L’ipnosi di Milton Erickson: «E la mia voce ti accompagnerà». I suoi preziosi racconti didattici

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«E voglio che tu scelga un momento nel passato in cui eri una bambina piccola piccola.
E la mia voce ti accompagnerà. 
E la mia voce si muterà in quelle dei tuoi genitori, dei tuoi vicini, dei tuoi amici,
dei tuoi compagni di scuola e di giochi, dei tuoi maestri. 

E voglio che ti ritrovi seduta in classe, bambina piccolina che si sente felice di qualcosa,
qualcosa avvenuto tanto tempo fa,
qualcosa tanto tempo fa dimenticato…»
(Milton H. Erickson)

Tutti coloro che lo hanno conosciuto, pazienti, amici, parenti, ricordano bene le storie singolari che Erickson amava raccontare, storie a volte bizzarre, episodi realmente accaduti o anche fantasie apparentemente senza senso, che lasciavano spesso interdetto l’ascoltatore.

Ma ognuna aveva un suo senso e un suo scopo precisi: erano strumenti raffinatissimi, intesi per aprire la mente dell’interlocutore a intuizioni nuove e insospettate.

Questo post sarà dedicato al libro “La mia voce ti accompagnerà” curato da Sydney Rose, che raccoglie i racconti didattici del creatore dell’ipnosi Clinica e dell’ipnoterapia, Milton H. Erickson. Puoi trovare li libro direttamente cliccando qui

La mia voce ti accompagnerà Milton Erickson Ipnosi
La mia voce ti accompagnerà (M.H.Erickson)

Dalla prefazione del libro “La mia voce ti accompagnerà”

Iracconti didattici di Milton Erickson – le storie che raccontava ai suoi pazienti o a tutti coloro che venivano a raggrupparglisi intorno – sono pieni d’ingegno e di fascino: sono straordinari esempi dell’arte di persuadere. […]

Anche se concepiti per un fine terapeutico, appartengono a una tradizione molto più ampia: la tradizione americana di arguzia e humour che ha in Mark Twain il suo maggiore rappresentante. […]

Questo libro è in fondo un racconto didattico di racconti didattici.

Vorrei adesso dare un’idea di come il commento fluisce e penetra fra i vari racconti, prendendo come esempio la prima parte del terzo capitolo, “Abbiate fiducia nell’inconscio”.

Tecniche di suggestione ipnotica Erickson Ipnosi
Tecniche di suggestione ipnotica (Erickson)

Questo capitolo si apre con un breve aneddoto su quando una volta, Erickson dovette improvvisare un discorso.

Erickson dice a se stesso che non ha bisogno di prepararsi, perché ha fiducia nella miniera di idee e di esperienze accumulate nel corso degli anni.

Rosen – colui che ha curato questi racconti e a cui ha fatto seguire un suo commento per ognuno – sottolinea questo tema della fiducia nelle forze immagazzinate nell’inconscio, e poi riporta un breve raccontino, “Neve leggera”, splendido nella sua semplicità, c he parla di un ricordo infantile e del ricordo di quando quel ricordo era stato generato.

Questo racconto è seguito da altri due sullo stesso tema. L’ultimo riguarda il ritardo nel parlare di Erickson bambino, che a quattro anni ancora non parlava; a tutti coloro che se ne mostravano preoccupati, sua madre diceva:

“Quando verrà il momento, parlerà”.

Rosen interviene brevemente per dire che questo è un buon racconto da utilizzare con quei pazienti che stanno appena imparando a entrare in trance. […]

Milton Erickson
Milton Erickson

Introduzione di Sydney Rose

Iracconti didattici sono storie che Erickson ha narrato a pazienti e studenti nel corso degli anni.

Ciascun racconto è trattato come un prezioso pezzo di una raccolta piena di ricordi.

Ciò di cui non ti rendi conto, Sid, è di come la maggior parte della tua vita è determinata dall’inconscio.

Quando Erickson mi rivolse queste parole, reagii come fanno molti miei pazienti quando ripeto loro la medesima cosa. Pensai che volesse dire che la mia vita era predeterminata, e che io potevo al massimo sperare di portare alla coscienza i modelli inconsci saldamente radicati.

Più tardi, tuttavia, dovevo rendermi conto che l’inconscio non è necessariamente immutabile. 

