Reincarnazione e Psicologica Clinica. Un articolo-recensione di Emanuele Casale, a partire dal film “I Origins”, pubblicato sull’IJPE (International Journal of Psychoanalysis and Education)
[I libri che troverai sparsi nell’articolo sono stati inseriti con criterio e sono tutti tematici dell’argomento psicologia e reincarnazione]
Premessa
“Psicologia e reincarnazione”: per molti è un binomio molto strano. Ma nella realtà della comunità scientifica internazionale esiste una letteratura clinica sempre più vasta sul tema.
Per chi già mi conosce sa bene quanto sia pignolo e aderente ai “dati”, e non amo parlare di opinioni astruse o intellettualoidi né sul blog né nella vita reale. In ciò mi sento molto vicino a quel sano empirismo fenomenologico in cui anche Jung si riconosceva fortemente (cfr. Papadopoulos, 2009)
Ogni psicologo che si ritiene tale dovrebbe – prima o poi – avere una benché minima idea di tale campo, e non tanto per una questione di mera cultura, ma soprattutto per questioni pratiche e cliniche.
Infatti il tema “reincarnazione” è stato messo sotto i riflettori dagli psichiatri stessi negli anni ’60. Fu Ian Stevenson il primo psichiatra che segnalò alcuni pazienti che presentavano memorie di ipotetiche vite passate…

Confrontandosi con la sua equipe e con altri colleghi si rese conto che in realtà era un tipo di esperienza psichica non limitata soltanto ad alcuni pochi casi fortuiti: con sua grande sorpresa anche i suoi colleghi psichiatri e psicoterapeuti avevano in cura casi analoghi.
Da qui le prime ricerche sul campo e i primi articoli scientifici. Ad oggi infatti tale realtà fenomenologica vanta di centinaia di studi in peer-review presenti in letteratura scientifica.
[ 🔎 Qui nel motore di ricerca di articoli scientifici – PubMed – trovi alcuni studi scientifici indicizzati ]

Ma ora ti lascio al mio articolo-recensione che è stato pubblicato sull’International Journal of Psychoanalysis and Education. Sono partito dal meraviglioso film di Mike Cahil “I Origins” (2014), che tratta proprio del rapporto tra scienza e reincarnazione.
Tratterò brevemente del film (evitando spoilers) usandolo come un trampolino di lancio – molto ben fatto! – per la tematica “Reincarnazione”. Ho cercato di fare focus sul tema soprattutto da un versante epistemologico, includendovi molteplici riferimenti di letteratura scientifica, bibliografie e digressioni sulla clinica della Reincarnazione, diramatasi a partire dai primi studi di ricerca (anni ’60) della divisione di Psichiatria dell’Università della Virginia
BUONA LETTURA!

I ORIGINS
Psico-recensione di Emanuele Casale
Con la forza di questo Amore e con la voce di questo appello
Non cesseremo di esplorare
E alla fine dell’esplorazione
Saremo al punto di partenza
Sapremo il luogo per la prima volta…
(T. S. ELIOT)
📥 Qui puoi scaricare l’articolo originale (pdf), ovvero così come me lo hanno pubblicato sulla rivista: può servirti nel caso vuoi avere tutte le note a pié di pagina e le bibliografie ben visibili che ho inserito
Ilfilm in questione non è stato distribuito e fatto girare granché nelle nostre sale cinematografiche italiane, seppure lo stesso sia stato doppiato in Italiano.
Quando lo si vede ci si chiede spontaneamente, e sconcertati, il perché di una mancata divulgazione così preziosa.
Il regista Mike Cahill, interessante outsider già noto al mondo per il suo precedente capolavoro Another Earth (2011), anche in quest’ultima pellicola tenta – e ci riesce benissimo – di riportare ed amplificare un contenuto psicologico-esperienziale potentissimo e antico quanto è antica l’umanità, un vissuto e una tematica che attraversa i millenni e tutte le culture e molte religioni: la Reincarnazione, e insieme a questa ciò che l’essere umano prova e vive durante l’esperienza interiore di questa realtà psichica.

