Diventare consapevoli psicologia
Introduzione
(a cura di Emanuele Casale)
Cosa accade quando integriamo realmente contenuti inconsci scomodi della nostra personalità?
Cosa accade quando integriamo alcuni pezzetti della nostra Ombra personale? E quando integriamo alcuni contenuti dell’inconscio collettivo?
Qui di seguito leggerai un bellissimo intervento che Jung tenne durante i suoi seminari sullo Zarathustra di Nietzsche (che tanto amava!), in cui parlerà di questo:
- descrive magistralmente in questo bellissimo stralcio dei suoi seminari sullo Zarathustra di Nietzsche, cosa succede a livello psicologico quando dei contenuti dell’inconscio vengono assimilati realmente dall’Io, vi è un appesantimento a carico dell’Io…
- Mette anche in guardia dalle illusioni che molto spesso – attuale quanto mai oggi – ci propinano circa il divenire coscienti e il mito del rendere conscio l’inconscio: ci dice che non è così facile come può sembrare, indicandoci come l’assetto della coscienza muta radicalmente quando realmente qualcosa viene integrata, mentre invece rimane uguale a se stessa quando crede intellettualmente di aver integrato qualche contenuto.
- Fa anche una differenza tra integrazione di contenuti personali (appartenenti alla propria vita e biografia) e contenuti collettivi (appartenenti ai prodotti delle strutture archetipiche comuni a tutta l’umanità, e quindi impersonali)
Non mi resta che lasciarti alle parole di Jung e augurarti…
BUONA LETTURA!
[ ⬇ Qui trovi il primo volume dei seminari sullo Zarathustra, che trovo essere forse i seminari di Jung più belli, umani, passionali e formativi che abbia mai letto ]

Jung nei Seminari sullo Zarathustra di Nietzsche.
Rendere conscio l’inconscio, e i suoi effetti sulla coscienza
“Quanto più le persone ritengono di essere buone o s’identificano con il bene, tanto più mettono da parte il male, e se per un verso la loro bontà verrà ad accrescersi, si accrescerà inconsciamente in ugual misura anche il male. Così lo lasciamo a qualcun altro.” (Jung – dai seminari, p.506)
«L’idea generalmente diffusa è che attraverso l’analisi si divenga consci di determinati contenuti che fino a oggi, per una ragione o per l’altra, sono rimasti nascosti nell’inconscio.
Nel rendere coscienti tali contenuti, si rappresenterebbe la:
- sfera cosciente su una linea,
- l’inconscio personale su una linea inferiore
- e infine l’inconscio collettivo sotto tutto il resto.
Ora, se portate un qualche contenuto dall’inconscio personale al livello conscio, qualcosa che avete rimosso, diciamo, oppure dimenticato in maniera più o meno volontaria, allora non si tratterebbe di qualcosa di diverso da tutto ciò che è presente sul piano della coscienza.
Mettiamo per esempio che siate inconsapevoli del fatto che siete molto ambiziosi o che avete una considerevole volontà di potenza. Fino a oggi pensavate di essere come agnellini colmi di compassione e privi di una qualche ambizione particolare; poi attraverso determinate esperienze o grazie agli amorevoli insegnamenti dell’analisi vi siete resi conto del fatto che in realtà trasudate volontà di potenza e che non siete quei pii agnellini che credevate di essere.
In questo modo portate quella volontà di potenza fino al livello cosciente e la trattate come qualcosa di ragionevole, poiché è facile credere di essere imperfetti: non è inaudito avere una certa ambizione o delle fantasie sessuali, oppure qualcosa di parimenti oscuro.

