere per i suoi pazienti un vero psicologo.

(…) Nessun manuale può insegnare la psicologia; la si apprende tramite l’effettiva esperienza. (…)

In psicologia si possiede solo ciò di cui si è fatto esperienza nella realtà.

Quindi una semplice comprensione intellettuale non è sufficiente, perché si apprendono solo i termini e non la sostanza interiore dell’evento in questione.

(Carl Gustav Jung – Elementi di psicologia)

Psicologia Junghiana

Premesse per “comprendere” la psicologia

(di Emanuele Casale)

Lapsiche umana non si comprende solo attraverso manuali di psicologia.

La psicologia non la si apprende soltanto attraverso libri, autori, letteratura scientifica, seminari, convegni e workshop (che poi in italia questi ultimi sono sempre più rari quelli realmente seri e non religiosi a sfondi fideistici), né tantomeno nei corsi di laurea italiani dove anziché formare psicologi si formano pseudo-tecnici-PsicoMedici, sprovvisti di una qualsiasi cultura della letteratura classica, del simbolismo, mitologia, religioni comparate, antropologia, ma preparatissimi su cosa avviene se nell’encefalo vi è uno squilibrio della serotonina o della dopamina (cosa apprezzabilissima se fosse però compensata dall’80% mancante della cultura psicologica riportata prima).

“Emanué, ma che dici? La psicologia non si apprende neanche all’università?”

Esattamente!

Laurearsi e frequentare una QUALSIASI facoltà di psicologia in Italia, o perfino una scuola di psicoterapia (che in Italia sono private – eccezion fatta per una pubblica) non assicura in alcun modo che le competenze umane e culturali dello psicologo siano state formate. D’altronde basta vedere i dati italiani relativi all’enorme discrepanza tra numero di psicologi presenti e assenza di esercizio alla professione dei molti.

E infatti ecco di seguito alcuni risultati sconcertanti derivati da alcune interviste e sondaggi anonimi fatti negli anni a centinaia di studenti in corso, neolaureati e psicologi (tutti estratti da diversi poli universitari d’Italia):

  • molti studenti (e purtroppo anche psicologi) credono che Jung si pronunci “Yang” (conosco chi è stato bocciato per questo, e anche chi ha pronunciato Yang in discussioni di tesi specialistiche);
  • altri credono che Jung fosse un allievo di Freud e che abbia sviluppato un proprio orientamento o una propria dottrina;
  • che Jung può anche non essere studiato approfonditamente, come se fosse qualcosa che non faccia parte delle fondamenta di ogni psicologia moderna (come invece dimostra il maggior storico della psicologia, Sonu Shamdasani, nel suo “Jung e la creazione della psicologia moderna”.)
  • i principali saggi di letteratura psicologica non vengono minimamente menzionati né tantomeno assegnati come materiale di studio (come ad esempio “La scoperta dell’inconscio” di Ellenberger, “Dossier Freud” di Shamdasani, e altri capisaldi imprescindibili)
  • oltre il 70% degli studenti laureati non ha mai letto, anche a fine corso di laurea, un solo saggio d’autore della propria disciplina (solo manualetti di seconda mano e spesso obsoleti consigliati dai docenti di riferimento. Molti di questi manuali poi sono scritti dai docenti stessi…)
  • circa il 90% dei neo-psicologi non sa cosa sia un’analisi personale non avendone mai affrontata una, pur essendo a tutti gli effetti psicologi clinici che potenzialmente potrebbero lavorare da subito e operare con la sofferenza e la complessità psichica altrui (immaginiamo come…).
  • l’università non fornisce una formazione neanche basilare circa i possibili significati dei contenuti della psiche (dinamiche psichiche tra conscio e inconscio, complessi, immaginari e fantasie, motivi archetipici, comparazioni simboliche, etnopsicologiche, antropologiche, ecc.)
  • non si affrontano esami di psicologia complessa (o analitica, proveniente da Jung). È come se un fisico si laureasse senza avere nessuna base circa le dinamiche del mondo subatomico, o non conoscendo minimamente la teoria della relatività (ricordiamo che la psicologia analitica è alla base di tutte le psicoterapie e della psicologia moderna, come dimostrò Shamdasani in “Jung e la creazione della psicologia moderna”. Qui puoi leggere un approfondimento)
  • l’inconscio viene affrontato come un personaggio scomodo di cui si può anche non averne dimistichezza né teorica né pratica, cosa alquanto ridicola dal momento che oggi anche le neuroscienze implementano esplicitamente nella loro epistemologia il concetto di “inconscio” come ipotesi a supporto di alcune fenomenologie psichiche.
Jung e la creazione della psicologia moderna (Sonu Shamdasani)
Jung e la creazione della psicologia moderna (Sonu Shamdasani)

Interessante è come in molte facoltà di psicologia vengano formati futuri psicologi – sulla base di una quasi assente letteratura primaria – a cui viene fatto credere, sulla base di ideologie dogmatiche dei docenti di riferimento, che l’inconscio può essere un’interessante teoria o che la coscienza è il prodotto causale di connessioni sinaptiche (eh si, ho sentito anche questa ai corsi di fisiologia-scimmiottata adattata a alla facoltà di psicologia…che poi se fosse realmente un dato verificato questo avrebbero già dato il nobel al genio della scoperta: avrebbe scoperto da dove si origina la coscienza! Incredibile!).