Tutte le esperienze che oggi stiamo vivendo interessano tanto il nostro conscio quanto il nostro inconscio. Se leggo qualcosa che mi dà ispirazione, il mio inconscio ha subìto un mutamento. […]

Cambiare gli individui. Conversazioni con M.Erickson (Jay Haley)
Cambiare gli individui. Conversazioni con Erickson (Jay Haley)

È mia opinione che questo mutamento sia più efficace e permanente quando il terapeuta si concentra per influenzare i modelli inconscio del paziente, modelli che spesso comprendono i suoi valore e schemi di riferimento. Erickson era d’accordo su questa idea. Verso la fine della sua vita era arrivato a elaborare un approccio molto efficace per il raggiungimento di questo obiettivo: i suoi seminari didattici.

L’ultima volta che lo vidi mi spiegò come era arrivato a questo approccio.

Dovevo dedicare troppo tempo a un solo paziente. Avrei preferito insegnare a molte persone come pensare, come affrontare i problemi. Ho dozzine e dozzine di lettere che dicono: ‘Lei ha completamente rivoluzionato il mio modo di trattare i pazienti’. Ho moltissimi pazienti, ma li vedo di meno. Vedo più pazienti, e li vedo per periodi più brevi

– «E questo è il risultati di…?», domandai

– «Del loro venire qui, e del fatto che mi lascino raccontare loro le mie storie», rispose. «Poi se ne vanno a casa, e cambiano il loro modo di fare».

Milton H. Erickson

È chiaro che «il loro venire qui e il fatto che mi lascino raccontare loro le mie storie» implicava aspettative e comunicazioni a molti livelli.

Per fare un esempio, chiunque trascorresse del tempo in compagnia di Erickson aveva molte probabilità di provare diversi livelli di trance ipnotica.

In stato di trance, pieni di aspettative positive, i messaggi e le influenze convogliati dai racconti di Erickson hanno un grado massimo di penetrazione.

Erickson era convinto che se l’interlocutore ‘dimenticava’ un racconto (cioè se aveva un’amnesia al riguardo), il suo effetto sarebbe stato ancora più potente.

Nel suo ‘raccontare’, naturalmente, Erickson seguiva una tradizione di vecchia data. Da tempo immemorabile i racconti sono stati utilizzati come mezzo per trasmettere valori culturali, etici, morali.

Una pillola amara va giù più facilmente, quando è inglobata in qualcosa di dolce.

A questo fine, i racconti di Erickson utilizzano molti efficaci stratagemmi narrativi, tra i quali l’impiego dell’humour e l’inclusione di informazioni interessanti, quali elementi poco noti di medicina, psicologia, antropologia. Le suggestioni terapeutiche sono disseminate in racconti il cui contenuto è ben lontano sia dagli interessi del paziente che dall’obiettivo manifesto del terapeuta.

 

La trance ipnotica

La trance, secondo Erickson, è quello stato in cui l’apprendimento e la disponibilità al mutamento hanno le maggiori probabilità di avere luogo.

Con essa non intendiamo uno stato indotto di sonnolenza. I pazienti non sono ‘soggiogati’ dal terapeuta, né perdono il controllo e vengono diretti dalla volontà di un’altra persona.

La trance, in realtà, è uno stato naturale che ciascuno di noi ha provato.

Guarire con l'ipnosi (M. Erickson)
Guarire con l’ipnosi (Erickson)

L’esperienza più familiare è quella del sogno a occhi aperti, ma altri stati di trance possono avere luogo quando meditiamo, preghiamo, o facciamo degli esercizi, come il jogging, che è stato talvolta definito come una ‘meditazione in movimento’.

In queste situazioni, la persona è conscia della vivezza delle proprie sensazioni interne, sia mentali che fisiche, e gli stimoli esterni, quali i suoni e i movimenti, acquistano minore importanza.

In stato di trance, i pazienti comprendono spesso in modo intuitivo il significato di sogni, simboli, e di altre forme d’espressione dell’inconscio. Sono più vicini a quello che Erickson chiamava ‘apprendimento inconscio‘, meno presi da pensieri e da scelte.

È facile che accettino le suggestioni dell’ipnotizzatore con ridotto senso critico, anche se, nel caso in cui queste suggestioni entrano in conflitto con i valori del paziente, l’accettazione non avverrà o sarà solo transitoria.

L’amnesia può essere presente nel corso di una parte o di tutta la trance, ma non è in alcun modo un aspetto essenziale della trance stessa.

Ipnoterapia (Erickson)
Ipnoterapia (Erickson; Rossi)

Per aiutare il paziente a entrare in trance, il terapeuta cattura la sua attenzione e la dirige all’interno, guidandolo in una ricerca interiore e verso una risposta ipnotica. […] Il terapeuta sta bene attendo a quei sottili cambiamenti che indicano una ‘attenzione di risposta’ nel paziente: per esempio, un appiattimento dell’espressione del viso, un guardare incantato, l’assenza di battito delle palpebre, e una quasi completa immobilità.