Vedete, l’aggiunta di un po’ di sostanza oscura alla nostra innocenza conscia, candida come la neve, non è qualcosa di assurdo; puoi tranquillamente ammettere che, com’è ovvio, non sei perfetto, che sei come tutti gli altri, che hai da qualche parte qualche macchiolina nera.
Puoi affermare tutto questo con assoluta ragionevolezza; nella società umana lo puoi confessare nel più rispettabile dei salotti e addirittura nel far ciò puoi acquisire un certo merito. Penseranno: “che uomo comprensivo, com’è umano – qualche macchiolina nera, si sa, ce l’abbiamo tutti!.”
Perciò la cosa è accettata, è davanti agli occhi di tutti: non è successo nulla di brutto.
Tuttavia hai omesso un fatto in particolare: e cioè che
non si può fare emergere qualcosa dall’inconscio senza soffrire, almeno un po’, di una diminuzione di coscienza: quel qualcosa ha un certo peso.
Vedete, noi siamo come una nave o una scodella che galleggia sul piano in superficie, ma se collochi un peso ulla nave, questa sprofonderà un pochino, rimanendo poi a quel livello lievemente inferiore. La ragione naturalmente suggerirebbe: “Non è bello e giudizioso ammettere di non essere proprio dei santi?”.
Apprezzi tale persona per la sua ammissione di non essere oro 24 carati. Ciò che però non prendi in considerazione è che, se la confessione è reale, quella persona non fluttua più sulle candide e soffici nuvolette dell’innocenza, ma si ritrova trascinata un po’ più in basso:
nella misura in cui il contenuto rimosso è salito verso l’alto, la persona è discesa verso il basso.
Ciò nonostante, confessando la propria oscurità, quest’individuo crede di avere schiarito ulteriormente il proprio candore – e così la pensa anche la maggioranza delle persone – naturalmente si dirà: “Sono migliore di quanto non sia mai stato in precedenza. Sono molto diverso, sono buono come un agnellino e tutti ci amiamo e non c’è più alcun peccato”.
Dal momento che ha confessato i propri peccati, ritiene di avere cancellato ogni traccia d’oscurità presente in lui.
Proprio come nella Chiesa cattolica puoi aver compiuto ogni sorta d’infamia, ma se lo confessi e ti penti, ricevi l’assoluzione. La cosa è sistemata, è non arrivé, passata: sei guarito. Ha fatto una specie di “coueismo” morale, ca passe, ca passe, e infine è passata: non è mai accaduta.

Nel movimento di Oxford mettono in pratica una forma di confessione più adeguata ai nostri tempi. Per citare un bell’esempio:
io mi reco all’incontro del quale, per la giornata presente, sono il leader e confesso che casualmente mi è capitato di aver visto una ragazza nella casa di fronte: non ho potuto fare a meno di vederla mentre si stava spogliando. Naturalmente sono rimasto incollato alla finestra e, per vedere meglio, sono addirittura salito sul tavolo. Poi confesso di avere avuto una fantasia peccaminosa e devo condividerla con i membri del gruppo.
Si, certo – molto umano, molto bello, da parte mia, raccontare tutto! E mi sento semplicemente grandioso; va un po’ a detrimento del rispetto che ho verso me stesso, ma confessando la cosa, la condivido con altre persone, e l’amore reciproco mi mantiene a galla.
Non posso fare a meno di darmi una pacca sulla spalla per il fatto di essere stato così onesto e generoso nel condividere i penosi particolari della mia piccola vita. Dopodiché può avere inizio l’incontro. Se ne vanno in giro con occhi radiosi, completamente redenti: il peccato è scomparso dal mondo, mi è capitato soltanto di fare un lievissimo errore.
Quel che non vedono però è che sto appesantendo la nave: se mi è capitato una volta di salire sul tavolo per guardare una ragazza che si stava spogliando e osservare tale spettacolo mi ha dato piacere, sarò sempre l’uomo che ha compiuto tutto ciò e la cosa non può essere dimenticata, non sono redento per il fatto di averla confessata.
Si, posso sentire che tutti voi siete come me dei dannatissimi sciocchi; penaste che siate stati tutti perdonati, ma non siamo che un branco di stupidi.
Io però non sarò mai perdonato, sarò per sempre l’uomo che ha agito in quel modo. Sono segnato dal mio comportamento, ho appesantito la mia nave con questo fatto. Porterò per sempre quel peso e devo fare attenzione a non salire su troppi tavoli per spiare troppe finestre, perché alla fine la mia nave potrebbe andare a fondo.
Diavolo! Che cos’è, che ho vissuto? Una serie di trucchetti ignobili. […] Mi sono pentito, certo. E tuttavia queste cose le ho fatte, e un giorno potrebbe capitare di risvegliarmi e acquisire coscienza della mia vita e ciò sarebbe fatale, perché mi potrei accorgere che nonostante tutte le confessioni e i pentimenti la mia nave è andata a fondo.
Rendendo conscia una cosa, infatti, si fa abbassare il livello della nave e questa continuerà a sprofondare quanto più la si carica.
Ora, se trai fuori dall’inconscio personale qualcosa di questo genere, puoi dire che rientra nella sfera dell’umano e che in effetti avrebbe potuto essere cosciente; puoi riuscire a razionalizzare il tutto, e del resto non è cosa granché apprezzabile, se si considera che tale carico è più che bilanciato dalla stazza della tua nave.
Invece, il riportare a galla qualcosa dall’inconscio collettivo avrà un peso di gran lunga maggiore, in quanto giunge da profondità ben maggiori, poiché ogni cosa si trova nel posto che le è proprio secondo il suo peso specifico. […]
Poni dunque questo carico sulla tua nave e verrai trascinato nelle profondità dell’inconscio collettivo.

