Jung e le carte dei tarocchi: uno sguardo “psicologico” ad antiche tradizioni

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Sigmund Freud rivoluzionò la nostra concezione dell’uomo paragonando la psiche ad un iceberg. Secondo la metafora dell’iceberg, la parte che emerge dall’acqua rappresenterebbe la nostra mente conscia, mentre la parte più imponente al di sotto delle acque rappresenterebbe il nostro  inconscio.

Freud si è molto concentrato sullo studio di questa immensa massa immersa, rilevando quanto l’inconscio con i suoi ricordi, i suoi desideri e suoi impulsi influenzi buona parte dei comportamenti umani.

Carl Gustav Jung è andato oltre, ha voluto studiare anche l’oceano in cui l’iceberg è immerso, l’inconscio collettivo. Con questa espressione Jung ha voluto indicare tutto il materiale psichico archetipico impersonale che influenza l’esperienza dei singoli.

Parla di un «secondo sistema psichico di natura collettiva, universale, ed impersonale che è identico in tutti gli individui», sistema che non si costruisce e non si sviluppa come singolo, ma viene ereditato dalla collettività, un «deposito di tutte le esperienze umane fin dall’inizio dei tempi».

Questo sistema sembra essere una delle basi dei sistemi oracolari, argomento che ha sempre riscosso molto interesse da parte di Carl Gustav Jung.

A lungo lo studioso si è concentrato sulla mantica orientale, in particolare sull’I Ching cinese, scrivendo anche una prefazione all’edizione inglese del libro, pubblicata negli anni venti.

L’I Ching è considerato un classico della cultura orientale, un libro sacro, rispettato e venerato. In Occidente sono state sviluppate molte altre forme di mantica, quasi tutte completamente screditate con l’avvento della modernità, considerate mera superstizione, giochi da curiosi e da fanatici, o nella peggiore un modo di fare affari facili approfittando della credulità altrui.

Tra queste una delle più diffuse e diffuse è senza dubbio la cartomanzia, ovvero l’arte di leggere le carte.

In una lettera datata 16 settembre 1930, Carl Jung scrive alla signora Eckstein:

«Sì, conosco i Tarocchi. E, per quanto ne so, il mazzo di carte originariamente utilizzato dagli zingari spagnoli, le carte più antiche conosciute storicamente, sono ancora usati per scopi divinatori»

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FontePixabay Autore: Rirriz Licenza: Pixabay License

L’origine dell’uso di leggere le carte resta avvolto nel mistero.

Molti hanno attribuito la diffusione delle carte da gioco in Europa a Marco Polo, che di ritorno dai suoi viaggi le aveva introdotte a Venezia, ma non è semplice identificare il momento preciso che ne segna la loro diffusione di massa.

Con tutta certezza sappiamo però che all’interno delle corti rinascimentali, in particolare quelle di Milano e Ferrara, iniziarono ad essere disegnati raffinatissimi mazzi di carte da gioco, mazzi che oggi vengono considerati come i primi esemplari di carte dei tarocchi di cui abbiamo autentici reperti storici.

Secondo alcune teorie i tarocchi potrebbero essere un dono dell’antica sapienza egizia, secondo altre nacquero dalla fortunata koinè di cultura cristiana, ebraica e araba del medioevo.

Nell’Ottocento e nel Novecento queste carte hanno goduto di una fortunatissima renaissance, legata in particolare a diversi gruppi occultisti e al movimento hippie.

I mazzi dei tarocchi sono composti da 78 carte, da 56 Arcani Minori, ovvero da quelle carte divise in quattro semi (coppe, denari, bastoni e spade), che corrispondono in tutto per tutto alle carte da gioco di origine spagnola e da 22 Arcani Maggiori, detti anche trionfi. Quest’ultimi si distinguono per delle immagini simboliche e per i nomi allegorici che spettano ad ogni figura.

Queste figure diventano un ottimo mezzo per veicolare immagini archetipiche.