Imparare la psicologia
Capita non di rado che molti studenti specialistici di Psicologia – o psicologi – credano che Jung si pronunci all’inglese maniera come “Yang”…

Per fortuna la maggioranza non fa la totalità della realtà, neanche in tali ambiti, e per fortuna c’è chi si da da fare da sé trovando in altri lidi ciò che la formazione accademica non gli fornisce in misura alle proprie esigenze individuali e soggettive. Giovani così, fortunatamente, li incontro ancora e con gioia. (Se li trovi anche tu che leggi questo articolo, mi raccomando, portali al blog Jung Italia e falli iscrivere alla newsletter! 😀 )

Qualcuno potrebbe chiedersi giustamente:

ma allora dove si impara e apprende la psicologia?

E io risponderei: “E cosa ca**o ne so io!” 😀

Scherzo, scherzo… (più o meno)

Dossier Freud Jacobsen Shamdasani
Dossier Freud. L’invenzione della leggenda psicoanalitica

«(…) mi era stato inoltre detto e ripetuto che il lavoro di analisi e autoanalisi, in qualunque forma, è il lavoro di un’intera vita, e che il mero fatto di ottenere un diploma o una laurea in un prestigioso istituto non è affatto garanzia di maturità psicologica.»
(Roger J. Woolger – Il segreto di altre vite)

I libri sono importantissimi e imprescindibili in psicologia, e ne servono tanti…

Certo devo dire per esperienza che se non si sbatte ANCHE la testa sui libri di psicologia, per anni e anni, e non solo sui manuali universitari – in genere molto settari e quasi mai ben sviluppati – ma soprattutto sui libri di psicologia ritenuti tra i più importanti in generale, se non la si continua a sbattere anche dopo che si è illusi di aver finito la propria formazione (come il corso di laurea, o il corso di specializzazione in psicoterapia, o un dottorato), allora di certo rimarremo molto ignoranti di fronte all’esperienza pratica della “psiche”, che è qualcosa di così elusivo e così inafferrabile in tutte le sue declinazioni, per quanto misurabile in alcune delle sue manifestazioni seppur in maniera molto approssimativa (i fisici oggi la pensano allo stesso modo circa la natura profonda della materia).

Sbattere la testa sui libri e aggiornarsi è INDISPENSABILE per comprendere parte della psiche umana, nonché di psicologia, come per qualsiasi altra disciplina.

MA…qui c’è un grosso MA…

NON BASTA!

Imparare la psicologia 2

Oltre a questa base – ripeto imprescindibile e di PRIMARIA importanza senza la quale non si va da nessuna parte – serve poi necessariamente la pratica, la clinica, l’analisi, lo scontro con il mondo, l’incontro con il mondo, i viaggi, la letteratura, il senso dell’umano vivere a vari livelli, l’esperienza di vari ambienti socio-culturali, il senso della povertà e della ricchezza (in accezione sia metaforica che materiale)

Non è un caso se in Francia infatti l’età media per iniziare una formazione in psicoterapia è di 40 anni!

Come cita questo articolo del MOPI parlando della psicologia in Francia:

L’età media per iniziare la formazione è circa 40 anni, dopo una lunga pratica nel campo. Non ci sono studenti giovani. L’esperienza dimostra che, una buona pratica e una personalità bilanciata sono più importanti del livello universitario di psicologia.

Hillman Revisione della psicologia
Re-visione della psicologia (J.Hillman)

Direbbe Hillman che la psiche – che noi stessi siamo e in cui siamo immersi – è il mondo intero, e questo mondo  (direbbe Keats) è la valle del fare Anima.

A seconda della tipologia del carattere di ognuno, si strutturerà dunque un modo proprio di fare Anima, un modo proprio di agire nel mondo (Thoreau), ma è importantissimo che questo modo si attivi, si strutturi, si scontri e abbracci il mondo, quello interno ed esterno, nelle sue mille sfaccettature.

La “complessità” è la parole chiave quando siamo in campo psicologico!

Ci siamo arricchiti in sapere, ma non in saggezza. (C.G.Jung)

Luigi Zoja - Psiche - Amazon
Luigi Zoja – Psiche

PS:
purtroppo, e mio malgrado, sono obbligato a specificare una cosa alquanto banale e scontata, che però mi è stata posta come obiezione in seguito alla lettura di questo articolo in tale maniera: “Ah, ma allora credi che la Laurea e i titoli non servano? Quindi tutti possiamo essere psicologi senza averne i titoli?”.
Ecco, dovreste ricordare che il livello di analfabetismo funzionale in Italia è tra i più alti in Europa (lo dicono i “dati”). Quindi, per tale “evidenza scientifica”, sono costretto a specificare – sentendomi un po’ un idiota – che: “Si, certamente, i titoli sono importanti e sono necessari per lo svolgimento della professione. Senza questi non si può essere psicologi, blablablabla…”
(come se avessi detto il contrario o come se stessi parlando di questo. Ma va bene. Passiamo avanti.)

