Psicologia e Nuvole:
Un simbolo ☁
Le anime attraversano le età come le nuvole i cieli (…) Chissà chi soffia le nuvole e chissà come sarà la mia anima domani? (tratto dal romanzo Cloud Atlas)
Nuvole di passaggio, Nuvole di essenza. Psicopoetica di un simbolo
(di Emanuele Casale)
Come può qualcosa essere di mero passaggio e insieme costante, fuggevole e sempre presente, inconsistente e consistente?
Io credo che la nuvola, nel nostro paesaggio psichico, possa essere un simbolo naturale dell’esistenza umana come pochi altri.
Mi rafforza questa idea anche la semplice e immediata constatazione che l’acqua è un elemento necessario affinché esistano le nuvole, e ben sappiamo come l’acqua è per eccellenza un simbolo archetipico dell’inconscio, di ciò che genera (o distrugge). Le nuvole sono inoltre il luogo di origine di fulmini, tuoni e pioggia, o altresì, simbolicamente, il luogo dove avvengono i processi naturali e dinamici di trasformazione della psiche.

Ho personalmente una certa attrazione per le nuvole, l’essere umano in generale ne ha da tempi immemorabili.
Non amo i cieli senza nuvole, i cieli sterili, troppo puliti. Per me i cieli sono come la tela che madre natura ha messo a disposizione per disegnarci astri, nuvole, uccelli, stelle, pianeti, l’infinito.
Le nuvole devono essere sempre presenti in un cielo per far sì che esso mi appaia ancora più meraviglioso; esse, muovendosi, danno una dinamicità altrimenti impossibile al cielo. Siamo soliti, fin da bambini, proiettare nelle nuvole le nostre immagini interiori, personali o archetipiche.
Credo che non sia un caso che uno dei test di personalità più noti in psicologia, il test delle macchie di Rorschach, sia nato proprio grazie ad un’intuizione che Rorschach ebbe in relazione alle nuvole, suggeritagli indirettamente da Carl Jung durante un seminario di quest’ultimo presso la Tavistock Clinic di Londra.