È interessante notare come già da subito, appena inizia il film, appare una scritta che avvisa agli spettatori che ciò che si andrà a visionare è basato su una storia verosimile.
In altre parole, il regista, ci fa subito sapere che il suo intento non è stato quello di creare un film del tutto fantascientifico – come lo è stato il suo precedente “Another Earth” (2011) – ma quello di portare agli spettatori un’esperienza numinosa e primordiale, che è presente in tutto il genere umano da sempre: la consapevolezza e l’intuizione che molti hanno circa l’esser vissuti più volte e in epoche diverse, in altre vite.
È un intuizione e un vissuto che, malgrado le nostre convinzioni occidentalistiche circa la Reincarnazione, appartiene per costituzione al genere umano, alla psiche umana, sia che la vediamo in senso letteralistico e materiale (“incarnarsi” in vari corpi di vita in vita) sia che la vediamo in senso simbolico [1] (ciclo di rinascite in corpi e vite diverse visto come simbolo di rinascite interiori all’interno della stessa vita).
La Reincarnazione è inoltre un concetto (o un vissuto, un’idea archetipica) che – per usare un termine caro al grande filosofo/teologo Panikkar – è sempiterno, lo ritroviamo in tutte le culture del mondo, in quelle orientali ma anche in quella che più ci è propria del Cristianesimo[2].

Nel film troviamo un geniale protagonista, il giovane e intelligente dottor Ian Gray, ricercatore in biologia molecolare e scettico tutto d’un pezzo, ateo fino al midollo, specializzato e appassionato nel processo di evoluzione dell’occhio.
Quest’ultimo, l’occhio, e in particolare la struttura morfologica dell’iride, sarà un particolare importante e simbolico lungo tutto il film.
Per l’appunto gli occhi sono lo specchio dell’anima, si dice. Ma in un senso più materialistico e scientifico questo antico detto contiene una verità profonda: l’iride dell’occhio, effettivamente, è unica e irripetibile per ogni essere umano nel mondo, in qualche modo designa un quid dell’individuo che non è mai esistito, non esiste e non esisterà in futuro in un altro essere umano (così come per le nostre impronte digitali).
Se non possiamo affermare per certo che gli occhi sono letteralmente lo specchio dell’anima, possiamo invece affermare – in senso letterale – che invece sono qualcosa di molto vicino al concetto di anima, comunque qualcosa di unico e originale di un individuo, se per anima qui intendiamo ciò che è di unico in noi e che ci contraddistingue nella propria essenza più ultima. Questo sarà un punto nodale e di svolta all’interno del film.
Ian Gray, dopo l’incontro di quella che archetipicamente rappresenterebbe la sua Anima gemella, fa una scoperta sensazionale insieme alla sua assistente, e sarà costretto, spinto dal suo spirito di ricerca, a viaggiare fino all’altro capo del mondo, in India, per constatare da vicino, con gli occhi, la reale possibilità di questa “verità scientifica” che – come si evince da alcuni rimandi nel film – viene da anni seguita e studiata da altri scienziati come lui nel mondo: si tratta della Reincarnazione.

Il regista opera poi una scelta a mio avviso molto contemporanea e matura, quella cioè di estrapolare una tematica così antica, che è quella della reincarnazione, e di affrontarla attraverso una dimensione che non è soltanto scientifica, o filosofica, o religiosa, ma una dimensione fenomenologica di esperienza umana diretta, interiore, emozionale, intuitiva.
È questo il tentativo più audace del regista: arrivare al succo del nucleo interiore dell’esperienza che il film tratta, ovvero che cosa prova una persona, o più persone, di fronte alla consapevolezza reale e tangibile di un ipotetico caso “accertato” di Reincarnazione.
Riguardo la premessa all’inizio del film circa la storia verosimile, vale davvero la pena soffermarcisi qualche riga. Perché verosimile e non invece fantascientifica?

