Psicologia e Politica
La politica è specchio della collettività:
è un sintomo.
«L’unica rivoluzione possibile è quella interiore.» (J.Krishnamurti)
(di Emanuele Casale)
Nel XX secolo grazie alla psicologia del profondo abbiamo compreso (non tutti ancora ci arrivano, e non tutti ci devono arrivare per forza, e va bene anche così) che la politica intesa in senso molto stretto, per intenderci quella politica che vediamo così maleodorante quotidianamente nei giornali, in tv, dalle bocche dei passanti, a lavoro, ovunque…ecco, questa politica è già essa stessa lo specchio della coscienza e incoscienza media della collettività.
Essa è già l’effetto di una predisposizione psichica, è già la conseguenza, è già un sintomo, per cui è un buon indicatore che potrebbe servire a dirci a che punto siamo, qual è livello di benessere/malessere presente nel collettivo…
La politica è un importante specchio e simbolo della coscienza collettiva, della società, che – ricordiamolo – è composta da singoli, da individui, che sono gli unici portatori di vita e di storia [Ricordo che Emerson al riguardo scriveva che la storia è sempre storia di biografie individuali.]
Nota importante ed epistemologica da fare:
La politica essendo un fenomeno umano, e quindi dapprima psicologico, è passibile di studio psicologico. Da ciò ne deriva il corollario che come ogni fenomeno psichico essa è pre-configurata a partire dal profondo, da dinamiche inconsce e consce a cui fanno riferimento anche componenti archetipiche, culturali, complessuali, collettive. Vedere la politica oggi soltanto dal punto di vista causale-riduttivo è qualcosa che non ci possiamo permettere da quando esiste la psicologia complessa.
🔎 Leggi anche: Il dogma del “cambiare il mondo fuori”: l’illusione del nevrotico moderno

Ad esempio non sentiamo mai nessuno psicologo oggi accennare al fenomeno politico in relazione ai “complessi culturali” che sono stati scoperti e studiati da Thomas Singer in ambito clinico e sociale [riprendono alcune dinamiche dei complessi a tonalità affettiva scoperti da Jung].
Dunque la politica come specchio dicevamo all’inizio…
Da ciò ne deriva il corollario che illudersi di poter cambiare la politica (specchio) a tutti i costi è come cercare di cambiare un particolare di se stessi agendo sullo specchio che ci sta di fronte e che ci rimanda semplicemente l’immagine di noi stessi.
Per ogni significativo cambiamento collettivo avvenuto nel mondo, la storia e la psicologia del profondo ci insegnano che vi è sempre stato necessario dapprima un terreno fertile affinché quel cambiamento abbia potuto declinarsi e accadere, ovvero, in termini psicologici, sono necessarie delle premesse psicologiche, sia consce che inconsce, archetipiche.
UN ESEMPIO: potrei avere anche i semi da piantare più buoni dell’universo, i migliori, o credere che siano i migliori, ma se cercassi di piantarli in un terreno non adatto, non fertile – impazzendo e sbraitando – ciò non farebbe di me un buon contadino, un intelligente agricoltore.
Lascio la parola al nostro caro psichiatra svizzero…
Cosa pensava Jung della cosiddetta politica?
Chi lo conosce bene a livello biografico può già immaginarlo… Ma leggiamo come si esprime al riguardo in alcuni memorabili passi!
BUONA LETTURA!
Jung e la politica
«Ogni situazione politica è espressione di un parallelo problema psichico presente in milioni di individui. Problema che è in gran parte inconscio (il che lo rende particolarmente pericoloso!)… le forze distruttive sono anche in noi, più esse sono inconsce, più sono pericolose…» (C.G. Jung – Lettere)
«Come psicologo sono profondamente interessato ai disturbi mentali, in particolare quando contagiano intere nazioni.
Voglio sottolineare che disprezzo la politica di tutto cuore: non sono né un bolscevico, né un nazista, né un antisemita. Sono uno svizzero neutrale e perfino nel mio paese non mi interesso di politica, perché sono convinto che per il novantanove per cento la politica sia solo un sintomo e che tutto faccia tranne che curare i mali sociali.
Circa il cinquanta per cento della politica è detestabile perché avvelena la mente del tutto incompetente delle masse. Ci mettiamo in guardia contro le malattie contagiose del corpo, ma siamo esasperatamente incauti riguardo alle malattie collettive – ancora più pericolose – della mente.