Altri riferimenti di Jung sul tema:

«Credi forse che l’uomo che dedica la sua vita alla ricerca conduca un’esistenza spirituale e viva la sua anima in misura maggiore di un altro. Ma anche una vita del genere è esteriore, esattamente com’è esteriore la vita di una persona che vive le cose esteriori.

Un simile studioso non vive dunque le cose esteriori, bensì i pensieri esteriori, quindi non vive se stesso, bensì il suo oggetto. […] Si è buttati via in tutti quei libri e in tutti i pensieri formulati da altre persone. Per questo la sua anima è bisognosa, deve umiliarsi e andare nella stanza di ogni sconosciuto, per mendicare quel riconoscimento che lui le nega.

Perciò vedi quei vecchi studiosi correre a ottenere riconoscimenti, coprendosi di ridicolo e in maniera indegna.

Si offendono se i loro nome non viene citato, sono tristi se qualcun altro dice meglio di loro la stessa cosa, implacabili con chi cambia di una virgola le loro opinioni. Vai a un convegno di dotti e vedrai questi miserevoli vecchi con i loro grandi meriti e le loro anime affamate, che anelano a riconoscimenti e non riescono mai a placare la loro sete.

L’anima ha bisogno della sua ingenuità, non del tuo sapere.»
(C.G.Jung – Libro Rosso, p.267)

« (…) un analista può aiutare il proprio paziente soltanto fino al punto in cui è arrivato lui stesso e non un solo passo di più.»
(C.G.Jung – La Psicologia del Kundalini Yoga, Seminario tenuto nel 1932, Bollati Boringhieri, p.167)

FINE.


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Fondatore del Jung Italia. Psicologo Clinico. Originario di Salerno, vivo a Roma. Fin dall'età di 14 anni ho iniziato ad interessarmi alla filosofia occidentale e orientale e all'età di 17 anni scopro Jung. A 21-22 anni iniziano le mie attività di pubblicazioni tramite riviste di psicologia e interventi in qualità di ospite o relatore presso convegni e seminari di psicologia. Nel 2012 conosco in Svizzera uno dei nipoti di Jung, e l'anno successivo mi concede un'intervista speciale in occasione della presentazione del "Libro Rosso" alla biennale di Venezia. Attualmente collaboro e lavoro come psicologo o studioso indipendente con associazioni, riviste scientifiche, scuole di psicoterapia e con diversi autori dell'ambito accademico e non. I miei studi d'approfondimento vertono sugli sviluppi odierni relativi alla psicologia complessa (analitica) e sulle ricerche inerenti il versante "Psiche e Materia".

5 Commenti

  1. Purtroppo ti sei dimenticato la cosa davvero fondamentale e più importante: l’esperienza in psicologia si fa nella relazione terapeutica, ovvero avendo pazienti in psicoterapia. Sostanzialmente, quello che scrivi è tutto vero ma solamente se preso dal punto di vista della terapia, che è l’unico che ti porta ad avere un punto di vista diverso da quello della psicologia accademica e cioè dell’io. Questo è primariamente un onere dello psicologo clinico, quello di fare una analisi didattica su se stessi, e come tu dici ci sono molti psicologi (che per giunta si definiscono psicoterapeuti come i cognitivo-comportamentali, che di “psiche” e “psico-logico” non sanno e non fanno nulla, operando sempre solo nell’ambito della coscienza) che non hanno minimamente idea di cosa significhi acquisire più io contemporaneamente, più modi di vedere, una visione psicologica della realtà, una visione profonda o “in trasparenza” di se stessi e degli altri, recuperare la “vera imaginatio” degli alchimisti e conseguire di “vedere secondo natura”, conoscere il linguaggio della psiche e dei sogni e “stare” in esso, nella “realtà dell’anima”, del mito e dell’immaginazione psichica, mentre si sta allo stesso tempo nella realitat, e cosi via per tutte le cose della psiche che si attraversano e si assimilano divenendo attitudine quotidiana dopo una buona psicoterapia analitica-archetipica.
    Come tu dici, tutte queste cose possono essere lette anche sui libri, ma per gli psicologi, che non sono soltanto lettori e utenti della psiche, ma i professionisti che dovrebbero essere formati ad accompagnare i pazienti nel transitare la psiche, “fare” i terapeuti è ciò che gli insegna come comportarsi nel loro ruolo e compito nei confronti di essa nel mondo, verso cioè l’anima stessa del mondo a cui lo psicologo si rivolge come professionista e rappresentante di una professione. Senza pazienti in terapia, lo psicologo rimane uno qualunque e in questo senso sì che, se bastasse solo leggere la psiche sui testi e ripeterla ai clienti, sarebbero tutti capaci di essere “un po’ psicologi” nel luogo comune di cui tutti noi, chissà perché, facciamo invece ironia.

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