Il regista Mike dev’essere sicuramente più preparato di molti addetti ai lavori in psichiatria e psicologia in Italia riguardo le ricerche in psicologia clinica che si svolgono dagli anni ’60 in America riguardo i “possibili” casi di reincarnazione[3]. È una realtà ben presente ai professionisti quali psichiatri, psicologi dell’infanzia e soprattutto psicoterapeuti in varie parti del mondo.
Grazie al dottor Ian Stevenson[4], psichiatra e ricercatore, la clinica che ruota attorno la tematica della reincarnazione si è sviluppata fino a contare diverse migliaia di casi, approfonditamente studiati, verificati, confermati e pochi altri smentiti.
Questi studi sono basati su individui (inizialmente pazienti con ricordi spontanei) che affermano di vivere e di avere dei ricordi – spesso anche molto vividi e intensi – relativi a vite ipoteticamente vissute in un passato antecedente alla loro nascita biologica.

Verifiche anagrafiche (riguardo date e situazioni riportate dai pazienti, bambini o adulti), archeologiche (circa informazioni relative ad oggetti rinvenuti in determinati e precisi luoghi indicati attraverso i ricordi dei pazienti) e psichiatriche (per accertare l’assenza di psicopatologie in essere), sono state condotte nella maniera più scrupolosa e scientifica possibile, trovando, nella maggioranza dei casi, verifiche e riscontri oggettivi (ovvero concordanza di “ricordi” con fatti storici personali, sociali e contestualizzati).
Molti di questi ricordi vengono spesso annoverati nella categoria dei cosiddetti falsi ricordi, un po’ come quelli che ognuno di noi avrebbe se dovesse andare a ripescare vecchie scene d’infanzia o di un lontano passato della propria vita.
Altri sembrano invece essere veri e propri ricordi autentici, alle volte molto chiari e personali. Pazienti e soggetti che riferiscono tali ricordi, spesso, a detta degli studiosi, non vengono minimamente sollecitati o suggestionati attraverso tecniche ipnotiche (che viene invece spesso usata per la terapia con l’ipnosi regressiva)[5], tali ricordi sembrano molto spesso arrivare spontaneamente o in seguito ad esperienze emotive rilevanti.
Questi ricordi si rinvengono soprattutto in bambini dai 2 ai 6 anni di età.[6]

Questa moltitudine di casi rinvenuti in tutto il mondo in maniera indipendente e a prescindere dalla cultura di riferimento dei pazienti e dei soggetti analizzati, ha destato, attorno al tema, un interesse scientifico e culturale senza precedenti.
Sentenze definitive sono impossibili allo stato attuale della ricerca, seppure, andando a scandagliare la moltitudine dei casi presenti in letteratura scientifica, si trovano molte più verifiche e conferme su tale ipotesi reincarnazionistica, rispetto a studi e confutazioni che la invalidano del tutto.
O sarebbe meglio dire, in un’ottica epistemologica: la teoria della Reincarnazione sembra essere l’unica – o tra le poche attualmente –, che è in grado di coprire e dare una cornice e spiegazione teorica a questi dati rinvenuti circa il vissuto fortemente affettivo legato ai ricordi di vite passate.
Si, perché si parla sempre e soltanto di una ipotesi e non di ipostasi pura. Il noto psichiatra e psicologo Jung, che neanche era estraneo alla tematica della reincarnazione[7], al riguardo ebbe a scrivere che
“Un’ipostasi non è un’ipotesi. Un’ipotesi è una mia assunzione, un’idea che mi sono formato per tentare di spiegare dei fatti.” [8]

