Spiritualità e psicologia: bypass spirituale
Il Jung Italia ha già dedicato un post molto gettonato circa le dinamiche d’uso delle 🔎Pratiche Orientali secondo lo psichiatra svizzero C.G. Jung, un post che ben spiega come la via orientale è assolutamente impercorribile per un occidentale se non dopo aver acquisito un certo assetto mentale e tenendo conto di alcune premesse antropologiche, epistemologiche e psicologiche necessarie.
Qui di seguito un fenomeno relativo a quello che oggi possiamo chiamare Il mito della spiritualità, e più specificamente parleremo di Bypass Spirituale.

Il Bypass Spirituale è in agguato
Articolo di Fabiana Fondevila
Tisei rifugiato talvolta nella Spiritualità per evitare di affrontare un aspetto doloroso della tua Vita? Lasciato correre abusi nel nome della compassione?
Ti sei mai fatto scudo delle tue convinzioni più elevate per evitare di sentire gelosia o rabbia, considerandole emozioni “poco spirituali”?
Se la risposta a qualcuna di queste domande è positiva sei in buona compagnia.
La maggior parte delle persone che fanno un cammino spirituale restano vittime di tale inganno, che lo psicologo statunitense John Welwood chiamò nel 1984 ‘Bypass Spirituale’.
Di fatto, è una circostanza tanto comune nella pratica spirituale che pochi ne riconoscono la frequenza e i pericoli che essa nasconde.
Autori come Ken Wilber e Robert Masters avvertono che molti consiglieri spirituali e psicologi transpersonali favoriscono, con le migliori delle intenzioni, questo errore, proponendo la ricerca spirituale a coloro che cercano il loro aiuto per problemi di altra natura (cognitivi, psicologici, fisici).

Lo psicoterapeuta Robert Masters nel suo libro ‘Bypass Spirituale’ scrive:
- Quando la Spiritualità ci sconnette da quanto è veramente importante’ dice che la nostra difficoltà a tollerare e far fronte alla nostra ombra personale e collettiva è la spinta che ci conduce a cercare la spiritualità come rifugio o soluzione facile ai nostri problemi.
In questo caso, le Pratiche o ciò in cui crediamo non aiutano ad elevarci ma soltanto ad evitare il faticoso transito dentro l’esame di noi stessi e l’auto osservazione, a zittire la voce interiore che ci dice che qualcosa non va, a nascondere sotto il tappeto i conflitti e le difficoltà che chiedono di essere affrontati.
Così lo descrive John Welwood, che coniò il termine a partire da ciò che osservava nella sua comunità di praticante buddisti, e in se stesso:
“Quando caschiamo nel ‘Bypass Spirituale’ usiamo la meta dell’illuminazione o liberazione per razionalizzare ciò che chiamo ‘trascendenza prematura’. Proviamo ad elevarci oltre il lato reale della nostra umanità prima di esserci confrontati veramente con essa, e averne fatto pace. Cerchiamo inoltre di usare la verità assoluta per squalificare le nostre necessità umane, le nostre difficoltà nei rapporti o il nostro scarso sviluppo. Credo che questo è una specie di pericolo proprio delle pratiche spirituali, posto che la spiritualità porta con sé l’idea di andare oltre la nostra condizione karmica attuale”.
In che maniera si manifesta questa tendenza nelle persone?
In un atteggiamento di distacco eccessivo, con la repressione di certe emozioni (la tendenza ad anestetizzare la tristezza o la rabbia), o attraverso una compassione cieca, un’inclinazione esagerata verso ciò che è positivo, ignorando o prendendosela contro i propri aspetti ombra (gli aspetti di se stesso male interpretati).
Nei casi più estremi può presentarsi come Delirio di Illuminazione.
Questa tendenza viene chiamata anche ‘inflazione spirituale’, con riferimento al fatto che tutto può trascendersi a forza di luce e volontà.
Ma già C.G. Jung avvertiva:
Uno non raggiunge l’illuminazione fantasticando sulla luce ma rendendo cosciente l’oscurità.
🔎 LEGGI: Possiamo adottare le pratiche orientali? Si, ma senza scimmiottarle! (Jung e l’Oriente)
Un esempio che porta Welwood, in relazione alla pratica del buddhismo in occidente:
Se uno vuole praticare il distacco rinnegando il proprio bisogno d’amore, l’unico risultato che ottiene è di respingere questa necessità nell’inconscio, luogo dal quale probabilmente si manifesterà in forme potenzialmente pericolose.