E ancora, leggiamo cosa scrive a proposito delle nuvole Henry Murray, psicologo statunitense e sviluppatore del secondo test di personalità più noto al mondo, il TAT (Thematic Apperception Test):
«L’essere umano – l’oggetto del nostro studio – è come una nuvola che cambia continuamente forma, e gli psicologi sono come la gente che ci vede delle facce. Uno psicologo riconosce al margine superiore i contorni di un naso e di un labbro e poi, miracolosamente, altre parti della nuvola si orientano rispetto ai contorni inizialmente riconosciuti finché si viene a delineare il profilo di un superuomo che guarda lontano davanti a sé. Un altro psicologo è attratto da una porzione inferiore della nuvola e vi scorge un orecchio, un naso, un mento e allora a poco a poco la nuvola prende le sembianze di un Epimeteo con lo sguardo rivolto all’ indietro. Così, per ciascun osservatore, ogni porzione della nuvola ha funzioni, nomi e valori diversi – fissati dall’ iniziale influenza percettiva. Per essere il fondatore di una scuola, dunque, basta vedere una faccia lungo un altro margine della nuvola…» (Henry A. Murray. 1938. Explorations in Personality.)
Nuvola e “Persona”
Una nuvola è apparentemente densa e consistente quando la vediamo da lontano, ma al tempo stesso inconsistente quando ci avviciniamo ad essa, quando vi entriamo.
Quanti Uomini conosciamo così? Densi e consistenti da lontano, e da vicino come nuvole, impalpabili, impercettibili, sfuggevoli, poco chiari, evaporati…
Questo parallelismo mi fa pensare a quella realtà psichica che in psicologia denominiamo Persona, ovvero maschera, quella parte di noi più di superficie, funzionale ma necessaria all’adattamento sociale, essa è – dice Jung – un
“complesso sistema di comportamenti dettati dalle pretese della società e in parte da quello che ci raccontiamo su noi stessi. Ebbene questa non è la nostra vera personalità. La rappresentazione offerta dalla Persona va benissimo, purché sappiamo di non essere identici a come ci presentiamo.”
E proprio come una nuvola, avvicinandoci psichicamente ad una Persona di un individuo, essa si sbriciola, sembra non esserci più; il ruolo interpretato (Persona) da un individuo nei panni di un sottosegretario di stato, ad esempio, viene meno ed evapora nel momento in cui altri fattori emotivi e situazionali incorrono.
Direi quasi che la nuvola, trasporta – nascondendolo/proteggendolo – un messaggio altro, non immediatamente disponibile, e che penetrando in essa – così come penetrando nella Persona – scopriamo ciò che vi era al di sotto. C’è sempre qualcosa in alcune nubi, nuvole, c’è sempre qualcosa che necessita di essere protetto affinché non troppo si logori… È Rilke che ci aiuta a comprendere meglio questo, quando scrive:
Cosa sarebbe un Dio senza la nuvola che lo cela? Cosa sarebbe un Dio logorato?
(Rilke in una lettera a Marie von Thurn und Taxis)
Noi siamo passaggio
Se voglio far coincidere questa inconsistenza delle nuvole con la Persona, non posso non parlare anche dell’aspetto che riguarda la loro consistenza:
è nel loro essere di passaggio, potremmo dire, che si palesa la loro consistenza, la loro essenza.
Cosa significa? Se quanto appena scritto risuona quasi come un ossimoro, o una défaillance logica, è perché necessitiamo di spostarci in un’ottica prettamente simbolica, e ancora più precisamente, poetica.
Scrive Borges:
Siamo chi se ne va. (…)
Sei nuvola, sei mare, sei l’oblio.
Sei anche tutto quello che hai smarrito.
Di nuovo, anche qui, le nuvole rimandano poeticamente ad un aspetto della nostra esistenza più profonda: l’essere di passaggio.
Noi siamo chi se ne va, ci suggerisce Borges. Chi non se n’è mai andato, chi non è mai passato, non è mai stato. Vivere è passare.
In tal senso l’essere di passaggio coincide anche con la consistenza, o meglio, con ciò che caratterizza forse più propriamente la nuvola, e anche noi esseri umani. In effetti ci fa una strana sensazione quando raramente ci capita di osservare nel cielo alcune nuvole durare, persistere, restare più del dovuto, qualcosa ci sembra così statico…
«Perché restare non ha dove» (Rilke)
Noi, forse, non possiamo restare, almeno in senso letterale e fisico. Questo restare, secondo Rilke, non avrebbe un dove, sta come a dire che non potrebbe esistere in nessun luogo una tale cosa. Dobbiamo percorrere la terra, questo mondo, questa vita, e le nuvole ce lo ricordano…
Vi è un importante richiamo per la nostra psiche nel moto delle nuvole, un richiamo ad un moto dell’Anima da cui mai dovremmo distaccarci: quello appunto dell’andare, dell’incamminarsi, per non stagnare.
Da una libido (energia psichica) che è fissata ne derivano infatti disturbi e psicopatologie. Respiriamo un po’ meglio infatti quando alziamo la testa al cielo, magari distesi su un prato, e iniziamo a guardare il cielo con le sue nuvole: qualcosa in noi respira meglio, ampio…
Non è un caso che gli antichi saggi cinesi venivano equiparati a delle nuvole: attraverso la pratica spirituale il saggio cinese si trasforma, perdendo la fissità dell’Io. In termini analitici potremmo dire che questa perdita della fissità dell’Io è il preludio necessario affinché il centro dell’individuo diventi il Sé (Selbst), ovvero il reale centro della psiche, di cui l’Io ne è soltanto una parte.

Conclusioni
Se volessimo rintracciare alcuni simbolismi storici legati alla nuvola ci imbatteremo subito nella diade “Nuvola/Divinità”.
Infatti la Nuvola è stata spesso associata, direttamente o indirettamente, ad un simbolismo divino, ad una manifestazione del divino. Nelle scritture ebraiche Dio si presenta come una colonna di nuvole a Mosè e agli israeliti durante il lungo esodo dall’Egitto. Prima che Allah rivelasse sé stesso, esisteva come nuvola in uno stato primordiale inconoscibile.
Nella cosmologia Maya il creatore prese la forma di una nuvola da cui creò l’universo.
Prima di noi vennero le nuvole.
C’era un cuore di fango prima del respiro.
C’era un mito prima dell’inizio di mito,
Venerabile e articolato e perfetto.
(Wallace Stevens)
Questi ultimi parallelismi, amplificazioni, ci dimostrano come davvero le nuvole sembrano essere dei veri e propri simboli, e ancor di più, oserei aggiungere – forse impropriamente – simboli archetipici.
Credo che la nuvola, come simbolo di parti e dinamiche della nostra psiche, rispecchi molto bene quella non fissità, quella elusività, quell’essere di passaggio eppure che ritorna, quella liminalità “nuvolosa”, non chiara, tipica e propria della Psyché (ψυχή) o dell’Anima.
FINE.

Le nuvole ti dicono tutto se le sai ascoltare (Ai confini della realtà – Serie Tv di Rod Serling, del 1959)
Vento e Nuvola e Cielo; comuni denominatori della perfezione, eterni. Puoi cambiare la terra. Estirpare l’erba, spianare le colline, versare su tutto questo una città. Ma puoi estirpare il vento? Seppellire una nuvola nel cemento? Deformare il cielo per adattarlo all’immagine che l’uomo se ne fa? Mai.
(Richard Bach)Il trono dell’Altissimo è in una colonna di nubi, perché Dio dimora, relativamente a noi, in un insondabile mistero. (Sacre Scritture)