La psicologia “junghiana” oggi. Sviluppi contemporanei e sguardo alla complessità

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Gli sviluppi della psicologia moderna.

Recensione al libro: Psicologia Analitica. Prospettive contemporanee di analisi junghiana

Questo libro merita una premessa d’apertura di ampio respiro e che riguarda il mondo della psicologia in generale, in particolare quella analitica, chiamata spesso erroneamente anche “junghiana”.

È forse uno dei libri più importanti nello scenario della psicologia attuale, soprattutto per gli addetti italiani, che rimangono indietro sempre di decadi in termini di letteratura scientifica e sviluppi.

Prima di presentarti il libro farò dunque una breve introduzione – ma vedrai che è necessaria – intrisa di alcuni stralci di Jung e curiosità… Ma se ti annoia 😀 e vuoi andare direttamente al contenuto del libro presentato, scorri in basso all’ultimo paragrafo.

Alla fine del post troverai bibliografia essenziale sul tema psicologia junghiana oggi.

BUONA LETTURA!


📚  PS: se sei nuovo al tema o comunque hai iniziato da poco ad interessarti a Jung e alla psicologia analitica, ti lascio qui due post-guida che sono serviti già a centinaia di lettori 🙂

Psicologia analitica prospettive contemporanee Joseph Cambray edit
QUI IL LIBRO RECENSITO! Psicologia analitica. Prospettive contemporanee

Cosa NON è la Psicologia Analitica? Una premessa.

(di Emanuele Casale)

Q uando parliamo di psicologia moderna, analitica, complessa, junghiana, stiamo in realtà parlando all’incirca della stessa psicologia.

La psicologia analitica, chiariamo subito, NON è psicoanalisi, bensì la include in buona parte. Iniziamo già qui ad entrare in un’orizzonte “complesso”…

Secondo alcuni dei più illustri e autorevoli psicologi, storici e scienziati contemporanei (tra cui Zoja, Samuels, Shamdasani, Carotenuto, Cambray, ecc.) la psicologia moderna è in gran parte “junghiana” e non lo sa.

Già, A.Samuels nel suo esemplare saggio Jung e i neo-junghiani sottolinea che la psicologia moderna è junghiana e non lo sa, coniando anche un buffo termine, che è quello di “junghiano inconsapevole”. Lo stesso Carotenuto ricalca questa posizione evidente scrivendo nella prefazione al libro di Samuels:

la definizione di Samuels di “junghiani inconsapevoli”. (…) molti analisti oggi, senza saperlo, usano nelle loro teorie, ma soprattutto nella loro prassi, dei concetti tipicamente junghiani. Questa inconsapevolezza non dipende soltanto da un rifiuto inconscio di accettare le idee di colui che è considerato un eretico ma da una vera e propria ignoranza, che lungi dall’essere celata, viene anzi ammessa pubblicamente.

Jung e i neo junghiani Andrew Samuels
Jung e i neo-junghiani (Samuels)

Samuel inizia il libro sottolineando subito la contemporaneità di Jung e del suo seguito:

Per quanto riguarda l’interesse per Jung (…) riguardo l’applicabilità clinica delle sue idee, è stato possibile scoprire in lui un pensatore e psicoterapeuta di sorprendente modernità, capace di anticipare nel modo più assoluto molti degli sviluppi successivamente subiti dalla psicoanalisi e dalle altre forme di pensiero psicologico. Come, nel suo monumentale “Freud and his followers”, ha detto Roazen: “Sono poche le figure di rilievo della psicoanalisi di oggi che avrebbero qualcosa in contrario se un analista esprimesse idee identiche a quelle che Jung aveva nel 1913“(1976, pag.272)

Continua:

Un elenco degli esempi che mostrano come la psicologia analitica neojunghiana sia in sintonia coi vari sviluppi della psicoanalisi rivela che non solo Jung fa parte del filone principale della pratica terapeutica ma che di fatto, in un certo senso, l’analisi e la psicoterapia di oggi sono «junghiane». C’è veramente bisogno di coniare un nuovo termine, quello degli junghiani inconsapevoli. (…) Gran parte dell’analisi e della psicoterapia moderne hanno un pronunciato sapore junghiano (…)