Spiega il terapeuta:
È facile usare concetti come ‘la Verità del Vuoto’ in una maniera distorta. L’insegnamento è che i pensieri e le emozioni non hanno un’esistenza reale, che sono soltanto illusioni del Samsara, e che pertanto non dobbiamo prestare loro attenzione. ‘Devi riconoscerle come forme vuote e passare oltre’ è il consiglio che ricevono i discepoli. Questo può essere utile nell’ambito della pratica, però nelle situazioni della vita queste stesse parole possono essere usate per reprimere o negare emozioni che richiedono la nostra attenzione. Me ne sono accorto in numerose occasioni.
Sottolinea lo stesso autore:
Temo che ciò che molti buddisti occidentali stiano praticando non è distacco, ma evitamento del distacco. Questo non è liberazione dall’attaccamento, è un’altra forma di attaccamento: si attaccano alla negazione delle loro umane necessità, per sfiducia nell’Amore.
Questo fenomeno si associa in parte con l’esplosione di interesse per la spiritualità negli anni ’60 e con l’adozione da parte dell’occidente di pratiche e saperi dell’Oriente: e anche con la distorsione di queste pratiche e credenze in quello che si è chiamato ‘spiritualità di rapido consumo’.
Ciò non è tuttavia esclusivo delle tradizioni orientali, anche la preghiera può esser usata come un modo per evitare di prendere contatto con le ferite psicologiche e i dolori del cuore.
Quello che è certo è che non c’è nulla di istantaneo nel processo di crescita spirituale. Coloro che in quest’ambito raggiungono una certa maturità lo fanno con anni di lavoro interiore e sincerità. Per usare il linguaggio di Welwood, in essi il frutto cade dall’albero per via del peso, invece di essere colta prematuramente dai rami.
C’è in questi Uomini temprati spiritualmente, siano Monaci, Maestri o Sciamani, una caratteristica di integrità e radicamento. Non sono anime disincarnate né vogliono sembrarlo. Non sono, né si pretendono, al di là di nulla.
Per questo sono capaci di abbracciare la complessità di quelli che li circondano con amore, e di mostrare il Cammino verso una Reale Trascendenza, senza scorciatoie né illusioni di Santità, con semplice vocazione Umana.

Possiamo adottare le pratiche orientali? Si, ma senza scimmiottarle! (Jung e l’Oriente)
Molto interessante. Sono venuto a contatto con la nozione di “Spiritual Bypassing” dalla lettura dei testi di Anselm Grun, e mi è sempre sembrato un concetto fondamentale per evitare facili ma deludenti scorciatoie verso il mondo spirituale, appena tentativi di eludere il lavoro su di sé…
Grazie,
Marco
Secondo me c’è un bel “traboccetto” sia nel comprare la tesi di questo articolo, così come nel “bypass spirituale”…
È proprio nel vedere, da parte della Vita stessa, che dentro al corpo non c’è alcuna entità chiamata “me” che il vero cosiddetto “lavoro su di sé” inizia.
E ciò include anche tutte le tematiche del corpo/mente che, finalmente libero dal fantasma di essere un qualcuno, rivela tutto quello che c’è da rivelare, e ora può venire tutto a galla… Ciò che è prima, che è ciò che indica l’autrice dell’articolo, è solo una buona preparazione.
Completamente d’accordo con le sue/tue considerazioni.
I nomi che diamo alle cose, alle esperienze, alle idee sono etichette che dovrebbero durare lo spazio/tempo del loro pronunciarle. Invece la mente ad esperienze e concetti attribuisce una durevole vitalità, del tutto illusoria.
Sant’Agostino diceva “tutto è bene” . Se nella vita d’ognuno fosse percepito il “presente” come testimonianza, potremmo cogliere come ogni fatto “accade” con la stessa indipendenza dalla nostra volontà con cui una foglia si stacca da un ramo. La grande energia della vita che assolve al solo compito di portarci “un passo innanzi”. Ciò attraverso la mutevolezza di uno stato di coscienza sempre più consapevole.
L’articolo mi era piaciuto molto, fino al momento in cui avete tirato fuori i libri di quel noioso di Tolle… non so mai riuscito a farmelo piacere sui libri ma dai video è OSCENO.