Quando nota questo insieme di elementi, il terapeuta può tranquillamente dare per scontato che il paziente è entrato in una leggera trance.

A questo punto può sia presentare una suggestione, sia dire semplicemente qualcosa del tipo: “Ecco, rimanga così”, ben sapendo che è probabile che il paziente stia entrando in contatto con materiale inconscio.

I racconti seguono spesso modelli archetipici, quali si trovano nelle fiabe, nei racconti biblici, nei miti del folklore. Come nei miti del folklore, in molti di essi è presente il tema della ricerca.

Inoltre nelle sue storie c’è qualcosa di tipicamente americano, specialmente in quelle che riguardano la sua famiglia. E’ per questo che Erickson è stato definito un eroe del folklore americano.

 

Perché i racconti hanno effetti terapeutici?

Ci si potrebbe chiedere tuttavia perché ascoltare un racconto, anche se in stato di trance ipnotica, possa essere d’aiuto a un paziente o a uno studente.

L’effetto, per molti versi, è comparabile all’emozione che si può avvertire dopo aver visto un buon film. Durante il film, molti di noi entrano in uno stato di coscienza alterato. Ci identifichiamo con uno o più personaggi, e usciamo in una specie di trance.

Questa sensazione, tuttavia, dura solo per poco, dieci o quindici minuti al massimo. Al contrario, a molta gente avviene di rifarsi a uno dei racconti di Erickson anche dopo molti anni. Può avvenire che comportamento e attitudini subiscano un mutamento permanente.

Erickson spiegava questi mutamento permanenti col fatto che essi avevano avuto luogo nel contesto dell’ipnosi, che egli definiva una evocazione e utilizzazione di un sapere inconscio.

Quando un terapeuta, con o senza l’impiego di racconti, è in grado di aiutare un paziente a entrare in contatto con le proprie conoscenze inutilizzate, questo paziente ha il massimo di probabilità di inglobare questa sapere dimenticato all’interno del proprio comportamento. Da ciò può spesso risultare un comportamento più costruttivo e autorinforzantesi.

Milton-Erickson

In cosa questo processo differisce dal ‘lavaggio del cervello’?

La principale differenza è forse data dal fatto che senza un rinforzo culturale il ‘lavaggio del cervello’ tende a svanire.

Nel corso della guerra di Corea, per esempio, molti prigionieri americani sottoposti al ‘lavaggio del cervello’ furono portati a fare proprie delle credenze antiamericane, tanto che migliaia di essi preferivano rimanere nella Cina comunista piuttosto che tornare a casa.

Una volta rimpatriati, tuttavia, sembra che la maggior parte, se non tutti, siano ritornati alle loro precedenti convinzioni.

Gli interventi di Erickson avevano maggiore probabilità di condurre a mutamenti autorinforzantisi e tali da produrre a loro volta ulteriori mutamenti.

Forse ciò avveniva perché questi mutamenti andavano nella direzione della crescita dell’ apertura.

E, naturalmente, avevano il massimo di probabilità di successo e di continuità in una cultura che convalidava la filosofia di Erickson, cioè il fatto che l’individuo è importante, che ci si può migliorare, che ciascuno di noi possiede possibilità di crescita eccezionali.

La comunicazione mente-corpo in Ipnosi (M. Erickson)
La comunicazione mente-corpo in ipnosi (Erickson)

Molti che hanno udito questi racconti sentono di funzionare con maggiore libertà e creatività, e ciò deriva evidentemente da alcuni mutamenti intrapsichici.

Possiamo capire meglio questi cambiamenti, se guardiamo i racconti e i loro personaggi come raffigurazioni di strutture psichiche interne. […]

Erickson comunica coi pazienti non solo tramite metafora, ma egli “lavora – anche – all’interno della metafora per produrre un cambiamento”.

Erickson evita di fare interpretazioni da ‘insight’ relativa ad una comunicazione inconscia, perché ritiene che “le tipiche interpretazioni da ‘insight’ di una comunicazione inconscia sono assurdamente riduttive, come se si volesse riassumere in una frase una tragedia di Shakespeare”.

Inoltre tra le principali caratteristiche della terapia di Erickson si trovano quella di

  • incoraggiare la resistenza,
  • quella di fornire un’alternativa peggiore,
  • incoraggiare una risposta col frustrarla,
  • seminare idee,
  • amplificare una deviazione
  • prescrivere il sintomo

FINE.



