La vita non vissuta accumula rancore verso di noi. Una lettera di Jung sulla perdita e l’andare avanti.

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Vita non vissuta Lettera Jung

“Quando qualcuno nasce qui
muore da qualche altra parte.
Quando qualcuno muore qui
nasce da qualche altra parte.”
(Il Buddha)

Una bellissima lettera che Jung inviò ad una sua amica in seguito alla perdita di suo marito…

Il senso ultimo di questa lettera ci indica l’importanza di dover continuare a vivere, nonostante ciò che può succederci di spiacevole durante il nostro cammino. In tal senso possiamo leggerla anche come un vero e proprio inno alla vita, all’esistenza, ma…

…Ma Jung tiene a precisare, così come fa a più riprese nella sua opera, come esistere non basta, è necessario vivere, ovvero dobbiamo porci nei confronti del nostro mondo interno ed esterno in maniera tale da compiere ciò che la propria natura e la propria “ghianda” ( 🔎 processo di individuazione) ci chiede di vivere, altrimenti produrremo quella vita non vissuta di cui accenna, e che io ho chiamato 🔎 lutti interiori.

In ultimo, questa è una lettera che potrebbe sembrare di mera consolazione, ma che in realtà mette proprio in guardia da quelle “consolazioni” troppo spicciole e comuni che ci vengono fatte in momenti di forte perdita e disagio, e ci indica la necessità – nonostante un evento doloroso – di continuare a vivere, di ricercare il significato della vita incessantemente, di rispondere a questo imperativo categorico chiamato VITA!

BUONA LETTURA!

Qui il libro da dove è tratta la lettera ⤵

Jung Intervista Parla
Jung Parla. Interviste e incontri


«Mia cara amica,
lei si chiede, e mi chiede, come possa la vita continuare dopo un evento così doloroso come solo può esserlo il distacco dall’amato, dalla persona cioè alla quale abbiamo unito il nostro desiderio e con la quale abbiamo affidato tutto noi stessi nelle mani del futuro. È questo è un interrogativo al quale, debbo confessarle, non so dare risposte.

Per quanto vittoriosa sia la fede, per quanta temperata, pure essa non sovrasta l’enigma della morte.

Quando la morte si manifesta sul nostro cammino, quando ci sottrae il nostro bene, è violenza insostenibile dalla quale sempre siamo sconfitti. E per quanto profonda possa essere, come lei gentilmente mi attribuisce, la conoscenza dell’animo umano, ebbene essa ci conduce solo là dove non si può che ammettere, per quanto a malincuore, la propria ignoranza.

Ugualmente lei mi impone di osare, e giustamente. Ebbene, per cominciare, debbo avvisarla di non prestare orecchio alle facili consolazioni che certamente riceve e riceverà e che sempre più d’altra parte si vanno facendo folla intorno a noi, complice la stessa psicologia di cui vorremmo essere fedeli e umili testimoni.

Le consolazioni consolano anzitutto i consolatori. Consentono a essi di coltivare l’illusione di essere immuni da ciò che agli altri è toccato in sorte, e ancor più d’essere saggi, prudenti e avveduti.

superare momenti dolorosi
Il labirinto verticale (Aldo Carotenuto). Una storia clinica di un superamento di una forte depressione.

Così sentendosi al riparo e al sicuro, essi conservano la loro buona reputazione al prezzo di qualche buona parola. Ma, può esserne certa, se fossero onesti con se stessi, come dicono di esserlo, con gli altri, dovrebbero ammettere sinceramente che le consolazioni che offrono, consapevoli o meno che ne siano, nascondono null’altro che commiserazione per sé e risentimento per la vita.

Ecco dunque un primo consiglio: né commiserazione per sé né risentimento per la vita.

Benché oscuro sia lo sfondo sul quale la morte si manifesta, altrettanto oscuro quanto quello della vecchiaia e della malattia, per non dire di quello del peccato e della stoltezza, ebbene è lo stesso sfondo sul quale si staglia il sereno splendore della vita.

Per la nostra salute mentale sarebbe perciò un bene non pensare che la morte non è che un passaggio, una parte di un grande, lungo e sconosciuto processo vitale: sia nei giorni dolorosi nei quali precipitiamo per la perdita di chi ci è caro sia nei giorni tristi nei quali siamo sorpresi dal pensiero della nostra stessa morte.