È in lavorazione un altro articolo molto specifico su questo tema che non sarà argomento di questo post per ovvie ragioni. Ricordo solo di come Samuels nel suo testo va ad analizzare le correlazioni e analogie teoriche del lascito junghiano o neo-junghiano in relazione alla psicologia generale, dinamica, psicoanalisi fino addirittura alla neuroscienza (di quest’ultima correlazione se ne parla più avanti nella recensione del libro)

Jung e la creazione della psicologia moderna (Sonu Shamdasani)
Jung e la creazione della psicologia moderna (Shamdasani)

Ma allora che “tipo” di psicologia ha lasciato Jung?

Lo scenario che si apre con questo libro che andrò a recensire – del tutto specialistico e adatto ad un pubblico già con buone basi di psicologia analitica, generale e neuro – è uno scenario perfettamente armonico con le premesse di una Psicologia Generale e Complessa, promossa fin dall’inizio della sua carriera da Jung stesso.

Questo tipo di psicologia è quella che aveva in mente lo psichiatra svizzero quando esprimeva a più riprese:

Per fortuna sono Jung, e non sono junghiano!

traducibile anche – tra i vari significati – con la semplice constatazione che non dovrebbe esistere una psicologia d’orientamento autonomo che assomigli ad una sorta di autocelebrazione della propria filosofia di vita e della propria visione del mondo.

Libri su Jung
La psicologia di C.G.Jung (J.Jacobi)

Non a caso, come ci ricorda bene Shamdasani (lo storico attualmente più autorevole di psicologia), la psicologia junghiana non esiste propriamente, Jung non definì mai la sua psicologia col termine “junghiana”, bensì col termine “complessa” (suggerito da Toni Wolff) o “analitica” (quest’ultima specificando che riguardava solo le “tecniche” applicative in contesti terapeutici/clinici, mente l’accezione “complessa” si sarebbe riferito ad una psicologia generale teorica e multidisciplinare).

Inoltre a livello storico sembra essere l’unico pioniere che non ebbe la necessità di creare un orientamento proprio e con relativi glossari e “chiese” (A tal riguardo puoi anche leggere, tra i tanti, Fatti e artefatti su Jung di Shamdasani)

Per Jung le visioni del mondo sono assolutamente inevitabili, la soggettività è imprescindibile dalla formulazione teorica. Ogni teoria proviene dall’equazione personale dello studioso, da cui nasce un lavoro che è intriso – ineluttabilmente – dalla propria soggettività e orientato secondo la propria Tipologia PsicologicaÈ questa certamente una ricchezza.

Jung a Eranos - Il progetto della psicologia complessa
Jung a Eranos. Il progetto della psicologia complessa (R.Bernardini)

Il passaggio da evitare dunque, secondo Jung, è l’autoreificarsi di queste varie psicologie, o visioni del mondo.

Egli è ben consapevole di questa malsana abitudine – tutt’altro che onesta – quando scrive, nell’opera Tipi Psicologici:

Supporre che non esiste che una sola psicologia, un solo principio psicologico fondamentale, significa accettare l’insopportabile tirannia del pregiudizio scientifico dell’uomo normale.

Dunque una psicologia complessa che non prevede in alcun modo l’illusoria autonomia o la stretta specializzazione – sognata e mai realizzata – bensì che aspira ad un mettere insieme i punti in comune dei vari orientamenti e filoni teorici fin laddove è possibile, discernendo con competenza i contributi che sono realmente validi da quelli che non lo sono più (come ad esempio alcune premesse epistemologiche e contributi di Freud – o altri – che oggi rivestono un valore più storiografico che clinico/scientifico)

Psicologia Analitica
C.G. Jung

Questo modo di fare psicologia è comune in realtà a tutte le altre scienze (fisica, biologia, chimica) e venne denominata da Jung psicologia complessa,  ovvero delle complessità, una vera e propria psicologia encicolpedica che, per quanto ambiziosa potrebbe sembrare, è in realtà una sana idea regolativa (Kantianamente parlando) o un atteggiamento vero e proprio, che a certi livelli è già presente in altri ambiti scientifici come quelli della fisica, della medicina, della biologia.