Carl Gustav Jung si soffermò sui tarocchi, scorgendo la loro grande utilità in rapporto allo studio dell’inconscio collettivo.

I tarocchi rappresentano infatti degli archetipi di trasformazione simili a quelli che si rinvengono nell’astrologia, nell’alchimia, nel mito e nel sogno.

Inoltre il metodo intuitivo che lega la lettura del tarocco all’inconscio collettivo, ben si concilia con l’ipotesi della sincronicità, con la forte corrispondenza tra uno stato d’animo interiore ed un avvenimento esterno.

Jung si era dedicato allo studio degli Arcani Maggiori dei Tarocchi e alcune delle sue riflessioni a riguardo erano state trascritte dal suo amico Hanni Binder.

Secondo lo psicologo il miglior mazzo di tarocchi da prendere in considerazione era rappresentato dal Tarocco di Marsiglia nell’edizione di Grimauld, il più ricco di riferimenti alchemici.

Nel 1933 Jung aveva introdotto il tema del Tarocco in un seminario sull’immaginazione attiva da lui tenuto.

Parlando delle carte affermava:

«Esse sono immagini psicologiche, simboli con cui si gioca, come l’inconscio sembra giocare con i suoi contenuti. Esse si combinano in certi modi, e le differenti combinazioni corrispondono al giocoso sviluppo degli eventi nella storia dell’umanità».

Proseguiva poi la sua riflessione riferendosi nel dettaglio ai colori, ai numeri e alle figure simboliche che compaiono sulle carte, come il sole, l’uomo appeso a testa in giù, la torre che crolla, la ruota del destino:

«Queste sono una sorta di idee archetipiche, di natura differenziata, che si mescolano ai componenti ordinari del flusso dell’inconscio, e perciò è adatto ad un metodo intuitivo che ha lo scopo di comprendere il flusso della vita, forse anche predire eventi futuri, eventi che si presentano alla lettura delle condizioni del momento presente».

Paragonava le carte dei tarocchi all’I Ching e sottolineava la loro efficacia non tanto come mezzo per leggere nel futuro, ma come strumento per comprendere il presente:

«L’uomo sempre ha sentito la necessità di trovare un accesso attraverso l’inconscio al significato di una condizione presente».

Le carte dei tarocchi potrebbero aiutare l’uomo attraverso le immagini a fissare la comprensione del presente, nei suoi aspetti più sfuggenti, remoti, pulsionali e inconsci, tanto individuali che collettivi. Solo a questo punto diventa poi possibile riflettere sul futuro, solo prendendo spunto dello stato attuale delle cose in tutta la sua complessità più recondita.

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Fonte: Pixabay Autore: Albany Colley Licenza: Pixabay License

 

 

 

 

 

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Fondatore del Jung Italia. Psicologo Clinico. Originario di Salerno, vivo a Roma. Fin dall'età di 14 anni ho iniziato ad interessarmi alla filosofia occidentale e orientale e all'età di 17 anni scopro Jung. A 21-22 anni iniziano le mie attività di pubblicazioni tramite riviste di psicologia e interventi in qualità di ospite o relatore presso convegni e seminari di psicologia. Nel 2012 conosco in Svizzera uno dei nipoti di Jung, e l'anno successivo mi concede un'intervista speciale in occasione della presentazione del "Libro Rosso" alla biennale di Venezia. Attualmente collaboro e lavoro come psicologo o studioso indipendente con associazioni, riviste scientifiche, scuole di psicoterapia e con diversi autori dell'ambito accademico e non. I miei studi d'approfondimento vertono sugli sviluppi odierni relativi alla psicologia complessa (analitica) e sulle ricerche inerenti il versante "Psiche e Materia".

2 Commenti

  1. Articolo interessante. C’è qualche libro specifico in cui Jung fa un’esame più approfondito dei tarocchi? Sto iniziando a studiare l’argomento e mi piacerebbe sapere in dettaglio cosa ne pensava Jung.

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