Quando due punti si trovano nello spazio, infatti, è impossibile che sia uno solo di essi ad attrarre a sé l’altro: entrambi subiscono un’attrazione.
Se sollevi una pietra da terra e la fai cadere, diresti che in quel momento sia la pietra a cadere e non ipotizzeresti che sia invece la Terra a sollevarsi; di fatto. Se quella pietra fosse grande quanto la Luna o la Terra stessa, ti si chiarirebbe di colpo che la Terra è attratta dalla pietra tanto quanto la pietra è attratta dalla Terra.
Perciò, quando riporti a galla il piombo della regione delle acque (inconscio collettivo), noterai quasi subito che la tua barca, dal luminoso spazio della ragione, viene trascinata in basso: non riesci a riportarla lassù in alto, perché è troppo pesante.
Essere consci del fatto che rubiamo, o che mentiamo, o che abbiamo fantasie sessuali, ci appesantirebbe troppo. Faremmo meglio a rimanere inconsapevoli di tali fatti; desideriamo sbarazzarcene e continuiamo a fluttuare nella regione delle candide nuvole.
Quanto più in alto ti trovi, è chiaro, tanto più vieni a perdere il tuo corpo, tanto più perdi te stesso, tanto più ti fai irreale, finché infine ti ritrovi a essere una sorta di fumo vagante nel cielo, e questa non è un’esistenza umana.
Perciò sei costretto a importi sul tuo inconscio, a rendere consce queste cose; proprio in quanto le rendi consce però, la tua nave si abbassa ulteriormente di livello e, se ti capita di fare la conoscenza dell’inconscio collettivo, ne sarai sospinto persino più in basso.

Può anche darsi che tu proceda subendo l’impressione di essere in grado di fare affiorare qualcosa al livello della coscienza e che esso non ne sia toccato; e che al contrario ne sia incrementato, migliorato – ma è soltanto un’illusione.
Se riuscirai a portare verso la superficie i contenuti prossimi al piombo della regione delle acque, la tua coscienza s’inoltrerà verso il basso. È un fatto inesorabile, che deve essere tenuto in considerazione.
Naturalmente potremmo dire che il significato segreto della vita consista proprio nel fatto che il piombo della regione delle acque debba essere portato verso l’alto, poiché devi tramutarlo in oro, devi trasformare la materia penetrando al suo interno.
Se non penetri nello spazio e nel tempo, sei solo nato a metà 🔎, una sorta di feto vagante nell’inconscio collettivo.
A questo punto il fine reale dell’ignoto creatore che sta dietro la tua esistenza non trova compimento; questi desiderava che tu penetrassi il tempo e lo spazio al fine di trasformare il piombo, ma tu hai sepolto il tuo talento e non hai fatto quanto ti si richiedeva e svanirai nel nulla prima di aver realizzato alcunché.

Se invece sei in grado di portare verso l’alto il piombo della regione delle acque, realizzerai davvero il tuo compito, e il fatto che la tua coscienza si trovi a questo o a quest’altro livello, o a un livello ancor più profondo, è relativamente poco importante, se confrontato con l’adempimento del compito.
Certo, quanto più discendi lungo la scala della coscienza, tanto più ti trovi minacciato dall’inconscio, fagocitato dal mare, e ciò andrebbe evitato, poiché significa che sei andato sotto, che il piombo della regione delle acque ti ha sopraffatto e l’esperimento non è riuscito.
Basta invece che tu riesca a mantenerti a galla e avrai adempiuto al compito; in tal caso approderai più o meno nel mezzo.
Perciò il simbolo della perfezione, o il Sè nell’essere umano, non era alcunché di volatile o di leggero, ma una pietra o un metallo. Non a caso, riferendosi alla pietra filosofale, che è il simbolo del Sé, gli antichi maestri affermano:
“lapis est media res inter corpora perfecta et imperfecta” [cioè] il lapis philosophorum non è il corpo perfetto, ma si trova nel mezzo, tra i corpi perfetti e quelli imperfetti.
Ti aspetteresti che il suo posto fosse tra i corpi perfetti, ma i corpi perfetti si trovano in alto, al livello cosciente, e questa non è la vera posizione intermedia.
«Jung ha paragonato l’Io a un uomo che naviga sul mare dell’inconscio con la sua barca più o meno robusta o più o meno fragile, e che pesca e ripone i pesci, i contenuti dell’inconscio, nella sua imbarcazione. Tuttavia non potrá metterci più pesci, vale a dire integrare contenuti inconsci, di quanto gli consenta la struttura della barca; se ne pescasse troppi affonderebbe.» (M.L. Von Franz)
FINE.
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