(I Fisici o i Biologi non si sognerebbero mai infatti di creare orientamenti autistici come ad  esempio “La Fisica Einsteiniana, o Heisenberghiana”. Gli psicologi sono gli unici invece a permettersi questo “lusso”)

La psicologia analitica. Una scienza moderna (M.Fordham)
La psicologia analitica. Una scienza moderna (M.Fordham)

Le varie scienze collaborano tra di loro e – necessariamente – le scoperte e le rivoluzioni apportate in una disciplina specifica può avere conseguenze epistemologiche – di riflesso – su tutte le altre discipline.

(Ad esempio quando vi è una scoperta specifica in fisica circa la materia questa scoperta va di riflesso a modificare la cornice teorica della chimica o della biologia e così via)

È quello che in gran parte ha smesso di accadere nel campo della psicologia moderna e della psicoterapia, incluso la psicoanalisi.

Tra queste varie psicologie spicca però, a livello internazionale, la peculiare tendenza della Psicologia Analitica (o Complessa) che diversamente o in maggior misura rispetto alle altre, si è sempre impostata come dapprima una psicologia generale, una psicologia che si affaccia alla poliedricità della Psychè e dell’essere umano il più a trecentosessanta gradi possibile, e facendo riferimento anche a tutti gli altri orientamenti esistenti, in misura diversa e a seconda delle finalità di ricerca o cliniche.

Dunque, in una buona misura, ciò che per Jung era il sogno di una scienza (Shamdasani, 2003) è stato in parte realmente realizzato in alcune fette della scienza psicologica contemporanea.

Questo libro infatti lo dimostra ampiamente, ma così come questo anche altri autori di altre parti del mondo ne parlano e insieme hanno scritto altrettanti importanti saggi come Il pensiero junghiano nel mondo moderno o l’altro bellissimo e imprescindibile saggio di SamuelsJung e i neo-junghiani

Psicologia analitica prospettive contemporanee di analisi junghiana

Per Jung:

non c’era alcun campo del comportamento umano che fosse irrilevante per la psicologia. (…) Assunse come compito il detto di Terenzio “nulla di umano mi è alieno”. (…) Lo testimonia la gamma di temi che ha discusso nel corso della sua opera. L’aspetto enciclopedico dell’iniziativa di Jung la separa anche dalle altre psicologie moderne e costituisce il suo tratto distintivo. (…) Il modo in cui tentò di sviluppare la propria psicologia andava contro la specializzazione autonomizzata che, in generale, era in voga in psicologia. (Shamdasani, 2007)

In questa sua visione Jung era però consapevole di un aspetto fondamentale, che egli stesso palesava in una lettera del 1913 ai curatori dell’appena fondata “Psychoanalytic Review”:

È al di là delle forze dell’individuo, più particolarmente dei medici, dominare l’ambito multiforme delle scienze dello spirito, la qual cosa getterebbe un po’ di luce sull’anatomia comparata della mente…Abbiamo bisogno non solo del lavoro degli psicologi medici, ma anche di quello dei filologi, degli storici, degli archeologi, dei mitologi, degli studiosi di folklore, degli etnologi, dei filosofi, dei teologi, dei pedagoghi e dei biologi. (Shamdasani, 2007)

Ciò che troviamo all’interno di questo libro rimanda proprio a quella tendenza della Psicologia Analitica ad abbracciare – per davvero – questa necessità epistemologica a cui Jung mirava, e che risulta imprescindibile soprattutto in psicologia, giacché, ricordiamolo, è impossibile incapsulare la fenomenologia psichica e l’anima in un sistema teorico univoco, unilaterale.

