In ogni volto abita un mondo: riusciamo ancora a vedere un volto? A vedere l’Altro? (di Emanuele Casale)

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Steve Mccurry Volto Sguardi Faccia
Fotografia di Steve McCurry
(di Emanuele Casale)

Lepersone danno troppo credito a ciò che uno dice, pensa, blatera, fa… e ben poco a ciò che uno ha “scritto” sul volto.

Siamo diventati davvero così poco naturali e banali da non riuscire più a “intuire” l’altro da quei mondi, vissuti, dimensioni che porta sul proprio volto?

Quella capacità di cogliere l’altro dal volto, capacità che apparteneva ai nostri primi antenati, in epoche remote, e che era di vitale importanza in quei contesti primitivi per comprendere istintivamente se era il caso o meno di potersi fidare dell’altro ai fini della propria sopravvivenza. È una capacità che all’alba della nostra specie serviva alla sopravvivenza, ad evitare i pericoli potenzialmente derivanti dalle intenzioni dell’altro con cui si entrava in contatto.

Nel mondo idiota in cui viviamo non riusciamo più a scorgere l’Altro, in generale, non riusciamo più VEDERE il volto dell’altro.

Non si tratta di un suggerimento verso una deriva “deterministica” del tipo “dal tuo volto capisco chi sei”. Noi dal volto comprendiamo le “sfumature”, i mezzi colori, i chiaroscuri che abitano l’anima di una persona.

Non sto parlando della riduttiva (seppure efficace a certi livelli) lettura del volto di stampo “cognitivista” alla Paul Ekman (da cui deriva il fortunato studio sulle micro-espressioni facciali), ma sto parlando di una lettura del volto molto più istintiva, d’impatto, primordiale, naturale, spontanea. Una lettura del volto che può farci SENTIRE, anche al primo istante, qualcosa come: “Di questa persona posso fidarmi/non fidarmi”.

In tutta questa incapacità di vedere i volti non solo perdiamo quell’abilità differenziatrice che ci fa intuire di chi fidarci e di chi no, ma perdiamo qualcosa di molto più essenziale: LA BELLEZZA.

Nei volti abita la bellezza di chi fummo, di chi siamo e anche di chi stiamo diventando senza saperlo.

Stiamo parlando di percezioni relative a qualcosa di invisibile che abita l’altro, e al tempo stesso qualcosa che da questo invisibile si declina, seppur sfumato, nel volto.

Possono esserci volti “brutti”?

Si, ma solo se guardati superficialmente. Nel volto più oscuro noi possiamo scorgere la particella ultima più umana e più incorruttibile del nostro profondo essere, seppure è una particella che mai più ritornerà o che non ha più una sua funzione in quella persona, tuttavia possiamo ancora vederla come una piccola stella, il ricordo di una luce che fu, che c’era, all’inizio forse di quell’esistenza…

Ti lascio ad alcuni versi dedicati ai “volti”…

BUONA LETTURA!


Alice Munro - premio nobel per la letteratura 2013
Alice Munro – premio nobel per la letteratura 2013

 

 

🖋️ Alcuni volti possono essere come case…

«I nostri volti sono cammini
di immemorabili eterni
vissuti,
non vissuti,
che confluiscono insieme in questo unico punto, il volto,
che siamo soliti guardare, amare, ricordare, immaginare.

Dire: “Il tuo volto mi è familiare”, è come dire
il tuo “mondo” mi è familiare.

Si ama un volto perché si ama il mondo che porta,
e alcuni mondi sono casa.

I volti: case di mondi in cui ritrovarSi.»

(di Emanuele Casale 2019 – diritti riservati ©)

🖋️  «Ho visto un volto con mille espressioni, e un volto con un’espressione sola, come se fosse chiuso in uno stampo.

Ho visto un volto sotto il cui velo di splendore si scorgeva la bruttezza,
e un volto di cui dovevo sollevare il velo di splendore per contemplarne la bellezza.

Ho visto un viso vecchio, profondamente solcato dal nulla,
e un volto liscio in cui era incisa ogni cosa.

Io conosco i volti, perché guardo attraverso la tela che i miei stessi occhi tessono,
e vedo la realtà che è al di sotto.»

(Kahlil Gibran – Il Folle)

FINE.


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Emanuele Casale Psicologo
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Una “casa” psichica raccoglie l’amore. Essa perdura, nonostante noi (Emanuele Casale)


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Fondatore del Jung Italia. Psicologo Clinico. Originario di Salerno, vivo a Roma. Fin dall'età di 14 anni ho iniziato ad interessarmi alla filosofia occidentale e orientale e all'età di 17 anni scopro Jung. A 21-22 anni iniziano le mie attività di pubblicazioni tramite riviste di psicologia e interventi in qualità di ospite o relatore presso convegni e seminari di psicologia. Nel 2012 conosco in Svizzera uno dei nipoti di Jung, e l'anno successivo mi concede un'intervista speciale in occasione della presentazione del "Libro Rosso" alla biennale di Venezia. Attualmente collaboro e lavoro come psicologo o studioso indipendente con associazioni, riviste scientifiche, scuole di psicoterapia e con diversi autori dell'ambito accademico e non. I miei studi d'approfondimento vertono sugli sviluppi odierni relativi alla psicologia complessa (analitica) e sulle ricerche inerenti il versante "Psiche e Materia".

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