Cambiare il mondo, cambiare la società, cambiare la politica, o peggio ancora cambiare il mondo e la società attraverso la politica. Il titolo è volutamente provocatorio. Dopo secoli di storia e un secolo di psicologia del profondo dovremmo avere imparato che i macro-sistemi e il mondo in generale poggia su principi non solo causalistici ma anche acausali, e per questo una mera mentalità causalistica e meccanicistica non ha mai cambiato qualcosa di così grande come la società.
Introduzione di Emanuele Casale
Tutti predicano a tutti e nessuno sembra comprendere la necessità che il cammino del miglioramento cominci direttamente da se stessi, anche se è una verità tanto semplice. (Jung – in una lettera a Serrano)
Un’introduzione al tema è d’obbligo, essendo “complesso”. Ma se non vuoi subirti questo pippone/flashone che seguirà, puoi saltarlo e leggere direttamente gli interessanti estratti tematici più giù.
Quando Jung ci parla di politica in toni molto aspri, come in questo 📝 post psico-politico molto discusso in questi giorni su facebook, in realtà non sta parlando di politica in senso stretto, bensì dei principi psicologici promotori di movimenti collettivi e soggiacenti ogni fare politico.
[ 📝 Leggi il tanto discusso articolo: Il mito di cambiare il mondo attraverso la politica: psicologia di un’illusione ]

L’illusione di voler cambiare il mondo è infantile
(Marie Louise von Franz)
Io e altri studiosi abbiamo spesso sentito dire in alcuni incontri sul tema o nei commenti facebook al post prima citato, che queste parole di Jung sulla politica (quelle che trovi qui e quelle che seguiranno nell’articolo) non sono più valide o dovrebbero essere contestualizzate nei tempi moderni perché la politica cambia e i contesti anche…
Potremmo essere d’accordo su questa cosa solo se però Jung parlasse realmente di ideologie politiche, o di “fare politico”, di piani politici e cose del genere…
Ma il problema è che Jung non sta parlando di politica, bensì di quei principi psicologici che le stanno dietro, e che quindi hanno a che fare con dinamiche e dominanti archetipiche (anche) oltre che culturali.
Queste dinamiche archetipiche sono universali e riguardano anche quelli che in psicologia complessa vengono chiamati “complessi culturali”, studiati recentemente da autori come Thomas Singer e Samuel L.Kimbles
[ 📝 Leggi anche: Cosa sono i complessi in psicologia? ]
Dunque le parole di Jung valgono oggi così come allora senza dover contestualizzare di una virgola quello che lascia detto e questo perché tutto ciò ha a che fare con quello che Bergonzoni chiama ante-politica, ovvero ciò che viene prima della politica (o di un qualsiasi altro movimento), dunque le dinamiche psicologiche collettive e individuali che sono premesse di ogni singola filosofia, politica, comportamento e azioni collettive.
Già, perché spesso si dimentica che la politica proviene dalla psiche delle persone, delle masse e degli individui, è un prodotto psichico, e quindi è a rigor di logica – e di pratica! – oggetto di studio psicologico prima di ogni altro studio applicativo o comunque slegato dalla comprensione psicologica.
Per concludere…
La psiche è come un radio, propaga. Un’ottica non solo causalistica

Le parole più silenziose sono quelle che suscitano la tempesta. Pensieri che vengono su piedi di colomba, dirigono il mondo. (Cosi Parlò Zarathustra – Nietzsche)
Mi riallaccio a quei principi non casualistici a cui mi riferivo poco sopra…
Per non cadere in discorsi epistemologici e tecnici troppo complessi, per non tirare in ballo concetti quali CAS (Sistemi Adattivi Complessi), entropia, sintropia, sincronicità, effetto farfalla, ecc. chiediamoci semplicemente:
Ma davvero pensiamo di poter cambiare qualcosa o che qualcosa nella storia del mondo sia cambiata a livello di società e cultura a prescindere dalla presa in considerazione delle dinamiche archetipiche sullo sfondo degli eventi?
Ogni epoca e ogni movimento è sorretto da dinamiche psichiche collettive che mirano ad un’autoregolazione. E se non si comprendono – o quantomeno se non ci si prova – queste dinamiche psicologiche collettive e archetipiche, allora parlare meramente di progetti politici, di politica, partiti e tutte queste belle cose di cui ci si riempie la bocca, resterà un mero esercizio auto-erotico e masturbatorio.