Questo per dire che quando rimaniamo in un ambito strettamente scientifico, anche in presenza di molte più prove a favore che a sfavore di una tale possibile teoria sulla Reincarnazione, essa rimane pur sempre un ipotesi perché – sulla scia Kantiana della cosa in sé – non potremmo avere certezze definitive su questioni che oltrepassano l’umano vivere in termini di vita biologica, ovvero su un aldilà (inteso in accezione laica).
Che una persona abbia ricordi di vite precedenti e che questi siano stati convalidati e accertati come autentici ricordi dalla ricerca successiva, non significa automaticamente che la Reincarnazione, in quanto fenomeno, esista.
Tali prove a favore, su un piano strettamente scientifico epistemologico, non possono di certo debellare una volta per tutte i dubbi circa l’arcano mistero della vita dopo la morte, o forse sarebbe meglio dire, della “vita dopo la vita”.
Su un piano invece strettamente fenomenologico e psicologico non si possono ignorare tali dati oggettivi, ma soprattutto le esperienze di vita emozionali e soggettive delle migliaia di persone che in prima persona sono portate, volenti o nolenti, a rivivere questi antichi ricordi, intessuti di tonalità affettive talmente cariche da produrre – una volta affrontati ed elaborati in maniera ottimale in psicoterapia – guarigioni a disturbi più o meno gravi, oppure – e non per ultimo di certo –, a dare una svolta e un ampliamento della consapevolezza, un mutamento della propria spiritualità nella vita quotidiana.
È dunque, questa, una realtà fenomenologica e psicologica che va presa di tutto petto in ambito soprattutto scientifico, con serietà, ma anche con molta sensibilità umana, una realtà dalla quale – stando all’opinione della stragrande maggioranza di psicologi internazionali[9] – non si può più iniziare a sottrarsi, riducendola e bollandola come di non pertinenza scientifica o con simili atteggiamenti tutt’altro che scientifici e più vicini invece ad una primitiva tendenza apotropaica e misoneista.

La bellezza di questo film è data dal fatto che il protagonista, che ci accompagna durante tutto il dipanarsi della pellicola, passa gradualmente da un atteggiamento unilateralmente intellettuale ad uno che – senza rigettare le fondamenta di un sapere solido e basato sull’empiria – include anche quel senso dell’Anima – in accezione di Archetipo della vita – , del significato.
Il protagonista Ian, fervente scientista e scienziato, deve ad un certo punto vedersi costretto a far cedere la sua unilateralità intellettuale, per far spazio a quelle funzioni della psiche che nella tipologia psicologica vengono denominate “intuizione” e “sentimento”[10].
Ed è proprio in questa enantiodromia d’atteggiamento psichico (passaggio nell’opposto) che nel film avviene una svolta, vibra qui una vera e propria palpabile atmosfera di infinito, quello stesso infinito che abita davvero ognuno…

