Il mito del dare aiuto al prossimo: non puoi intervenire sull’Altro, ma su di te.

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Mito aiutare il prossimo

Dare aiuto al prossimo? Aiuta prima te stesso, e aiuterai il mondo

Premessa: la forma di questo articolo che leggerai è strutturata in base ad estratti tematici attorno al tema. Ovviamente non si vuole assolutamente proporre la concezione secondo la quale in nessun caso sia giusto e doveroso aiutare il prossimo che sta soffrendo o che è in reale pericolo, ci mancherebbe…

Qui il discorso sarà incentrato sul significato psicologico di quel voler dare aiuto in maniera non richiesta e forzatamente all’Altro, anche quando non sarebbe assolutamente necessario. Stiamo parlando di quelle “smanie” da missionari, per così dire, che molto spesso vediamo quotidianamente…

Lo preciso perché molti lettori affetti da analfabetismo funzionale, puntualmente rispondono in maniera semplicistica e irrelata con commenti quali: “E allora se uno sta lì in pericolo o sta male che ha bisogno di aiuto io non devo aiutarlo?”.

Ovviamente chi si domanda questo leggendo l’articolo forse non merita neanche di essere risposto, né tantomeno merita delucidazioni su ciò che l’articolo vuole realmente significare e dire in senso psicologico… perché mai? 😀 

mmm… si capisce dai!

BUONA LETTURA!


Estratti da Jung

uT non devi intervenire sull’Altro, ma su di te, a meno che l’Altro richieda il tuo aiuto o la tua opinione.

Comprendi tu quello che l’Altro fa? Mai… D’altronde come potresti? E un altro comprende ciò che fai tu? Da dove viene il diritto di avere opinioni sugli altri o di agire su di loro?

Tu hai trascurato te stesso, il tuo giardino è pieno di erbacce, e tu vuoi insegnare al tuo vicino l’ordine e fargli notare i suoi difetti! Perché hai da tacere sugli altri? Perché ci sarebbe molto da dire sui tuoi propri demoni.

Ma se tu hai opinioni sull’Altro e agisci senza che lui abbia chiesto la tua opinione o il tuo consiglio, lo fai perché non riesci a distinguere te stesso dalla tua anima.

aiutare il prossimo
L’arte di aiutare gli altri aiutando prima se stessi

Tu stesso hai bisogno del tuo aiuto; devi tenere pronti per te stesso opinioni e buoni consigli anziché correre dagli altri a offrire comprensione e a voler dare aiuto. Che cosa sono dei demoni che non agiscono per conto loro? Perciò lasciali agire, ma non attraverso di te, altrimenti tu stesso sarai un demone per gli altri.

Lasciali a loro stessi, e non volerteli accaparrare con amore maldestro, apprensione, prudenza, consigli e altre presunzioni. Altrimenti faresti il lavoro dei demoni, saresti tu stesso un demone e finiresti nella pazzia. I demoni però gioiscono della pazzia degli uomini indifesi che vogliono consigliare e aiutare gli altri.

Perciò taci, e compi in te stesso l’opera di redenzione; allora i demoni dovranno tormentare se stessi, così come tutti i tuoi simili, che non distinguono se stessi dalla propria anima e si lasciano perciò ingannare dai demoni.

È crudele abbandonare a se stesso il proprio simile accecato? Sarebbe crudele se tu potessi aprirgli gli occhi.

Ma tu potresti aprirgli gli occhi soltanto se lui ti richiedesse la tua opinione e il tuo aiuto. Se però non richiede il tuo aiuto, allora non ne ha bisogno. Se tu, malgrado questo, imponi a lui la tua opinione, allora per lui tu sei un demone e aumenti il suo accecamento, poiché gli dai un cattivo esempio.»
(“Prove” – dal “Libro Rosso” di Carl Gustav Jung)

Libro Rosso (C.G. Jung)
Il libro rosso (Jung)

«Avete mai sentito che dell’oro si sia messo a correre dietro alla gente?
L’oro è nascosto nelle fenditure della terra e se ne sta semplicemente lì ad aspettare: sarà sempre oro, e sarà sempre agognato.

Se esiste qualcosa di veramente buono, allora sarà qualcosa di ricercato: è questa la caratteristica delle cose buone. È la montagna che va dal profeta, il profeta non va mai alla montagna. Se mai un profeta è stato visto andare alla montagna, bé, questo potrebbe voler dire che ha commesso un errore. Avrebbe fatto molto meglio a starsene a casa e a lasciare la montagna a se stessa.

Perciò tutto questo parlare di missioni e missionari è per via della fame, naturalmente.

Così, se c’è qualcuno che desidera “missionarizzare” il mondo e dire agli altri ciò che è giusto per loro, ciò significa che questo qualcuno è affamato e desidera riempirsi lo stomaco con i cadaveri di altre persone. Sono affamate le sue stesse idee, la sua stessa anima, e sono altre persone a dar nutrimento ai suoi pensieri e ai suoi appetiti, poiché lui non è in grado di farlo da sé.