Il mito di Jung Von Franz
Il mito di Jung (Von Franz)

Jung è stato il primo psicologo al mondo a riconoscere la necessità della pluralità della psicologia e della psiche stessa (Ellenberger; Shamdasani)

Il libro che andrò a recensire presenta dunque un vasto orizzonte di tematiche di origine prettamente junghiana che nel corso dei decenni – grazie ai collaboratori di Jung e le generazioni successive di analisti junghiani e psicologi – è diventato patrimonio e base della psicologia moderna e della psicoterapia in generale.

I curatori del saggio, Joseph Cambray, analista junghiano e ricercatore (phd), e Linda Carter, psicologa analista, hanno raccolto in questo volume diversi contributi di psicologi e scienziati che si occupano degli sviluppi di alcune tematiche di psicologia del profondo, sottolineandone la contemporaneità e i relativi studi e aggiornamenti svolti fino ad oggi in ambito multidisciplinare.

Di seguito un riassunto dei capitoli del libro in esclusiva per il Jung Italia!!

psicologia moderna
QUI IL LIBRO!

Recensione e riassunti brevi dei capitoli

1 CAPITOLO – Storia della Psicologia Analitica:

Il primo capito del libro scritto da Thomas B.Kirsch (Phd, Psichiatra Junghiano, ed Ex Presidente dello IAAP, San Francisco).

È un capitolo interessante per via della ricostruzione cronologica e dettagliata che l’autore fa circa la nascita dei vari istituti di formazione Junghiana nati a partire dagli anni 40 quando era in vita lo stesso Jung.

Si parte dal primo istituto in Svizzera (da cui poi si divise un gruppo di analisti che seguivano uno junghismo a loro detta più ortodosso e con a capo Marie Louise Von Franz), a seguire i successivi istituti che videro la luce, e di cui Jung ne seguì in piccola parte la loro nascita, furono in successione quelli negli Stati Uniti (New York, San Francisco, Los Angeles), in Gran Bretagna e in Germania.

2 CAPITOLO – Archetipi. L’emergenza e la struttura profonda della psiche:

scritto da George Hogenson, analista junghiano e ricercatore (phd), apporta una straordinaria disamina del concetto di archetipo, andando a riprenderne le radici nelle scienze biologiche contemporanee.

È un importante contributo dell’autore, già molto noto nel campo con le sue pubblicazioni al riguardo risalenti al 2001, che fornisce una dimensione anche materiale dell’archetipo, riallacciando psicologia e biologia.

È un primo serio e scientifico tentativo di spodestare la teoria degli archetipi dalle mosse intellettualistiche, e alle volte troppo metafisiche, di una buona fetta di junghiani – e critici mal informati – che dimentica l’innervazione nella materia di queste fenomenologie psicologiche, ovvero, una delle due polarità dell’archetipo (che per Jung aveva una caratteristica psicoide – materiale e psichico) che agisce costantemente nella vita.

Il tema “archetipo” viene infatti qui affrontato da una originale e attuale prospettiva evoluzionistica/evolutiva da cui ne deriva un modello emergentista della psiche, che di certo – come scrive Hogenson – non è l’unico possibile, ma arricchisce enormemente lo scenario e la comprensione che abbiamo sugli archetipi in ambito psicologico. Non a caso l’autore delinea anche le differenze più rilevanti tra i vari contributi sul tema come quelli di Hillman e altri autori.

3 CAPITOLO – Aspetti Evolutivi della Psicologia Analitica: Nuove prospettive dalle Neuroscienze cognitive e dalla teoria dell’attaccamento:

scritto da Jean Knox, ricercatrice (phd) analista e psichiatra junghiana, delinea un modello della psiche junghiano contemporaneo da una prospettiva evolutiva combinato alla teoria dell’attaccamento e in relazione alla psicoanalisi.

La prospettiva sull’archetipo in questione differisce da quella di Hogenson pur rimanendo in un paradigma emergentista.