Avete citato Wilber.. non era meglio proporre uno dei suoi libri?
detto queto bell’articolo, adesso vado a spulciarmi gli altri articoli
manolo
[…] La falsa spiritualità che inflaziona la psiche. Cos’è il “Bypass Spirituale”? […]
[…] articolo di Fabiana Fondevila, tratto da Jungitalia.it […]
[…] – John Welwood – Macrolibrarsi – John Welwood – Amazon – Da: jungitalia.it […]
Che tale fenomeno avesse un nome specifico non lo sapevo ma ho vissuto personalmente in gruppi buddisti ciò che viene descritto nell’articolo. Infatti ne sono uscita piuttosto delusa, sono per la maggioranza luoghi che permettono il distacco dal vivere ma con modalità di rifiuto, di “fuga” nascosta. Non credo che venga raggiunta una vera consapevolezza.
Articolo equilibrato, non del tutto condivisibile. Nel buddismo zen la meditazione è chiamata zazen, che significa semplicemente seduti. E’ una posa equilibrata dove si è naturalmente presenti a ciò che avviene senza aspettarsi illuminazioni di sorta o componenti mistiche. Su questo Jung ha avuto le idee confuse, anche riguardo la meditazione degli occidentali. Una critica seria a Jung, sia pure rispettandone l’interesse che giustamente nutriva per queste cose, è contenuta nel libro IL SEGRETO DEL FIORE D’ORO, edito da Astrolabio, a cura di Thomas Cleary, un orientalista inglese, che spiega molto chiaramente nelle sue note di come l’edizione di quel testo studiata da Jung fosse quella curata da Richard Wilhelm il quale fraintende e distorce alcune parole e alcuni insegnamenti. Dunque su questo Jung bisogna dire non era la persona più autorevole del mondo, non come quell’importantissimo mediatore tra l’oriente e l’occidente che fu Alan Watts, conoscitore, anche di persona, e anche estimatore di Jung, che però raccomandava la pratica della meditazione seduta. Se prima o poi bisognerà sedersi, perchè non farlo alla maniera dell’oriente, senza manierismi esotici, essendo attenti a quel preciso momento d’esperienza attuale, così come il Budda era attento alla stella del mattino? E poi ricordiamoci, secondo lo Zen e l’Advaita Vedanta non esiste illuminazione, perchè tutto quanto è illuminazione. Peace…
Chi pensa che il Buddismo sia distacco ha una visione errata dell’argomento. Il Budda si è manifestato per far comprendere che tutti gli essere umani sono dotati di un potenziale infinito, e lo possono sperimentare solo con la vita reale. Sono stata sempre titubante di chi esalta gli animi spirituali solo per chissà quale misterioso potere sovrannaturale. La buddità è saggezza, è saper cogliere gli eventi della vita senza paura, perché l’altra faccia della medaglia è il coraggio. Sono d’accordo su alcune cose dell’articolo ma su altre no. Se a noi occidentali vengono difficili certe pratiche spirituali orientali è perché da secoli hanno sempre scisso il corpo e la mente( anima,spirito o etc), pensando che siano due corpi assestanti. La realtà fenomenica è difficile da comprendere, ci vuole tanto allenamento interiore, non distacco dalle problematiche, la forza giusta e necessaria per attivare una decisione di rinnovamento, che non è una meta ma si costruisce piano piano fino al punto di morte
È un argomento quantomai attuale, è onnipresente in ogni circolo di crescita spirituale. L’articolo è solamente un accenno, ne tocca solamente la superficie. Il bypass spirituale ha ramificazioni complesse in ogni dimensione esistenziale: corpo, emozioni, mente, relazioni, realtà fisica.
Ne ho parlato qui: http://essereintegrale.com/bypass-spirituale-conoscerlo-superarlo/
Agostino grazie mille per questo tuo articolo d’amplificazione enormemente esaustivo e pieno di buone informazioni.
L’ho letto e l’ho trovato utile o molto ben fatto!
Saluti,
Emanuele Casale
L’articolo mi è piaciuto, ma non condivido tutto, il buddismo non è distacco dalla realtà, ma si basa su una profonda conoscenza interiore, tra armonia corpo mente, non dualità, sofferenza gioia, morte vita un unica cosa, Si basa sul pensiero positivo, sul non seguire le persone, ma i concetti fondamentale di questa filosofia, quindi non le persone, ma il propio io la propria rivoluzione interiore,quindi non è assolutamente un rifugio.
[…] Io una mia idea c’è l’ho bella chiara ma la esporrò nel prossimo articolo perché prima voglio affidarti a chi ne sa più di me, per questo metto il link a questo articolo di Fabiana Fondevila citato su Jung Italia. […]