Se scopri ciò che chiami una “verità”, dovresti esaminarla, dovresti provare a mangiarla. Se ti dà nutrimento è buona, ma se non ti sostenta adeguatamente e ritieni che ciò nonostante debba essere in grado di nutrire altre persone, allora è cattiva. Il vero test sta nel fatto che la tua verità dovrebbe esser buona per te. Non si avvicinerà neanche un cane ad annusarla, se non è in grado di dare alimento a te. Se non ne sei soddisfatto, se non ti va di gustarla per venti, cinquant’anni, o per tutta una vita, allora non è buona. (…)

Pertanto non giocate a fare i missionari. Non provate a nutrirvi dei beni degli altri. Lasciate che gli altri siano fedeli a se stessi e che si prendano cura della propria crescita in prima persona: che mangino pure da sé. Se sono soddisfatti, allora niente e nessuno dovrebbe disturbarli. Se non sono soddisfatti di ciò che posseggono, probabilmente cercheranno qualcosa di meglio, e se siete voi quelli che hanno questo qualcosa, sicuramente verranno da voi per riceverne una parte. (…)

Vedete, l’atteggiamento che si dovrebbe tenere in relazione al problema dell’individuazione è questo:

al bando i missionari, le prediche e ogni tentativo di sottrarre con qualche espediente i bambini alle cure delle loro balie o le pecore ai loro pastori. Che se ne stiano con il pastore, è molto meglio. (…) Le pecore vogliono starsene con il pastore, perché altrimenti finiscono in bocca ai lupi. (…)

La gente mi accusa di avere un atteggiamento troppo neutro nei confronti delle convinzioni religiose, e questo perché dico che, se qualcuno vuole rimanersene nell’ovile della Chiesa Cattolica, lo si lasci pure lì. Molti vedono in tutto ciò una contraddizione, ma in realtà la contraddizione non esiste. Alcuni preferiscono venti gradi, altri ventidue. E perché no? Che li abbiano pure. Ad alcuni non piace mangiare carne, altri non possono farne a meno.»

(C.G. Jung – Seminari sullo Zarathustra di Nietzsche. Vol 1, pp. 228-229. Boringhieri

Lo Zarathustra di Nietzsche. Seminari di Jung. Vol 1 di 4
Seminari di Jung sullo Zarathustra di Nietzsche – Vol.1

Leggi anche questo articolo sullo stesso tema:

L’aiutomania. Quando l’aiuto dato all’altro è aiuto mancato a se stessi (di Pino Tartaglia)

 

Il mito delle psicologie relazionali, il mito dell’Altro. Scappare da Sè, tramite l’Altro e le relazioni

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Fondatore del Jung Italia. Psicologo Clinico. Originario di Salerno, vivo a Roma. Fin dall'età di 14 anni ho iniziato ad interessarmi alla filosofia occidentale e orientale e all'età di 17 anni scopro Jung. A 21-22 anni iniziano le mie attività di pubblicazioni tramite riviste di psicologia e interventi in qualità di ospite o relatore presso convegni e seminari di psicologia. Nel 2012 conosco in Svizzera uno dei nipoti di Jung, e l'anno successivo mi concede un'intervista speciale in occasione della presentazione del "Libro Rosso" alla biennale di Venezia. Attualmente collaboro e lavoro come psicologo o studioso indipendente con associazioni, riviste scientifiche, scuole di psicoterapia e con diversi autori dell'ambito accademico e non. I miei studi d'approfondimento vertono sugli sviluppi odierni relativi alla psicologia complessa (analitica) e sulle ricerche inerenti il versante "Psiche e Materia".

5 Commenti

  1. La faccenda si complica quando le richieste di aiuto non sono verbalizzate.
    Esistono tante situazioni in cui non è possibile che le richieste di aiuto siano verbalizzate: bambini piccoli, persone che hanno perso quella facoltà o non l’hanno mai avuta, persone con la depressione (per esempio post-partum), animali, pianeta…

  2. Vorrei per un attimo uscire dal seminato e trasferire alcuni passaggi di questo scritto nel comune quotidiano.
    Premetto che condivido le riflessioni contenute in questo scritto, ma non mi sentirei di applicarle sic et simpliciter in molte situazioni di vita comune: mi riferisco a tutte quelle situazioni in cui capita di assistere a comportamenti decisamente auto-lesionisti. Qui però, preciso,mi riferisco ad una gamma vastissima di comportamenti, da quelli dichiaratamente auto-castiganti e basta, a quelli in cui la auto-penalizzazione diventa uno strumento per porsi al centro dell’attenzione o, addirittura, per regalarsi una sorta di aura speciale, alla giovane Werther o chi per lui, non so se mi spiego…
    Sarà che non sono capace di fare diversamente, sarà che i miei demoni sono particolarmente indemoniati, ma di fronte a certe situazioni proprio non posso fare a meno di arrivare prima o poi a dire apertamente: capisco il gioco e non lo voglio condividere, né con la pietà (falsa), né con l’empatia (inutile).
    Sarà forse che di tipi così (maschi e femmine in ugual misura) ne ho incontrati troppi e, probabilmente, per un periodo troppo lungo ho dato loro tanta/troppa corda, lasciando correre i miei demoni dove volevano e nutrendoli a forza di giustificazioni fino a farli scoppiare per indigestione!
    Insomma, perdona la tirata, era solo per dire che pur accettando le riflessioni di Jung sul tema, penso non dovremmo mai tacere quel che pensiamo, sia per onestà intellettuale nei propri confronti, sia per rimanere autentici. Ovvio, tutto questo (ripeto: riferito alla vita quotidiana) deve essere compatibile di volta in volta con il contesto generale e personale, sennò ci trasformeremmo tutti in kamikaze dell’opinione libera e selvaggia con conseguenze anche terribbbili con 3 o anche più b!
    Perdona la digressione, me la sono permessa perché ti leggo sempre con interesse e sono molto attratta dalla materia…posso dire da sempre?
    🙂

  3. credo che questi comportamenti rientrino, appunto, in coloro che non vogliono l’aiuto. tu prova ad aiutarli e vedi se lo apprezzano o ne fanno tesoro della mano tesa… io per esperienza ti dico di no. quando sono pronti a. cambiare, chiederanno aiuto con chiarezza. è un dispiacere vederli così, ma pensare di aiutarli senza il loro consenso o la loro volontà porta un po’ a sostituirsi agli altri e rischia anche di sfociare in abusi anche non volendo.

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