Ovviamente un politico o un policy-maker che sia consapevole di tutte queste dinamiche forse non lo abbiamo mai visto prima, così come un attivista e simili.
La storia del mondo, l’esperienza clinica e individuale, ci dimostrano da tempi immemorabili che gran parte dei mutamenti epocali, ma anche dei mutamenti che ogni giorno assistiamo nella nostra vita individuale in certe occasioni, sono dati non tanto – o solo esclusivamente – da nessi causali, ovvero ragionati, pianificati, coscienti, bensì da nessi a-causali, potremmo dire “magici” per renderci agevole il pensiero.
Una modifica che effettuo o avviene alla mia persona individuale sembra modificare, come per risonanza, l’ambiente attorno a me, ma anche quello lontano da me.
Vediamo che da un’epistemologia causalistica e monodirezionale ci stiamo spostando ad un’epistemologia complessa che in un certo senso include anche una sorta di pensiero magico (per intenderci, non in mero senso antropologico), qualcosa che più che mondano e alla portata di tutti è dato da comprendere soltanto a chi abbia fatto un tale tipo di esperienza o abbia avuto un tale tipo di intuizione: è un discorso per così dire “esoterico”, ovvero non per tutti comprensibile.
La saggezza antica
Lo sapevano bene alcuni antichi saggi, come Lao Tzu, quando diceva:
Il saggio non fa nulla,
eppure cambia il mondo
O Seneca:
Non il cielo sotto cui vivi,
ma l’animo dentro di te
che devi cambiare
O ancora un antico detto cinese tanto caro a Jung che recita:
L’uomo puro, seduto nella sua casa e pensante i retti pensieri, sarà sentito a mille miglia di distanza
Ma ora vi lascio alle parole dei grandi…
BUONA LETTURA!
Jung sull’importanza di partire da sé per migliorare il mondo
“Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiar se stesso.” (Lev Tolstoj)
« (…) non donare nulla all’umanità, ma di farsi carico di una parte del fardello che la grava e di aiutarla a portarlo; soltanto allora gli uomini serberanno gratitudine.»
(C.G.Jung – Da i seminari sullo Zarathustra di Nietzsche, Vol.1, Bollati Boringhieri, p.47)
«L’uomo in pace con se stesso, che accetta se stesso, dà il suo infinitesimale contributo al bene dell’universo. Ognuno presti cura e attenzione ai suoi conflitti interiori e personali e avrà ridotto di un milionesimo di milione la conflittualità del mondo.»
(C.G.Jung)
“A me non interessa il mondo. Mi interessano le persone con cui vivo: il resto del mondo è tutto nei giornali. La mia famiglia, i miei vicini, sono loro la mia vita: l’unica vita di cui posso avere esperienza; il resto è mitologia giornalistica. Non è poi così importante che io faccia carriera o realizzi grandi cose per me stesso.
Ciò che conta e dà senso alla mia vita è che io viva nel modo più pieno possibile per realizzare la volontà divina che è in me. Questo compito mi occupa a tal punto che non mi resta tempo per nient’altro.
Vorrei farvi notare che se tutti vivessimo in questo modo, non avremmo più bisogno di eserciti, né di polizia, né di diplomazia, di politica, di banche. Avremmo una vita ricca di senso e non, come ora, pura follia.
Ciò che la natura richiede al melo è che produca mele e al pero che produca pere. Da me la natura vuole che io sia semplicemente un uomo, ma un uomo cosciente di ciò che è e di ciò che fa. Dio cerca nell’uomo la coscienza. È questa la verità della nascita e della resurrezione di Cristo dentro di noi.
Quando sempre più uomini pensanti arriveranno a questa verità, quella sarà la rinascita spirituale del mondo. Cristo, il Logos: cioè a dire, la mente, l’intelligenza, che risplende nella tenebra. Cristo rappresentò una nuova verità sull’uomo.
Non esiste l’umanità. Io esisto, voi esistete. L’umanità è soltanto una parola. Siate ciò che Dio vuole che siate; non vi preoccupate per l’umanità. Preoccupandovi dell’umanità, che non esiste, eludete il compito di guardare ciò che esiste: il Sé. Fate come l’uomo che, affacciandosi sul campo del vicino, gli dice: “Guarda, un’erbaccia. E un’altra. Perché non zappi più a fondo? Perché non tieni pulita la tua vigna?” E intanto il suo campo, alle sue spalle, è pieno di erbacce.“
(JUNG. Brano tratto dal volume “Jung parla”, Adelphi Edizioni, Milano, 1995 pag 114.)