La nostra morte è un’attesa o, se vuole, una promessa che non è mai compiuta. Per questo essa non ci impone di vuotare la nostra vita ma piuttosto di procedere alla sua pienezza.

Mentre la morte ci toglie ciò che ci è più caro, al tempo stesso ci restituisce a ciò che ci è più preziosoNon è il mistero della morte che siamo chiamati a sciogliere: piuttosto è quello della vita.

sviluppo personalità
Integrazione della personalità (Aldo Carotenuto)

La vita è un imperativo assoluto al quale nessuno deve sottrarsi. Per quanto ostico ci paia il compito, per quanto insostenibile, per quanto ostile, abbandonarci a noi stessi, abbandonare noi stessi non è contemplato tra le molte possibilità.

È la vita che dobbiamo piuttosto, direi addirittura, arrenderci alla vita e al suo costante fluire. A questo scorrere non possiamo imporre alcun argine, né potremmo tentare di deviarlo o di mutarne la traiettoria. Ciò sarebbe assai sciocco e per molti versi pericoloso.

Se vogliamo inimicarci la vita, se vogliamo davvero averla contro sappiamo come fare: rinunciamo a viverla. Vi sono numerosi modi per ottenere questo, l’ultimo dei quali, il più stupido e spietato, è troncarla con le nostre stesse mani. Questo è il supremo peccato.

Se ci teniamo al di sopra di questo baratro potremo sempre, in ogni caso, imporre alla vita un corso predeterminato, forzarla o sospenderla, in una parola dirigerla.

Abbiamo infiniti compiti che possiamo imporci e infinite mete verso le quali orientarci. Tutto ciò fa pur sempre parte della nostra vita, ma è ciò che la nostra vita ci chiede? La vita che abbiamo scelto per noi potrebbe infatti rivelarsi ben diversa da quella che avrebbe scelto noi.

Jung nella sua torre a Bollingen
Jung nella sua torre a Bollingen

Il problema è allora questo: giunto alla fine dalla mia vita che cosa mi ritrovo tra le mani? Se trovo solo il rimpianto per ciò che avrebbe potuto essere e non è stato non sarà gran cosa. Ma potremmo trovare ben di più, ben di peggio.

Ogni vita non vissuta accumula rancore verso di noi, dentro di noi: moltiplica le presenze ostili.

Così diventiamo spietati con noi stessi e con gli altri. Intorno a noi non vediamo che lotta, cediamo e soccombiamo alle perfide lusinghe dell’invidia. Si dice bene che l’invidia accechi il nostro sguardo è saturo delle vite degli altri, noi scompariamo dal nostro orizzonte. La vita che è stata perduta, all’ultimo, mi si rivolterà contro.

Perciò, l’ultima cosa che vorrei dirle, mia cara amica, è che la vita non può essere, in alcun modo, pura rassegnazione e malinconica contemplazione del passato. E’ nostro compito cercare quel significato che ci permette ogni volta di continuare a vivere o, se preferisce, di rispondere, a ogni passo, il nostro cammino.

Tutti siamo chiamati a portare a compimento la nostra vita meglio che possiamo.»

(C.G.Jung, citato in “Jung parla. Interviste ed incontri”, Adelphi, Milano, 1999)

Jung Intervista Parla
Jung parla. Interviste e incontri

Questa vita è importante, la scintilla divina che è in noi va realizzata! Un discorso di Jung

CITAZIONI SULLO STESSO TEMA:

«Molti, troppi aspetti della vita che avrebbero dovuto essere vissuti, li ritroviamo nell’inconscio tra i ricordi polverosi; ma, spesso sono carboni ardenti sotto la cenere grigia.» (C.G.Jung “Le tappe della vita” (1930) In: La struttura e la dinamica della psiche)

«Ogni vita non vissuta rappresenta un potere distruttore e irresistibile che opera in modo silenzioso ma spietato» (C.G.Jung)

«E del resto è anche vero che la vita trascorre e proprio non lascia tempo per omissioni e perdite eccessive.» (Rilke a Lou – presso Brema – 11 Agosto 1903)

 FINE.