Ma noi abbiamo amato e pianto in un’altra esistenza; Il vago e attraente istinto del ricordo è sacro. (Kalidasa, Shakuntala)
Quando qualcuno muore qui
nasce da qualche altra parte.
Quando qualcuno nasce qui
muore da qualche altra parte…
(Buddha)
FINE.
Intro al film:
Note del testo:
[1] C.G.Jung: «La rinascita, nelle sue varie forme di reincarnazione, resurrezione e trasformazione, è un’affermazione che deve essere contata tra le prime affermazioni dell’uomo»
[2] cfr. Edouard Bertholet (1994), “La Reincarnazione nel mondo antico e moderno” (vol.1-20), Roma, Edizioni Mediterranee.
[3] – cfr. Helen Wambach (1991), Storie vere di viaggi meravigliosi dentro la vita prima della nascita, edizioni Mediterranee.
– cfr. Tim B. Tucker (2008), Life before Life: a scientific investigation of children’s memories of previous life, edito da St. Martin’s Griffin
– cfr. Dipartimento di psichiatria e scienze neurocognitive dell’Università della Virginia dedicato a ricerche a sfondo parapsicologico e in particolare ai casi di bambini che ricordano altre precedenti vite. In altri poli di ricerca accademici degli Stati Uniti sono presenti simili divisioni e dipartimenti con archivi relativi a cui si può accedere per eventuali ricerche nell’ambito. http://www.medicine.virginia.edu/clinical/departments/psychiatry/sections/cspp/dops/home-page
– cfr. Ian Stevenson (December 1983), American Children who claim to remember previous lives. The Journal of nervous and mental disease; 171 (12): 742-8.
– cfr. Tucker JB (2008 Jul-Aug), Children’s reports of past-life memories: a review. Explore (NY), 4 (4): 244-8.
– cfr. Stevenson Ian, & Samararatne G. (1988 Dec.), Three new cases of the reincarnation type in Sri Lanka with written records made before verification. The Journal of nervous and mental disease; 176 (12): 741.
[4] Ian Stevenson (1966), Twenty Cases suggestive of Reincarnation, (…) (trad. it. Reincarnazione, 20 casi a sostegno, 2005)
– cfr. Ian Stevenson (2003), European Cases of the Reincarnation Type, (…).
– cfr. Ian Stevenson (1997), Reincarnation and Biology: A contribution to the Etiology of Birthmarks and Birth Defects. (…).
– cfr. Ian Stevenson (1997), Where Reincarnation and Biology intersect, (…).
[5] cfr. Kelsey D., & Grant, (1967) Many Lifetimes, Doubleday & Company, Garden city, New York. (tr. it. La catena delle esistenze, Astrolabio, Roma 1969)
– cfr. Moore M, (1976) Hypersentience, Crown Publishers, New York.
– cfr. Moss P, & Keeton J., (1981) Encounter with the Past, Doubleday & Company, Garden City, New York.
– cfr. Netherton M., & Shiffrin N., (1987) Past Lives Therapy, William Morrow, New York
– cfr. Fiore E., (1979) You Have Been Before, Ballantine Books, New York.
[6] cfr. Ian Stevenson (2000), Children Who Remember Previous Lives, A question of Reincarnation. Publisher by McFarland; Revised edition.
– cfr. Jim B. Tucker, M.D. (2005), Life Before Life: a scientific investigation of children’s memories of previous lives. Publisher by St.Martin’s Press.
– cfr. Thomas Shroder (2011), Old Souls: compelling evidence from children who remember past lives (scientific search for proofs of past lives). Publisher by Simon & Schuster.
[7] R.J.Woolger (2007), Il segreto di altre vite. Sperling & Kupfer Editori.
All’interno del saggio è dedicata una “Appendice a Jung” dove l’autore presenta dei dati inediti circa il pensiero di Jung sulla reincarnazione che non sono rinvenibili in nessun altro scritto delle pubblicazioni di Jung.
[8] C.G.Jung (2004), La psicologia del Kundalini Yoga. Seminario tenuto nel 1932. Bollati Boringhieri, p.59. Il passo completo di Jung succitato è questo: «Un’ipostasi non è un’ipotesi. Un’ipotesi è una mia assunzione, un’idea che mi sono formato per tentare di spiegare dei fatti. Ma ho sempre presente che si tratta di una mia assunzione, di un’idea non ancora dimostrata. Ipotesi significa mettere qualcosa che non c’è sotto qualcos’altro; il termine tedesco è “unterstellung”. […] Non appena un’ipotesi ha dato prova della sua applicabilità, tende a diventare una verità, a diventare un’ipostasi, e ci dimentichiamo completamente che è soltanto un’ipotesi, una nostra teoria intenzionale e arbitraria. […] Si potrebbe definire la teoria sessuale di Freud un’ipotesi che poi è diventata un’ipostasi.
Creare un’ipostasi significa inventarsi un soggetto che è appeso in aria. Non ha base, ma si assume che ce l’abbia e si afferma che è una cosa reale. Un’ipostasi contiene sempre l’assunzione che una cosa esista realmente, e la mente primitiva non fa che ipostatizzare. Nei momenti migliori, quando siamo un po’ superstiziosi, anche noi creiamo delle ipostasi.»
[9] Peres JF (2012 Feb), Should psychotherapy consider reincarnation?. The Journal of nervous and mental disease, 200 (2): 174-9.
[10] cfr. C.G.Jung (1925). Tipi Psicologici. In OCJ (Opere di C.G.Jung), Vol.6, Tipi Psicologici. Torino: Bollati Boringhieri.
Serendipità…
proprio tre secondi fa consigliavo ad una blogger di vedere questo film. 🙂
Molto chiara.. traspare un nitore velato da una sospensione di giudizio. Come se l’autore aprisse una o più finestre.. Attraverso le quali il lettore può affacciarsi ad esplorare un panorama accompagnato da una brezza di vento diversa dai soliti incasellamenti, cui il pensiero speculativo e teoretico induce. Grazie..
Grazie a te carissimo Antonino…! 🙂
Il film è un interessante, brillante e insolito. Un grande attore Michael Pitt (mi piace con i tempi del film “Tutto è Possibile” https://www.altadefinizione.plus/2596-delirious-tutto-e-possibile-2006.html)