L’autrice affronta varie tematiche junghiane come il complesso, l’individuazione, le fantasie, arricchendole con contributi e correlati specifici in ambito neurofisiologico, corroborando e amplificando molte di queste fenomenologie già ampiamente trattate e in via di sviluppo in Psicologia Analitica.

4 CAPITOLO – Comprendere la coscienza attraverso la teoria dei Tipi Psicologici:

scritto da John Beebe, Psichiatra e analista Junghiano (ah! Vado fiero di dirti che io e l’amico-doc Alessio D’Angola siamo andati ad incontrare di persona Beebe per un’intera giornata a Roma, in una lezione magistrale e specialistica sugli sviluppi dei Tipi Psicologici da lui tenuta!!) è molto interessante per via degli sviluppi che l’autore apporta alla Tipologia Psicologica in ambito teorico e clinico. Vi è qui un originale e importante allargamento della Tipologia. L’autore collega – attraverso osservazioni cliniche – gli archetipi alla tipologia, e ci fa notare come ogni funzione psichica (pensiero, sentimento, intuizione, sensazione) può essere collegata a specifici archetipi (come ad esempio la funzione primaria all’archetipo dell’Eroe/Eroina).

5 CAPITOLO – Una rivisitazione dei metodi analitici:

scritto dai due curatori del saggio, Joseph Cambray e Linda Carter, ci apre uno scenario molto ampio sulle attuali frontiere e sviluppi circa i metodi analitici.

Questo è uno di quei capitoli che si dovrebbe consigliare ad ogni psicoterapeuta ed analista di qualsiasi orientamento, perché contiene il presente e il futuro della psicoanalisi e della psicoterapia.

I due autori qui sottopongono ad un’ampia analisi alcuni aspetti dei metodi analitici di origine junghiana, come la funzione trascendente, l’immaginazione attiva e i sogni, comparandoli ai contemporanei modelli emergentisti, sottolineando l’importanza e l’imprescindibilità di questi temi che oggi vantano di ancor un maggiore valore e importanza date dai risultati delle ricerche provenienti dalle scienze cognitive e dalle teorie sulla complessità. (non che queste ultime dovessero validarne l’efficacia giacché in ambito clinico già vantano di efficacia, sia chiaro, ma è comunque un qualcosa in più che va ad aggiungersi e comunque proveniente da un altroo “versante”)

6 CAPITOLO – Transfert e Controtransfert: prospettive contemporanee:

scritto da Jan Weiner, analista junghiano e supervisore, è molto ricco di informazioni e bibliografia utile sulla tematica del transfert e del controtransfert.

L’autrice, attraverso la sua esperienza clinica e la comparazione fra  diverse teorie, affronta la questione sul transfert e il controtransfert sottolineandone gli sviluppi contemporanei e di come essi, all’interno dello stesso ambito junghiano, siano a volte molto differenti tra loro e divergenti, ma non per questo incompatibili.

Per fare ciò l’autrice ci porta per mano attraverso una breve ma dettagliata ricostruzione storica degli scritti e delle impressioni di Jung e Freud sul transfert e controtransfert.

7 CAPITOLO – La teoria emergente dei complessi culturali:

scritto da Thomas Singer (ricercatore e psichiatra/analista junghiano) e Samuel L. Kimbles (ricercatore, psicologo clinico e analista), tratta di uno sviluppo interessante sulla nota teoria dei complessi.

[ 🔎 Qui trovi un articolo del blog dove si spiega molto estesamente cosa sono i complessi ]

I complessi, noti già con P.Janet a fine ottocento e poi ripresi da Jung che ne delineò la struttura e il funzionamento in ambito psichiatrico/psicologico, erano stati affrontati finora in un’ottica che vedeva il complesso contenuto esclusivamente nella psiche dell’individuo singolo.