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Fondatore del Jung Italia. Psicologo Clinico. Originario di Salerno, vivo a Roma. Fin dall'età di 14 anni ho iniziato ad interessarmi alla filosofia occidentale e orientale e all'età di 17 anni scopro Jung. A 21-22 anni iniziano le mie attività di pubblicazioni tramite riviste di psicologia e interventi in qualità di ospite o relatore presso convegni e seminari di psicologia. Nel 2012 conosco in Svizzera uno dei nipoti di Jung, e l'anno successivo mi concede un'intervista speciale in occasione della presentazione del "Libro Rosso" alla biennale di Venezia. Attualmente collaboro e lavoro come psicologo o studioso indipendente con associazioni, riviste scientifiche, scuole di psicoterapia e con diversi autori dell'ambito accademico e non. I miei studi d'approfondimento vertono sugli sviluppi odierni relativi alla psicologia complessa (analitica) e sulle ricerche inerenti il versante "Psiche e Materia".

15 Commenti

  1. Sto vivendo la mia vita dopo tante perdite, e a 62 anni è veramente difficile,oggi mentre ho letto questo articolo mi sono rivista nella lotta quotidiana di uscire di casa, parlare con le persone amiche, prendermi cura di me coltivare passioni e curiosità, le considerazioni di Jung mi hanno dato un po’ più di chiarezza, grazie

  2. non riesco a commentare,ogni parola mi sembra inutile,ho letto con attenzione e come non essere d’accordo.Riflettendo sulle parole di questa lettera,mi sento dissociata,tra colei che è sicura di aver imparato la lezione,di mettere in pratica gli insegnamenti ,i consigli,e colei che alla fine della lettura si ritrova al ciglio di un baratro.

  3. Io la mia vita l’ho persa per sempre. Anzi, non l’ho mai cominciata. Non mi mancava nulla, avrei potuto essere felice, ma ho dovuto scontare un DOC che mi ha reso fragile, incerto, insicuro, perennemente angosciato. Aggiungiamoci un padre castrante e un ambiente che mi ha sempre dato addosso e il quadro è completo. Mai un amore, una vita affettiva e sessuale, mai una realizzazione, mai qualcuno che abbia considerato quello che ero, quello che facevo. E il tempo è volato via. E dire che amavo la vita in tutti i suoi aspetti. Quanti goal mai realizzati, quanti cazzotti mai tirati, quante ragazze mai toccate, quanto tempo passato in eterna angoscia, tanto pensiero e niente azione. Eppure le ho tentate tutte: psichiatria, psicoterapie, psicanalisi. Ed ora mi ritrovo a 56 anni, solo, con un pugno di mosche in mano. “La vita è ogni giorno, vivila”? “L’amore non ha età”? Cazzate. Chi mi restituirà i sapori di infanzia e gioventù, i calci al pallone, i filarini, l’amore, la famiglia, i figli e tante bellissime cose? Chi mi risarcirà mai della vita mai vissuta? Non credo proprio che nella letteratura medica siano contemplati casi di vite iniziate in vecchiaia, di vite affettive e sessuali partite in zona cesarini. E se anche fosse possibile, cosa me ne farei ormai? Che senso avrebbe? E uno che continua a sognare le ragazzette fresche di quei tempi non avrebbe nessun piacere nell’abbracciare un corpo rugoso, cosa che invece accetta benissimo chi ha percorso tutte le tappe della vita. Non mendico comprensione, non piango, attendo la morte con dignità. Buona vita a tutti.

  4. Per la nostra salute mentale sarebbe perciò un bene non pensare che la morte non è che un passaggio nei giorni dolorosi nei quali precipitiamo per la perdita di chi ci è caro può per cortesia spiegarmi il significato sarebbe molto importante per me la ringrazio

  5. “Mentre la morte ci toglie ciò che ci è più caro, al tempo stesso ci restituisce a ciò che ci è più prezioso. Non è il mistero della morte che siamo chiamati a sciogliere: piuttosto è quello della vita”

    Straordinaria! Grazie per la condivisione

  6. La vita che supera se stessa, é questo il risultato finale del vivere?
    Vivere per essere ricordati o dimenticati, é anche questo il modo o un nodo consono da sciogliere, e chi meglio scegliere se non adebitarsi di tutto ciò che resta della nostra vita?
    G.M.2018

  7. Ho il libro (Jung parla) di cui ho letto alcuni stralci ma non riesco a trovare la lettera. Può aiutarmi indicandomi il titolo del capitolo in cui si trova? Grazie

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