L’ultimo degli intellettuali e l’ultimo dei socialisti
(di Gabriele Fazzina)
Questo titolo d’inizio sarebbe l’etichetta più bella che stamperei nel ritratto di uno dei più grandi pensatori moderni.
Perché sì, Zygmunt Bauman sicuramente è conosciuto in tutto mondo per le sue teorie sulla “liquidità” di questa modernità investita dalla globalizzazione, ma spesso si è rifiutato di essere associato al classico dei titoli: Bauman e la sua modernità liquida.
Bauman non è stato solo la sua vita liquida, ma molto di più. Probabilmente liquido lo è stato egli stesso, ma se n’è andato col sogno di una società diversa e che dovesse, o per lo meno potesse, cambiare.
Ogni uomo è un mondo a sé, irripetibile
In quel concetto di liquidità, dove l’uomo deve affrontare tutto come se fosse una corsa senza fine per non perdere la sua posizione sociale, in un certo senso ci si trovò già a 14 anni quando la guerra lo costrinse a fuggire in URSS e ad unirsi all’esercito comunista. Dopo la guerra tornando in Polonia non condivise più quel tipo di ideologia comunista sviluppatasi in quegli anni e così si trasferì a Tel Aviv, dove insegnò per qualche anno all’università, prima di trasferirsi definitivamente in Inghilterra, dove ha insegnato e ha trascorso il resto della sua vita.
Ha guadagnato fama e una reputazione internazionale con la pubblicazione del suo libro, Modernità e Olocausto nel 1989.
In questo notevole libro ha sviluppato la teoria della razionalizzazione di Max Weber attraverso l’esplorazione del rapporto della modernità con lo sterminio di massa degli ebrei in Europa.
Lo studio rifletteva molto bene lo stato d’animo di delusione e pessimismo verso la modernità e l’Illuminismo che stava guadagnando terreno tra gli intellettuali del dopoguerra.

Modernità Liquida
Già un anno dopo parlò del concetto di Modernità Liquida.
Ha scritto molto riguardo la globalizzazione e di come questo fenomeno abbia influito sulla modernità e sulla società odierna, parlando di una società divenuta “liquida”. Se pensiamo a un liquido, chimicamente sappiamo come questo non può mantenere per lungo tempo la stessa forma e allo stesso tempo sappiamo come questo possa insediarsi ovunque. E’ così la modernità, come la società odierna qualcosa di liquido che può entrare ovunque, influire su tutto, ma allo stesso tempo difficile da percepire, difficile da braccare.
Per Bauman la globalizzazione è il male del nostro tempo, un fenomeno che rompe gli schemi sociali e la socialità, un fenomeno che divide sempre più le classi sociali e le persone. Perché da un lato in qualche modo unisce, ma allo stesso tempo divide.
Ci si muove, si agisce: si agisce liquidamente in un film che cambia continuamente copione. Come se anche la morte fosse liquida.
In questo clima post-moderno si deve sempre essere pronti al cambiamento. Questo ha generato un sentimento di disagio e di paura, perché non si sa ciò che ci può cogliere di sorpresa; l’uomo moderno evita qualsiasi tipo di fissazione, qualsiasi tipo di solidità e questo lo porta a vivere in uno stato di perenne incertezza.
“L’incertezza è l’habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa sia il motore delle attività umane. Sfuggire all’incertezza è un ingrediente fondamentale, o almeno il tacito presupposto, di qualsiasi immagine composita della felicità. È per questo che una felicità «autentica, adeguata e totale» sembra rimanere costantemente a una certa distanza da noi: come un orizzonte che, come tutti gli orizzonti, si allontana ogni volta che cerchiamo di avvicinarci a esso.” (Z. Bauman – L’arte della vita, 2009)