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Fondatore del Jung Italia. Psicologo Clinico. Originario di Salerno, vivo a Roma. Fin dall'età di 14 anni ho iniziato ad interessarmi alla filosofia occidentale e orientale e all'età di 17 anni scopro Jung. A 21-22 anni iniziano le mie attività di pubblicazioni tramite riviste di psicologia e interventi in qualità di ospite o relatore presso convegni e seminari di psicologia. Nel 2012 conosco in Svizzera uno dei nipoti di Jung, e l'anno successivo mi concede un'intervista speciale in occasione della presentazione del "Libro Rosso" alla biennale di Venezia. Attualmente collaboro e lavoro come psicologo o studioso indipendente con associazioni, riviste scientifiche, scuole di psicoterapia e con diversi autori dell'ambito accademico e non. I miei studi d'approfondimento vertono sugli sviluppi odierni relativi alla psicologia complessa (analitica) e sulle ricerche inerenti il versante "Psiche e Materia".

1 commento

  1. Ho letto anni fa Ericsson e ho perfino provato a fare uso dei suoi insegnamenti (con insperati successi). È stato un grandissimo terapeuta, che faceva essenzialmente uso di due concetti cardinali integrati tra loro: la possibilità di dialogare con l’ inconscio e la forza terapeutica dell’affabulazione. Ovvero, come già era stato intuito, facendo della psicoterapia arte.
    Erickson raccontava storie, e attraverso le metafore infinite che solo lui sapeva usare tanto magistralmente comunicava all’inconscio non tanto degli ordini, quanto delle suggestioni atte ad attivarsi da solo per trovare delle soluzioni ai problemi dati, un rimedio, una consolazione.
    Quindi era anche uno storyteller , un narratore.
    Questo è bellissimo, perché testimonia ancora una volta quanto potere abbia la parola come immagine e storia, per suggerire la strada da trovare, i mezzi per attuare il percorso, la nuova visione di sé e del mondo che ha dato questo movimento. Ogni dialogo psicoanalitico è in fondo una storia. Può essere a lieto fine. O no, avere le caratteristiche di una fiaba o un racconto horror, ma se è vista con occhi da artista porta sempre da qualche parte, dà sempre delle indicazioni. Pensiamo a certi racconti di Freud, come il bambino dei lupi, o le suggestioni progressive narrate da Jung in “visioni”: sono storie fantastiche. È arte.
    Credo sia importante vedere la terapia da questo punto di vista, come espressione creativa, artistica, perché elude in tal modo i rischi di una rigidità arida di eccessiva razionalità, di interpretazioni troppo meccaniche e concettuali, ma come ogni autentica espressione artistica comunica attraverso le emozioni e la fantasia con l’ inconscio in modo diretto e non scolastico.
    Questo presuppone ovviamente un rapporto con il paziente, una capacità di entrata in relazione con la sua sofferenza, che è tutto il contrario del distacco freddo proposto da certe scuole di pensiero: siamo in una dimensione diversa.
    Erickson era ineguagliabile in questo, perché sapeva portare perfino la poesia e la commozione nel suo lavoro: appunto, si parla di arte.
    Ricordo una delle sue storie, che alla fine questo diventavano i casi clinici: un uomo era malato terminale. Dunque, non si trattava di “guarirlo “, ma di aiutarlo a superare la ovvia angoscia terribile che provava e a rendergli più sopportabili i suoi ultimi giorni. Non era un compito facile.
    Erickson iniziò ad informarsi su cosa amasse maggiormente l’uomo è scoprì che la sua grande passione era stata la cura del suo orto, soprattutto dei suoi pomodori.
    Quindi in ogni incontro Erickson si mise a parlare esclusivamente di una piantina di pomodoro ; raccontando come dal seme si era sviluppata, era cresciuta, aveva fatto nascere bellissimi pomodori, e poi lentamente aveva portato alla conclusione il suo ciclo vitale, come era giusto avvenisse, perché così fanno tutte le piantine di pomodori. Ci mise settimane intere. Quando l’uomo riuscì ad identificarsi con quella piantina, il che gli fu facile in virtù della sua affinità elettiva con essa, riuscì anche ad accettare serenamente la fine del proprio ciclo vitale. Morì serenamente.
    Vedete, questa era una storia, una storia molto semplice, di un pomodoro. Ma era anche una storia di amore. E una storia di passaggi evolutivi, iniziatici, di cambiamento.
    L’ inconscio dell’uomo, attraverso la metafora, si attivo’ per trovare la necessaria dimensione della accettazione della vita e della morte.
    Credo che questo sia un buon approccio non solo terapeutico, ma anche umano ; del resto un altro grande medico della mente, Borgna, ha detto recentemente che il principale sistema di considerare una terapia è la narrazione e l’ascolto. Tutti abbiamo bisogno di raccontare le nostre storie, ascoltare quelle degli altri, e capire che alla fine sono tutte storie che riguardano tutti.
    Noi siamo le nostre storie.

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