
«Èpossibile amare se stessi, e tutto ciò che dentro se stessi soffre?
Ed è possibile amare gli altri, e tutto ciò che in noi, nel rapporto con gli altri, soffre?
Cristiano d’oriente, mistico e anacoreta del VII secolo, Isacco di Ninive scrive:
“Vuoi tu acquisire, secondo il comandamento dell’evangelo, l’amore del prossimo, all’interno della tua anima? Allontanati da lui [dal prossimo]! Allora la fiamma dell’amore per lui [per il prossimo] brucerà in te, e ti rallegrerai alla sua visione, come se vedessi un angelo di luce”
Da queste parole sembra possibile trarre la palpabile sensazione di quanto il distacco possa essere, e di fatto sia, una modalità per accettare e per amare ciò che di inaccettabile, di lacerante, di doloroso può risuonare in noi per il fatto stesso che esistiamo, che siamo un Sé, che ci rapportiamo a quest’ultimo e, attraverso di esso, agli altri.
Le parole di Isacco di Ninive ricordano che il distacco, ogni distacco, ha lo scopo di mantenere un contatto: è una disperata e struggente modalità di rapporto.
Per cui allontanare e respingere, creare un distacco, è davvero l’unico modo possibile per mantenere una prossimità, per amare.
Questo, e null’altro, è il principale mistero degli esseri umani e delle loro emozioni: il mistero del respingere allacciandosi e dell’allacciarsi respingendo, e ciò sia nel rapporto di sé con se stessi, sia nel rapporto con gli altri.»
(di Marco Alessandrini, “Eco a me stesso” – Prologo)

FINE.
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