Faccio questa dichiarazione per scoraggiare sin dall’inizio ogni tentativo di coinvolgimenti in qualsivoglia partito politico. Ho delle buone ragioni per farlo: il mio nome è stato più volte portato nella discussione politica anche, come ben sapete, si trova attualmente in uno stato febbrile.
È soprattutto a causa del fatto che mi occupo delle incontestabili differenze all’interno della psicologia nazionale e razziale che si è verificata una serie di fraintendimenti quasi fatali e di errori pratici nelle relazioni internazionali e nelle frizioni sociali interne.
In un’atmosfera come questa, politicamente avvelenata e surriscaldata, è diventato praticamente impossibile condurre una discussione scientifica sana e spassionata su questi problemi così delicati eppure estremamente importanti. Discutere pubblicamente questi problemi avrebbe più o meno la stessa efficacia di un direttore di manicomio che si mettesse a discutere le particolari fissazioni dei suoi pazienti proprio in mezzo a loro.
Vedete, il fatto tragicomico è che tutti sono convinti della loro normalità, esattamente come il dottore stesso è convinto del proprio equilibrio mentale…» (C.G.Jung – Comunicato stampa in occasione di una visita negli Stati Uniti – 4 ottobre 1936 – tratto dal libro Jung Parla)

«Oggi si vuol sentire parlare di grandi programmi politici ed economici ossia proprio di quelle cose che hanno condotto i popoli ad impantanarsi nella situazione attuale, ed ecco che uno viene a parlare di sogni e di mondo interiore…
tutto ciò è ridicolo, che cosa crede di ottenere di fronte ad un gigantesco programma economico, di fronte ai cosiddetti problemi della realtà.
Ma io non parlo alle nazioni, io mi rivolgo solo a pochi uomini. Se le cose grandi vanno male, è solo perché i singoli individui vanno male, perché io stesso vado male, perciò, per essere ragionevole, l’uomo dovrà cominciare con l’esaminare se stesso, e poiché l’autorità non riesce a dirmi più nulla, io ho bisogno di una conoscenza delle intime radici del mio essere soggettivo.
È fin troppo chiaro che se il singolo non è realmente rinnovato nello spirito neppure la società può rinnovarsi poiché essa consiste nella somma degli individui.» (C.G.Jung – Ricordi, Sogni, Riflessioni – Autobiografia)

«…il vero portatore di vita è soltanto il singolo. Non esiste una “vita” di milioni di persone, bensì milioni di singoli portano la vita; sono essi, in definitiva, la realtà.» (Marie Louise Von Franz – Il mito di Jung, p.243)
«Non esiste l’umanità. Io esisto, voi esistete. L’umanità è soltanto una parola.» (Brano tratto dal volume “Jung parla”, Adelphi Edizioni, Milano, 1995 pag 114.)
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Il mito di voler migliorare il mondo e la società agendo su di esse: un’idea nevrotica
LIBRI SUL TEMA:



[…] C.G.Jung e il suo rapporto con la POLITICA. […]
[…] Da JungItalia […]
Ho letto quasi tutti i libri raccomandati in questa importante questione che vede due poli estremizzati, chi pensa che solo nll’azione esterna e nel mondo del caos si puo’ cambiare qualcosa e chi pensa cche solo dall’interiorita’ e per la soggettivita’ si puo’ fare qualcosa. Penso ch al primo posto vada messa la formazione individuale, la quotidianita’ e il modo di rcomportarsi,il che richiede un atteggiamento etico,dato che siamo che lo vogliamo o no,inserit* nel mondo. La politica comincia pero’ dall’educazione, famiglia e scuole, procede nel la vita affettiva di relazione, che ggi diventa l’ancora nel mondo caotico8o liquido,come scrive Bauman).Quel che scrivono gli autori di politica serve a capire dove e come si muove la soggettivita,e non si puo’ far come se fosse possibile “uno splendido isolamento nella popria interiorita'”.Faccio l’esempio dei bambini, non si rmane indifferenti verso il loro destino in situazioni più che critiche, la responsabilita’ ci richiama alla capacita’ di fornire delle isposte.E lo stesso per questioni he riguardano l’abitare, l’uso dgli spazi pubblici, la cura dei nostri corpi e tante richieste della politica verso i/le cittadine. Quindi come da lunga tradizione , l’equilibrio e la ricerca delle fasi intermedie , rimane la prassi per me più importante, fermo restando che cambiando o attingendo alla CONSAPEVOLEZZA gi’a interveniamo nel mondo circostante e diamo valore alla nostra esistenza pubblica.(politica)
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brava Patrizia
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