Attraverso varie osservazioni cliniche e teoriche gli autori ci delineano la struttura dei complessi culturali che possono venirsi a formare nel collettivo e nei gruppi, tentando di descrivere le varie dinamiche – mai escludentesi tra loro – che si vengono a creare tra il livello personale e quello collettivo della psiche.

Qui gli autori ampliano anche il concetto clinico di trauma ripreso da Donald Kalsched 🔎, dimostrando l’importanza dei complessi culturali all’interno e tra i gruppi.

8 CAPITOLO – Aspetti spirituali e religiosi dell’analisi moderna:

scritto da Murray Stein, ricercatore (phd) e analista junghiano, (anche lui ho avuto l’onore di conoscerlo, ascoltarlo e fargli anche una domanda sul tema “Jung e reincarnazione” – a Roma, presso l’AIPA) affronta il lavoro clinico sui pazienti sottolineandone gli aspetti religiosi o spirituali che ne emergono in maniera spontanea.

Stein ci ricorda, echeggiando Jung, come sia indispensabile, per gli analisti odierni e futuri, prendere necessariamente in considerazione la dimensione spirituale nella pratica analitica, di come questa emerge e si dipana nel corso del tempo analitico.

9 CAPITOLO – Sincronicità come emergenza:

scritto dal già citato Joseph Cambray (co-curatore del saggio), riesamina il concetto di sincronicità. Interesse principale dell’autore è ri-contestualizzare la sincronicità all’interno della contemporanea teoria della complessità e attraversandola da una dimensione emergentista.

L’accento importante è posto qui anche sul senso pratico della sincronicità, di come il professionista possa – e deve – trarci qualcosa  nella pratica psicoterapeutica in generale.

10 CAPITOLO – L’atteggiamento etico nel training e nella pratica analitica: 

scritto da Hester McFarland Solomon, vice presidente dello IAAP e analista, esperta e nota per i suoi interventi e approfondimenti sull’etica in ambito psicologico.

Viene qui elaborato un excursus storico su come veniva vissuta in analisi la dimensione etica da parte di Freud, Jung, Klein, per poi arrivare a varie constatazioni neuroscientifiche che sembrano palesare come la funzione etica della psiche sia connaturata allo sviluppo normale dell’essere umano.

Psicologia analitica prospettive contemporanee Joseph Cambray edit
QUI IL LIBRO!!

Il saggio infine si chiude con una esemplare nota conclusiva di Beverley Zabriskie, analista junghiana, che ci ricorda come

in molti campi le ipotesi di Jung si stanno dimostrando valide. Le premesse psico-fisiche del test di associazione delle parole e i profili fondamentali della sua tipologia, benché reificati, sono stati inglobati nella cultura. Seppure talvolta fraintesi, sia il termine di archetipo e sempre più anche quello di sincronicità sono di uso comune.

(…) le sue ipotesi sulla mente sono confermate dallo studio del lavoro del cervello. 

Le analogie informate e intuitive per le sue deduzioni sulla natura della realtà sembrano sempre più plausibili man mano che gli ordini impliciti della nostra esistenza sono resi sempre più espliciti dalle scienza naturali.

FINE.

(di Emanuele Casale)

Qui un link d’approfondimento molto ben fatto:

Bibliografia generale e libri consigliati sull’argomento:

1) Sonu Shamdasani (2003). tr.it. Jung e la creazione della psicologia moderna. Il sogno di una scienza

Psicologia Moderna Jung

2) Elphis Christopher & Hester McFarland Solomon (Eds.). (2003). Il pensiero junghiano nel mondo moderno.

Il pensiero junghiano nel mondo moderno Elphis Cristopher

3) Andrew Samuels (1989). Jung e i neo-junghiani.

Jung e i neo junghiani Andrew Samuels

4) R.K.Papadopoulos (Ed.). (2009). Manuale di Psicologia Junghiana.

Libri psicologia junghiana

7) Aldo Carotenuto. Jung e la cultura del XX secolo

Jung Modernità Carotenuto

8) Marie Louise Von Franz (1972). Il mito di Jung.

Il mito di Jung Von Franz


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