Ieri ero intelligente, ecco perché volevo cambiare il mondo. Oggi sono saggio, ecco perché sto cambiando me stesso. (Sri Chinmoy)
«Ancora oggi dobbiamo essere estremamente prudenti per non proiettare troppo spudoratamente la nostra ombra; ancora oggi siamo sommersi dalle illusioni proiettate.
Un individuo abbastanza coraggioso per ritirare tutte queste proiezioni è un individuo cosciente della propria ombra. Un individuo siffatto si è accollato nuovi problemi e nuovi conflitti. Egli è diventato per se stesso un serio problema, poiché egli non è più in grado di dire che gli altri fanno questo o quello, che essi sono in errore e che essi devono venire combattuti. Egli vive nella casa dell’accoglienza del sé, del raccoglimento interiore.
Un tale uomo sa che qualunque cosa vada a rovescio nel mondo va a rovescio anche in lui stesso, e che col solo imparare a tener testa alla propria ombra egli ha fatto qualcosa di positivo per il mondo. È riuscito a rispondere a una parte infinitesimale dei giganteschi problemi insoluti dei nostri giorni.
La difficoltà di questi problemi sta in gran parte nel veleno delle mutue proiezioni. Come è possibile che qualcuno veda chiaro quando non vede nemmeno se stesso, né quelle tenebre che egli stesso proietta inconsciamente in ogni sua azione?»
(C.G.Jung – Psicologia e Religione – Storia e psicologia d’un simbolo naturale)

«Oggi si vuol sentire parlare di grandi programmi politici ed economici ossia proprio di quelle cose che hanno condotto i popoli ad impantanarsi nella situazione attuale, ed ecco che uno viene a parlare di sogni e di mondo interiore…tutto ciò è ridicolo, che cosa crede di ottenere di fronte ad un gigantesco programma economico, di fronte ai cosiddetti problemi della realtà.
Ma io non parlo alle nazioni, io mi rivolgo solo a pochi uomini. Se le cose grandi vanno male, è solo perché i singoli individui vanno male, perché io stesso vado male, perciò, per essere ragionevole, l’uomo dovrà cominciare con l’esaminare se stesso, e poiché l’autorità non riesce a dirmi più nulla, io ho bisogno di una conoscenza delle intime radici del mio essere soggettivo. È fin troppo chiaro che se il singolo non è realmente rinnovato nello spirito neppure la società può rinnovarsi poiché essa consiste nella somma degli individui.»
(C.G.Jung – Ricordi, Sogni, Riflessioni)
Non è nel mondo che possiamo cambiare il mondo. È qui, nell’incontro con me, segretamente, è da qui che il mondo intero cambia… (Emanuele casale – Pescara 24/05/2015)

« (Alcune) persone dovrebbero preoccuparsi più di loro stesse e delle loro anime che di predicare alle masse o tentare di trovare la migliore strada per queste. Se fanno così, è perché non conoscono la strada per loro stese.
Disgraziatamente, è una triste verità che, in generale, coloro che non sanno niente di se stessi si dedicano a predicare agli altri, malgrado sappiano che il migliore metodo di educazione è il buon esempio. (…)
Tutti predicano a tutti e nessuno sembra comprendere la necessità che il cammino del miglioramento cominci direttamente da se stessi, anche se è una verità tanto semplice. Tutto il mondo cammina la ricerca di organizzazioni e tecniche dove ognuno possa seguire l’altro e dove le cose possano essere fatte in compagnia e senza pericolo.»
(Jung, in una lettera di risposta a Miguel Serrano. 31 Marzo 1960, Kusnacht)
FINE.
Leggi anche
Carl Jung e la politica: il mito di cambiare il mondo con la politica, psicologia di un’illusione