Le paure sono un compagno della vita umana, sono sempre apparse nella storia. Certo in precedenza era facile individuarle, c’erano i lupi nella foresta e se ne aveva paura, si conosceva il pericolo e si era capaci di salvaguardare i nostri bambini.
Oggi invece la nostra paura è difficile da essere individuata e non si sa da dove può provenire un nuovo pericolo. Tutto ciò che genera incertezza genera anche ignoranza. Si è ignoranti perché si ignora ciò che succederà e si è impotenti perché qualsiasi cosa accada non si potrà fare nulla. Questo fa sentire non adeguati al proprio compito, mina l’autostima perché è qualcosa più grande di noi.
L’uomo è disperatamente alla ricerca di una causa, perché se sa di cosa aver paura si preparerà in funzione di questa causa.
Il progresso tecnologico capitalista quindi ci ha reso inermi di fronte a questa modernità e ha reso sempre più inutile il lavoro di massa in relazione al volume della produzione.
È una vita emozionante e logorante: emozionante per chi ama le avventure, logorante per chi è debole di cuore. (L’arte della vita, 2009)
Se essere individui significa “essere tutti diversi”, allora ognuno è uguale all’altro. In una società individualista “ciascuno deve essere un individuo: almeno in questo senso, chi fa parte di una simile società è tutto fuorché un individuo diverso agli altri, o addirittura unico” (Vita liquida, 2005)
In questa società liquida, dove quasi si è perso il valore del significato della comunità, va in crisi anche “l’altro” e le relazioni amorose.
Ma in nessun’altra occasione, citando il maestro dell’amore Platone, Bauman chiarifica la sua idea a riguardo:
Amare significa desiderare di ‘generare e procreare’; in altre parole, non è nella brama di cose pronte per l’uso, belle e finite, che l’amore trova il proprio significato, ma nello stimolo a partecipare al divenire di tali cose.
Per questo, quasi mitologicamente, Bauman ha descritto l’uomo del nostro tempo come un vagabondo, un pellegrino, un turista, uno straniero (La società dell’incertezza, 2014).
La figura dello straniero…
…è molto interessante e dà spunto a molte riflessioni. Siamo in un periodo storico in cui ogni giorno sempre più, si ha a che fare con la figura dello straniero.
Essa è una figura curiosa, perché lo straniero è uno sconosciuto imprevedibile, e ciò che non è conosciuto genera sempre una reazione di animosità nei confronti dell’altro. Allora lo straniero si deve limitare, controllare, non accettare.
Bisognerebbe impedire che oggi l’uomo diventi uno straniero anche per sé stesso, perché è questo ciò a cui ci sta portando questa società liquida globalizzata. L’uomo sta perdendo l’opportunità di fare i conti con la sua anima, ha perso l’esercizio di sapersi guardare dentro, è investito da questa frenesia dove, schiavo della tecnologia deve fare sempre qualcosa in più per stare al passo col tempo.
“Oggi la scienza tende a presentarsi da un lato come «una nuova gnosi che illumina per l’uomo lo schema del mondo» sostituendosi alla religione, dall’alto come «la magia della Madre che placa e nega tutte le paure e i dubbi».
Tutto ciò ha fatto sì che ormai «l’Occidente sia divenuto la civiltà per eccellenza». Ma le cose non filano così lisce e senza problemi. Infatti c’è un piccolo particolare in più che non era stato preso in considerazione, e che spiega molto del disagio del tempo presente che altrimenti non avrebbe motivo d’esserci.
L’ideazione di un nuovo congegno, di una nuova macchina, diventano per noi una “invenzione”, cioè la scoperta di una Idea – nel senso platonico del termine – che esiste già al di fuori dello spirito umano, il quale si limita a realizzarla, a proiettarla nella materia. In tal modo, il progresso tecnico-scientifico, e i relativi cambiamenti che ne derivano per la società, sfuggono all’uomo che si sente deresponsabilizzato, incapace di controllare forze che sfuggono al suo dominio».
(Jean Servier – Storia dell’utopia. Il sogno dell’Occidente da Platone ad Aldous Huxley, 2002)

E quindi “dobbiamo tentare l’impossibile” (L’arte della vita, 2009) ed è in questa frase che secondo me è racchiuso tutto il pensiero di Bauman.
C’è qualcosa di Jung in Bauman e nella sua idea di modernità, che dovrebbe riaffacciarsi al passato.
Citando Jung: “Ogni vita non vissuta rappresenta un potere distruttore e irresistibile che opera in modo silenzioso e spietato”,
questa vita deve andare vissuta anche in questa modernità liquida, recuperando il passato, i miti, le solidità che si sono perse in questo tempo. Bisogna recuperare se stessi, non diventare gli stranieri di noi stessi, guardandoci dentro e recuperando le solidità del socialismo tanto caro a Bauman, dove il benessere risiede nella comunità e non in un qualcosa di irraggiungibile e imprevedibile che sta al di sopra di noi.
Parallelamente a uno dei suoi più famosi saggi La decadenza degli intellettuali (1992),
oggi ci ha lasciato uno degli ultimi ancora presenti.
(Articolo di Gabriele Fazzina
– Università di Trieste, Psicologia)
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons 

Libri di Zygmunt Bauman consigliati:
Oltre i tre libri inseriti nell’articolo, di seguito altri libri scelti e consigliati di Bauman



Un uomo che aveva compreso il vero senso dell’esistenza! Non vorrei salutare con lui la speranza di un mondo migliore….
https://www.facebook.com/CondiVideoMondo/videos/1892539407633050/ Vabbe’, al di là delle astrazioni, è questo il modo francescano di realizzarsi quali momenti della Creazioneche hanno autocoscienza… e quindi ‘etica’. E quindi la possibilità di identificare l’attimo e l’eterno. Insomma il religioso. Ma non in senso tradizionale – dell’un contro l’altro armati – ma nel senso dehli individui quali cellule dello stesso corpo e necessariamaente diversi – ma in senso Bahà’i: la religione mondiale fondata nel 1863 da Bahà’u’llàh (Gloria di Dio).
La vita liquida e’ relazioni superficiali, caduta del sistema di valori, relativismo etico. La caduta del Comunismo ha in realtà devitalizzato anche la cultura e i comportamenti sociali del liberismo avanzato. Ora l’uomo è disorientato e in permanente ostaggio del consumismo conpulsivo e della tecnologia fine a se stessa. La crisi sociale e culturale si evidenzia anche con la scomparsa di figure guida e degli intellettuali. Partecipazione e affiliazione sociale sono categorie desuete. Ogni cosa e’ mediata dai consumi che marginalizzano i rapporti. I centri di aggregazione spontanei si chiamano outlet.